In un’Europa che oggi appare una vela appena spiegata da un nuovo vento di nazionalismo, che sembra mettere in discussione il principio d’integrazione e di europeismo culturale, che ruolo possono avere città culturali come Roma o Firenze? La globalizzazione sembra aver minato la radice della cultura europea, il Mediterraneo che oggi sembra essere soltanto il sinonimo di tutti quei problemi che l’Europa non è più in grado di risolvere e che hanno assunto dimensioni internazionali. Per il critico d’arte Philippe Daverio, il futuro delle città d’arte italiane va tutto giocato con coraggio e strategia.
“L’Italia di oggi è stata ridisegnata dagli elettori in modo molto autentico: il regno delle due Sicilie è stato ricostituito dai Cinque stelle; benché l’altra metà del paese sembra essere della Lega - a torto - altre città come Mantova, Brescia, Bergamo, Milano, Firenze e altre città del Veneto hanno optato per una cosa che non esiste più, cioè il Pd, ma hanno mostrato di appartenere a una percezione diversa di loro stesse. Il resto dell’Italia deve ragionare sul suo ruolo, sul suo protagonismo in Europa". Ecco l'intervista esclusiva in occasione di TourismA a Firenze.
Ci ha dato una fotografia di un’Italia post unitaria?
"Trans-unitaria, direi. Ho la legittimazione genetica per dirlo, poiché fu il mio antenato, Francesco Daverio che chiamò Giuseppe Garibaldi in politica a Milano e si rese complice del pasticcio (ride, NdR). Si parla di una crisi dell’Europa, forse, da accollare proprio a quella mancata europeizzazione dell’opinione pubblica che ne sta minando le basi".
Bisognerà prendere atto in futuro di una nuova interdipendenza delle città europee come nel XIX secolo?
"Non proprio corretto come sistema, ma funzionerebbe solo in una Europa non nazionalista ma federele, regionale. Se l’Europa sarà capace di abolire il dualismo franco-tedesco, allora l’Italia potrà rinascere. Smontandosi, ma rimarrà unita dalla sua cultura, dalla Scala di Milano al San Carlo di Napoli".
Una città antica come Firenze che ha fatto della condivisione e della cultura la sua bandiera, come può sopravvivere al futuro?
"Per la verità una necessità, una sola, ci sarebbe: Firenze dovrebbe stringere un’alleanza con alcune città dello stesso peso storico, ad esempio, Venezia e Genova, per diventare una sorta di strumento comunicabile a livello mondiale".
Perché proprio Genova?
"Sarà una città bellissima tra cinquant’anni".
La cultura di beni culturali a Firenze dovrà essere costruita sul modello della “conservazione” o “management”?
"Né l’uno né l’altro. Conservazione soltanto sarebbe una catastrofe".
La globalizzazione sembra aver minato la radice della cultura europea, il Mediterraneo che oggi sembra essere soltanto il sinonimo di tutti quei problemi che l’Europa non è più in grado di risolvere e che hanno assunto dimensioni internazionali. Che cosa bisognerà aspettarsi nel Mediterraneo?
“Dipenderà molto da ciò che sarà la scelta dell’Europa. Anni fa, insieme ad un mio amico, oggi un po' fuori moda che è Romano Prodi, auspicavo una concezione dell’Europa che non fosse quella di Carlo Magno Imperatore, ma quella di Traiano Imperatore. Sono due visioni diverse sulle quali non si è mai aperto un dibattito”.
Alfonso D’Orsi
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