Per ragioni storiche e culturali, per tradizione, per l’adattamento alle caratteristiche di suolo e clima, nel circondario empolese la coltivazione del Sangiovese va per la maggiore, come abbiamo visto, ma c’è un’altra varietà che trova sulle pendici argillose a sud dell’Arno un habitat e un microclima ideali: il Merlot.
Giunto in Toscana tra gli anni ‘60 e ’70 dalla Gironde, suo luogo d’origine in Francia, il Merlot è un vitigno eclettico, dalle grandi doti di adattabilità, capace di dare vini morbidi e vellutati, caratteristiche per le quali però è spesso abusato e banalizzato con la produzione di vini piacioni e superficiali, di sicuro impatto ad un assaggio distratto, ma privi di finezza e profondità. Senz’altro un peccato madornale, perché se correttamente interpretato il Merlot è capace di esprimere una complessità ed un’eleganza uniche. Ne è un esempio il vino di cui scrivo oggi, il Colle dei Mandorli, Merlot in purezza prodotto da Tenuta San Vito di Montelupo.
Situata all’interno della denominazione Chianti Colli Fiorentini, Tenuta San Vito vede la luce all’inizio degli anni ’60 quando Roberto Drighi, industriale di Prato, acquista alcuni terreni affacciati sulla valle attraversata dall’Arno, lungo la strada che da Camaioni porta a Malmantile, con l’intenzione iniziale di utilizzarli come riserva di caccia. Drighi coglie però subito le potenzialità del territorio e di lì a poco impianterà i primi vigneti e i primi olivi, a cui seguiranno la costruzione della cantina e del frantoio, grazie ai quali ha avvio la commercializzazione di vino ed olio. All’inizio degli anni ’80 il timone passa alla figlia Laura che contribuisce ulteriormente allo sviluppo della tenuta e introduce, in modo quasi pionieristico al tempo, il metodo di coltivazione biologico. È in questi anni che la coltura della vite passa da mista a specializzata e vengono impiantate le prime varietà francesi, tra cui appunto il Merlot, ad affiancare i tradizionali vitigni autoctoni. Oggi l’azienda, che conta 130 ettari di terreno di cui 30 coltivati a vigneto, è guidata da Neri Gazulli, nipote di Roberto Drighi, e continua a tenere alta la bandiera dell’agricoltura biologica, della sostenibilità e del rispetto dell’ambiente e del territorio, ma sempre -ci tiene a precisarlo Neri- ponendosi come obiettivo la massima qualità, perché il vino è e dev’essere innanzitutto un piacere.
Il Merlot col quale viene prodotto l’IGT Colle dei Mandorli proviene da un’unica vigna, sull’esempio dei cru d’Oltralpe, un singolo appezzamento di circa un ettaro, esposto a Sud-Ovest, a 300 metri di altitudine, in cui le viti allevate a cordone speronato affondano le radici in un suolo di matrice argillosa. È quest’ultima una caratteristica fondamentale per la qualità del Merlot, che predilige terreni grassi e ricchi, in cui sia sempre presente una certa concentrazione d’acqua in modo da evitare maturazioni troppo rapide e concentrazioni eccessive, causa (almeno in parte) di quei problemi organolettici a cui accennavo ad inizio articolo. La natura argillosa del suolo e la pendenza del terreno garantiscono al Merlot di Tenuta San Vito una presenza di acqua costante ma mai eccessiva, che si traduce in maturazioni lente e graduali, fondamentali per la qualità del vino. Qualità a cui concorrono anche le basse rese, 1 kg di uva per pianta, per ottenere le quali si rende necessario un lavoro di potatura e gestione del verde scrupoloso e preciso.
La vendemmia avviene generalmente ai primi di ottobre; i grappoli, selezionati uno ad uno, sono raccolti manualmente e portati in cantina in cassette. Il mosto ottenuto dalla diraspatura e pigiatura dell’uva è posto a fermentare in serbatoi in acciaio a temperatura controllata per evitare fermentazioni irregolari e favorire una progressiva evoluzione degli aromi. Terminata la fermentazione il liquido prosegue la macerazione con le bucce per circa tre settimane, e alla svinatura è sistemato in barriques di rovere francese, un terzo delle quali nuove, dove compie la fermentazione malolattica, che contribuisce ad ammorbidirne la struttura, e riposa affinandosi per circa 14 mesi.
Nonostante il 2015 sia stata un’annata piuttosto calda, il Merlot Colle dei Mandorli colpisce subito per la freschezza e l’eleganza. Rosso rubino, intenso, profondo, al naso si presenta molto complesso, con un frutto pieno, succoso, di ciliegia, ribes nero, prugna, e profumi floreali di viola. Una nota erbacea soffusa, di menta e alloro, si fonde splendidamente con la dolcezza del frutto e sfuma in una tenue nota balsamica di pino, vivacizzata da un tocco speziato di liquirizia e pepe nero. In bocca è ampio, gli aromi di frutti rossi che si percepiscono nel retronaso sottolineano la generale morbidezza del corpo che non risente di tannini non ancora al 100% dell’evoluzione, ma già comunque aggraziati.
È un vino ancora leggermente giovane, anche se già godibile, ma di notevole potenziale evolutivo; siamo ben lontani dalla ruffianeria e marmellosità (passatemi il termine) a cui certi Merlot ci hanno abituati, qui stile ed eleganza regnano indiscussi.
Potreste tranquillamente dimenticarvelo in cantina per anni, ma volendolo stappare ora lo consiglierei in abbinamento ad un arrosto di vitello speziato ad esempio, ma è perfettamente godibile anche da solo, per accompagnare un momento di calma e relax.
Matteo Corsini
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