Il 20 luglio alle 18 al Bistrot dei Ponti, il prof. Daniele Luti presenterà un’altra perla volterrana: il d’Annunzio ospite della città. La prolusione si intitola “La vertigine e il vento eroico della rapidità”, un viaggio nella poesia dannunziana realizzato con la collaborazione dell’Accademia dei Sepolti e accompagnato da letture e interpretazioni di questo poeta che lasciò il cuore (e anche qualche debito) in questa “terra di vento e di macigno”. Lettore d’eccezione sarà Simone Migliorini.
Scrive d’Annunzio, nel suo “Forse che sì, forse che no”, scritto all’Albergo Nazionale, che ancora ne riporta il ricordo: “E imaginava con ansia la sua prima notte nella villa volterrana piena d’insonnio in ascolto. – Volterra!
Dietro una calva collina di marna gessosa, su la sommità del monte come su l’orlo d’un girone dantesco, all’improvviso era apparso il lungo lineamento murato e turrito. Entrambi vi s’affisarono, rallentando la corsa.
La macchina rombò, ansò. Tre cavalli neri, impastoiati, con lunghe code, con lunghe chiome, saltabellavano su per un pascolo di sterpi, rilucendo nel sole, mentre il galestro si sfaldava sotto gli zoccoli.
E la città disparve.
Vana era salita sul ripiano del castello, dietro il leccione, e dal parapetto guardava verso la valle, spiava la via terribile?
Ora Isabella ne creava in sé l’imagine viva, e si rappresentava il tristo luogo della vedetta: quel prato solitario su cui s’allunga l’ombra del mastio che emerge dalla cintola in su dominando il cammino di ronda fra i due torrioni angolari, e l’albero degli Inghirami che di quivi appare senza tronco, simile a una cupola posata su l’erba, vasta come quella del battistero a riscontro emergente di là dal tetto del palagio, di là dalle banderuole di ferro che in perpetuo stridono portando l’aquila su la ruota; e sotto il parapetto la perpetua tempesta degli elci abbarbicati nell’erta, l’incessante mugghio che affatica la fronda bruna.
Non era forse là in quell’ora, china a scoprire una nube di polvere, la stretta faccia olivigna?
Non era là sotto il sole, con tutta la sua vita d’odio e d’amore protesa verso la via bianca, la piccola sorella indomabile?
Quale era su la tempesta degli elci la tempesta di quella vita?”
( Gabriele D’Annunzio, brano tratto da “Forse che si forse che no”, 1910 )
Fonte: La conchiglia di Santiago
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