L'università rimane ancora un potente ascensore sociale. L'obiettivo della Regione è dunque quello di aumentare le iscrizioni, ma anche ridurre il numero di quanti si perdono per strada e far sapere ai futuri studenti, per tempo, quali siano gli studi e le competenze più richieste e spendibili. Da qui l'esigenza di relazioni più strette tra imprese, scuole e università, ma anche tra chi già negli atenei sta studiando e chi intende iscriversi. Un'azione, insomma, di sistema.
Lo strumento è "Orienta il tuo futuro", un progetto finanziato con il fondo sociale europeo e parte degli interventi Giovanisì, che allo Spazio Reale di Campi Bisenzio ha visto ieri, venerdì 14 dicembre, il primo di una serie di eventi di un percorso lungo tre anni. C'erano gli studenti di quarta e quinta superiore, giunti in seicentocinquanta da venti scuole di tutta la Toscana (anche da Piombino). C'erano gli atenei – Firenze, Pisa, Siena e l'università per stranieri – che con un'agenzia formativa, la Forium, sono partner del progetto. C'erano le imprese, una dozzina di dieci settori diversi, dall'agro e bio alle scienze della vita, dal turismo e i beni culturali alla meccanica e alla moda, fino all'ambiente e l'energia, il sociale, l'industria 4.0, gli interni, la logistica e i trasporti.
"L'idea – spiega la vice presidente ed assessore all'università, Monica Barni - non è tanto quella di presentare i singoli corsi di laurea, a cui già pensano da soli gli atenei, quanto semmai le figure professionali e le competenze più richieste. Un'azione complementare, che fornendo una conoscenza dei sistemi produttivi e imprenditoriali della nostra regione vuole aiutare a rendere le scelte degli studenti più consapevoli". Con una riflessione alla base di tutto: che "studiare serve - ripete ancora Barni –, che studiare aiuta a trovare migliori posti di lavoro, ha pure una funzione civica e forma cittadini migliori" e che "i giovani laureati rappresentano un'importante risorsa per lo sviluppo del territorio", visto che "l'innovazione è alimentata dalla conoscenza e dalla ricer ca e i dati ci dicono che anche in Toscana a salvarsi dalla crisi sono state le imprese più innovative".
Con le aziende ieri i ragazzi sono stati protagonisti di un laboratorio, un business game. Ma ben mille e duecento saranno i percorsi, sei ore per ogni gruppo o classe, realizzati nei prossimi tre anni a scuola. I primi sono già partiti, tenuti da orientatori esperti, ricercatori, laureati, dottorandi o freschi dottori di ricerca.
Ieri è stato presentata anche la miniera di open data del portale ed osservatorio sulla ricerca e innovazione ToscanaOpenResearch, utilissima ad orientare scelte di studio ma anche per conoscere opportunità successive e i rapporti tra imprese e mondo della ricerca. "L'orientamento – si sofferma Barni – è un lavoro lungo, che non si esaurisce in un solo contatto. Per questo siamo partiti dalla formazione dei formatori ed abbiamo voluto realizzare un percorso che coinvolgesse anche istituti professionali e aree periferiche". Dove la statistica ci dice appunto che di meno sono i laureati.
L'iniziativa di Campi Bisenzio è stata poi l'occasione per presentare una recente ricerca dell'Irpet, l'istituto di programmazione economica della Regione, sui laureati e il lavoro in Toscana, per parlare di come stanno cambiando le competenze richieste dalle aziende. I laureati in Toscana, racconta Irpet, sono di meno che nel resto d'Europa e rispetto al 2005, seppur in crescita dopo il 2012, sono anche diminuiti: 244 mila laureati con meno di 45 anni, rispetto a 995 mila non laureati della stessa classe di età. Un dato non positivo. Dal 2009 al 2017 sono diminuite, salvo gli anni in cui si potevano utilizzare le detrazioni fiscali, anche le aziende ed istituzioni che hanno assunto almeno un laureato. Le imprese in Toscana contavano nel 2017 poco meno di 22 mila lavoratori laureati, le istituzioni quasi 21 mila. Valori assoluti simili ma percentuali assai diverse, visto che di tutti gli avviamenti nelle imprese solo il 7 per cento riguarda un laureato, a fronte del 55 per cento degli occupati nelle istituzioni. Percentuali che si spiegano soprattutto con il dimensionamento e le caratteristiche del sistema imprenditoriale toscano: piccole imprese a basso livello di innovazione, che però fanno fatica a rimanere sul mercato. I laureati toscani sotto i quarantacinque anni sono infatti prevalentemente assorbiti dal terziario avanzato e svolgono mestieri che hanno a che fare con la commercializzazione e il marketing, l'ingegneria. l'Ict e le scienze della vita, più numerosi nei principali centri urbani come Firenze, Pisa e Siena. I più richiesti sono quelli dell'indirizzo economico (25%), seguiti da insegnanti e formatori (12%), ingegneri elettronici e dell'informazione (11%), medici e paramedici (7%) ma anche ingegneri industriali (6%). Cinque tipologie di laurea per oltre la metà dei fabbisogni. Il resto sono briciole.
Laurearsi, è la buona notizia, alla fine comunque conviene. Lo confermano i numeri. Il tasso di occupazione tra le donne da 25 a 34 ani è maggiore (71%) rispetto alle non laureate (60%). Per gli uomini il dato è più contraddittorio e vale solo per chi ha da 35 a 44 anni, ma va ancora meglio: per questa classe lavora in Toscana il 94% degli uomini laureati (contro l'87,7 per cento dei non laureati) e l'88% delle donne (contro il 67,4%). "Una comunità istruita contribuisce inoltre ad aumentare il Pil di un paese" spiega Barni.
Certo occorre fare la scelta giusta. Oggi le donne con meno di 45 anni hanno per lo più, in Toscana, frequentato corsi di studi umanistici e arte (23%), economia (16%), e salute e benessere (16%): gli uomini condividono con l'altro genere l'interesse per gli studi economici (20%), ma sono più numerosi in ingegneria, Ict, matematica e statistica (23%) e in generale si distribuiscono più omogeneamente tra i vari settori. Su un milione e 576 mila lavoratori, 357 mila sono laureati: il 22,7 per cento.
Fonte: Regione Toscana - Ufficio Stampa
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