Voucher, Martelli (Acli): "Il lavoro in nero è il nemico vero"

“Uno dei difetti più grandi degli ultimi tempi e spaccare ogni discussione in zone nette, o bianco o nero, o di qua o di là, senza capire che invece la vita reale, quelle delle persone in carne e ossa è assai più variegata e che alla fine strappa le camice di forza in cui alcuni la vorrebbe restringere. Questo è anche il caso del dibattito suo buoni-lavoro che per alcuni sono il male assoluto mentre per altri sono lo strumento migliore possibile. In realtà non sono né l'una né l'altra cosa. Anzi per essere onesti sono una piccola cosa visto che anche nel momento del loro utilizzo hanno coperto una percentuale molto limitata (lo 0,22% ha calcolato Irpet) della forza lavoro in Toscana. E quindi sarebbe cosa utile e saggia che chi deve rappresentare i lavoratori e chi deve legiferare assumessero un atteggiamento più laico e meno ideologico su uno strumento che se utilizzato bene può fornire alcune risposte utili sia ai lavoratori che alle imprese”. Così il presidente delle Acli della Toscana, Giacomo Martelli interviene sul dibattito sulla reintroduzione dei voucher attualmente all'attenzione del Parlamento nel confronto per la conversione in legge del cosiddetto “decreto dignità”.

“Già il fatto che alcune recenti indagini ci hanno fatto vedere che con la fine dei voucher, aboliti dal precedente governo Gentiloni, si sia registrata una crescita del lavoro nero di circa il 6% dovrebbe farci tutti riflettere- ragiona Martelli - . Il vero nemico del nostro sistema occupazionale e produttivo infatti è il lavoro nero. Perché danneggia le imprese serie con una concorrenza sleale e truffaldina, ma soprattutto perché costringe il lavoratore a essere un fantasma senza diritti e senza tutele. Il che dovrebbe far cadere contrapposizioni ideologiche e spingere tutti a cercare strumenti per svuotare questo pozzo di irregolarità e sfruttamento”. E uno di questi possibili strumenti potrebbero essere i buoni-lavoro “purché – puntualizza il presidente Acli Toscana – non siamo strumenti di precarietà e sfruttamento e quindi siano gestiti con regole chiare e inderogabili: legandoli a esigenze di lavoro occasionale e transitorio”.

Per Martelli ad esempio “oltre a limiti economici andrebbero messi anche vincoli alle ore di prestazioni non occasionali utilizzabili dalla azienda, prevedendo sanzioni dure a chi trasgredisce. Inoltre si potrebbero usare per un periodo sperimentale, ad esempio 24 mesi, i maniera tale che Governo e Parlamento possano valutare su dati certi se quello strumento è stato utile e quanto e così prendere decisioni a ragion veduta. Perché quando di mezzo ci sono le persone è sempre meglio lasciar perdere la demagogia e concentrarsi su scelte concrete e fattibili”.

Fonte: Ufficio stampa

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