Donna dall’animo dark, poliedrica, regina del gotico italiano, chiamata addirittura dal regista Francis Welch, per partecipare, insieme ad Andrea Camilleri, Massimo Carlotto, Carlo Lucarelli e Giancarlo De Cataldo, al film “Italian Noir”, trasmesso dalla BBC. Di chi sto parlando? Di Barbara Baraldi. Scrittrice di successo, autrice di numerosi romanzi, tra cui la serie “Aurora Scalviati, profiler del buio” edita da Giunti, ed addirittura sceneggiatrice di Dylan Dog. Proprio per questo, definirla “Regina del terrore” è quasi doveroso.
Ho passato l’estate a divorare i suoi libri. Sono rimasta così ammaliata dalle sue storie e dalle sue parole, che ho deciso di intervistarla. Appena mi sono messa in contatto con lei, sono rimasta piacevolmente colpita dalla sua estrema purezza ed educazione, che contrasta in maniera evidente con l’oscurità che troviamo all’interno dei suoi libri.
Barbara, com'è nato il personaggio di Aurora Scalviati? C'è un po’ di te in lei?
Aurora è nata in un momento di difficoltà, in seguito al terremoto dell’Emilia del 2012. Abito a pochi chilometri dall’epicentro e nel corso di una notte mi sono ritrovata sfollata, privata delle mie certezze, della mia quotidianità. È stato in quei momenti che la voce di Aurora ha cominciato a farsi sentire: la voce di una ragazza che credeva di avere tutto, e nel giro di pochi istanti si è trovata a perdere tutto, a trovare un modo per sopravvivere ad un trauma, a dover ricominciare da capo.
Hai mai pensato di scrivere qualcosa o di prendere spunto per i tuoi libri dal Cold Case italiano per eccellenza, parlo ovviamente del Mostro di Firenze?
Essendo cresciuta negli anni Ottanta, il mostro di Firenze era un po’ come l’“uomo nero” per me. Ricordo la paura che provavo di fronte alle notizie al telegiornale, la speranza che da un momento all’altro spuntasse un testimone chiave o un indizio fondamentale che risolvesse il caso, mettendo luce sulla sua identità, cosa che, nonostante l’iter processuale che ne è seguito, non è ovviamente avvenuta. Durante la stesura di Osservatore oscuro ho tratto a piene mani da quella vicenda, che a distanza di tanti anni continua ad avere sviluppi e suscitare nuove domande.
Com'è nata la collaborazione con Sergio Bonelli editore? Sei sempre stata un'appassionata di Dylan Dog?
Dylan Dog è stato il primo fumetto che ho comprato con i miei soldi, quando ero adolescente. Per me, che ero considerata “strana” e avevo difficoltà nelle relazioni sociali, Dylan era un amico da cui non mi sentivo giudicata, che talvolta era in grado di spaventarmi e talvolta di commuovermi. Sono cresciuta con le storie di Tiziano Sclavi e appena ne ho avuto l’opportunità ho cominciato a proporre soggetti per la serie, che regolarmente venivano rifiutati. Il primo “sì” l’ho ricevuto quando ho deciso di proporre una storia che rispecchiasse la mia esperienza personale, quella che è poi diventata Il bottone di madreperla. Dylan è un personaggio incredibilmente sfaccettato, in grado di abbracciare diversi tipi di pubblico e non solo gli appassionati di horror. Anche per questo, forse, a distanza di più di trent’anni dalla sua nascita, continua ad affascinare così tanto, e a suggerire nuove storie e nuovi modi per raccontarle.
Non vi resta che leggere i suoi libri. Vi prometto che ne rimarrete affascinati e non potrete più farne più a meno!
Giulia Meozzi
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