Quarant’anni dall’uccisione di Aldo Moro. Quarant’anni, quattro mesi e diciotto giorni, per la precisione, fissati nelle immagini indelebili rimaste negli occhi di un intero Paese, che non ha smesso di interrogarsi da quel giorno di maggio in via Caetani, nel cuore di Roma, dopo la strage di via Fani e i 55 giorni del sequestro.
Nel quarantesimo della morte dello statista il Consiglio regionale ricorda il sacrificio del presidente della Democrazia Cristiana e degli uomini della sua scorta, con un convegno, “Aldo Moro, la pazienza della democrazia”, promosso con il Centro studi Giovanni delle Bande Nere di Firenze, e con una mostra fotografica.
Il presidente dell’assemblea, Eugenio Giani, saluta la mostra e l’incontro che la precede: “E’ il modo – dice - per ricordare uno dei momenti più drammatici della Repubblica”. Nelle parole del presidente la ricostruzione storica e la memoria personale di quei momenti, quando si confrontavano “coloro che volevano mantenere una linea di integrità assolutamente rigida con i rapitori, e chi invece voleva mantenere un dialogo”. In realtà, “in quel momento iniziò il declino delle Br”. Moro, personalità “di assoluto significato e prestigio” è il protagonista di quella stagione che portò al cosiddetto compromesso storico, e che “consentì di sdoganare la forza del Partito comunista orientata alla cultura di governo”. Con espressioni come ‘convergenza parallela’, ricorda ancora Giani, si è riusciti a dare una lettura all’intera vicenda politica italiana che ha portato il Paese a superare gli anni di piombo e il terrorismo.
Ma l’appuntamento in Consiglio guarda anche alla dimensione umana del grande esponente politico. “E’ veramente importante che sua figlia Agnese sia presente - continua Giani - e che contemporaneamente si possa avere una lettura biografica di una delle più grandi personalità del dopo guerra”.
In sala Gonfalone anche il presidente del Centro studi Giovanni delle Bande Nere, Francesco Butini, che ricostruisce cosa accadde 40 anni fa, “quando il Consiglio regionale venne convocato in seduta straordinaria”. Butini racconta il dramma, saluta gli esponenti fiorentini della Dc che siedono in platea: “la Democrazia cristiana - afferma - non è mai riuscita ad uscire dalla morsa tra la linea governativa e la ricerca di ogni possibile strada per salvare la vita di Aldo Moro”.
A ricordare la ‘lezione’ del grande uomo di stato sia il richiamo del titolo del convegno - “Aldo Moro, la pazienza della democrazia” - che il riferimento alla politica internazionale, al centro dell’intervento di Luciano Bozzo, docente di relazioni internazionali alla Cesare Alfieri di Firenze. Bozzo individua i pilastri fondamentali della politica del giovane Moro, e dei giovani ‘campioni’ della politica democristiana di allora, nel complesso scacchiere della politica interna e internazionale. Solo in chiusura rivela cosa fu quella strage – quella di via Fani, quelle immagini – per lui, “figlio di un maresciallo di polizia”. Lo studioso manda “un grande abbraccio” a Giovanni Ricci, figlio dell’autista di Moro, che non può essere in Gonfalone per un problema di famiglia, ma che scrive una lettera di saluto che Butini legge al pubblico. La lettera di chi, orfano di padre ucciso, ha poi vissuto la solitudine drammatica cui l’ha condannato “il silenzio collettivo”. Così fino alla speranza che si è schiusa grazie alla scelta di andare nelle scuole, a raccontare chi era suo padre in vita. Scegliendo cioè “una memoria che non è congelata nel passato, ma che guarda alle nuove generazioni”.
Una lezione che arriva anche da Agnese Moro, che racconta l’impegno perchè di suo padre non rimanesse solo l’idea di un cadavere, ma che fosse invece “conservata una vita”. Ecco dunque l’importanza dello “sforzo di una narrazione collettiva”, di cui la mostra fotografica “è proprio uno dei tasselli”. “La memoria delle persone non è fatta solamente delle grandi cose che hanno fatto, ma dei loro atteggiamenti, delle espressioni. Tutte cose che vanno perdute nel momento della loro morte, ma che possono essere riavvicinate anche a favore dei giovani, che di quei periodi non sanno nulla”.
La mostra, in effetti, è un percorso tratto dagli archivi Riccardi e che racconta vita, carriera, incontri di Aldo Moro. Curata da Maurizio Riccardie Giovanni Currado, con fotografie di Carlo Riccardi, Maurizio Riccardi e Maurizio Piccirilli. Maurizio Riccardi, appena diciottenne, è l’autore degli scatti di via Fani ed è anche il direttore dell’Archivio.
Moltissime foto sono di Carlo Riccardi, suo padre oggi 92enne. Scatti che ritraggono Moro fin dall’inizio della carriera politica, foto con Paolo VI, Saragat, Leone, Scelba. Scorrono le immagini di un Moro giovane, sorridente, mentre accompagna la storia della Dc e segna, indelebilmente, quella d’Italia. Fino all’ultimo scatto: via Caetani.
L’esposizione proseguirà fino al 10 ottobre, con i seguenti orari: dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 19; il sabato dalle 10 alle 12.
Fonte: Consiglio regionale
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