Da sempre le cose “antiche” hanno un fascino ed un valore particolare, oggi questo vale anche nel mondo agricolo in particolare per i grani di antiche varietà. Si può parlare di autentico boom delle semine per la coltivazione di grani antichi, come il Senatore Cappelli, che nel 2017-2018 ha aumentato le superficie coltivate a livello nazionale, passando dai 1000 ettari 2017 ai 5000 ettari attuali. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti divulgata in occasione del World Pasta Day che si festeggia in tutto il mondo il 25 ottobre, sulla base di dati di Consorzi Agrari d’Italia e Sis. Il “Senatore” Cappelli – sottolinea la Coldiretti - è ora il grano duro antico più coltivato in Italia dove è stato selezionato nel 1915 e, dopo essere arrivato a coprire più della metà della coltivazione di grano rivoluzionando la produzione di pane e pasta, negli anni ‘60 ha iniziato a scomparire tanto che venti anni fa nel 1996 la produzione era scesa a meno di 10mila chili. Ma tra i grani salvati dall’estinzione ci sono anche il Verna, Timilia, il Russello, il Saragolla e molti altri.
“Si può ritenere che la riscoperta dei grani antichi sia dovuta anche – spiega Fabrizio Filippi, neo-presidente Coldiretti Toscana nonché coltivatore e cultore di grani antichi - dall’entrata in vigore in Italia dell’etichetta Made in Italy per la pasta che – spiega - obbliga ad indicare la provenienza del grano utilizzato come chiede l’81% dei consumatori secondo la consultazione pubblica on line sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal Ministero delle Politiche Agricole”.
Mediamente la superficie investita a grano in Toscana è di 100.000 ettari dei quali 80.000 a grano duro e 20.000 a tenero. Tra i grani antichi coltivati in toscana oltre 3000 ettari sono investiti con il Senatore Cappelli e tra i grani teneri è in forte crescita il grano Verna. Sono circa 7.500 le imprese agricole interessate. La produzione di grano regionale si attesta nel complesso a 3.0 milioni di quintali.
Questo elemento di trasparenza ha portato alla rapida proliferazione di marchi e linee che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, da La Molisana ad Agnesi, da Ghigi a De Sortis, da Jolly Sgambaro a Granoro, da Armando a Felicetti, da Alce Nero a Rummo, da FdAI – Firmato dagli agricoltori italiani fino a “Voiello” che fa capo al Gruppo Barilla. E avanza – continua Coldiretti – anche la produzione di grano bio, con il più grande accordo mai realizzato al mondo per quantitativi e superfici coinvolte siglato tra Coldiretti, Consorzi agrari d’Italia, Fdai (Firmato dagli agricoltori italiani) e il Gruppo Casillo che prevede la fornitura di 300 milioni di chili di grano duro biologico destinato alla pasta e 300 milioni di chili di grano tenero all’anno per la panificazione.
Ricordiamo che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia – spiega la Coldiretti - devono avere obbligatoriamente indicato in etichetta il nome del Paese nel quale il grano viene coltivato e quello di molitura; se proviene o è stato molito in più paesi possono essere utilizzate, a seconda dei casi, le seguenti diciture: paesi UE, paesi NON UE, paesi UE E NON UE. Inoltre, se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”.
“L’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica della Coldiretti – dice Antonio De Concilio, direttore di Coldiretti Toscana - L’Italia sotto il pressing della nostra organizzazione – continua - ha fatto scattare il 19 aprile 2017 l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre a partire dal 1° gennaio 2008 l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro. A livello comunitario – conclude – il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto. Sulla strada della trasparenza il nostro impegno continua – conclude De Concilio - infatti abbiamo di recente lanciato la petizione europea “Eat original! Unmask your food” (Mangia originale, smaschera il tuo cibo) per chiedere alla Commissione di Bruxelles di agire sul fronte della trasparenza e dell’informazione al consumatore sulla provenienza di quello che mangia. Obiettivo 1milione di firme in almeno 7 Paesi dell’Unione”.
Fonte: Coldiretti Toscana
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