Maria Ottavia Vettori e Cristiano Banti, la 'coppia da gossip' nell'Ottocento a Santa Croce

Cristiano Banti nel ritratto di Boldini

Maria Ottavia Vettori e Cristiano Banti, due eccellenze nella Santa Croce dell'Ottocento.

I Vettori

"Il Monaldi nelle sue Famiglie Fiorentine dimostra che i Vettori sono un ramo della storica stirpe dei Capponi. Presero il nome da un Vettore e diedero molti gonfalonieri, priori, cavalieri di Malta, cavalieri aurati, ambasciatori della repubblica fiorentina. Il ramo fiorentino si estinse nella linea maschile nel 1835 e sopravvisse la marchesa Maria Ottavia che entrò nella nobile casa dei Placidi di Siena. Nel 1440 un Pier Vettori il Vecchio era stato uomo di fiducia del Magnifico. Nel 1757 Pietro Vettori (1757-1822) fu consigliere del Granduca Ferdinando III, e nel 1802 sposò Maddalena Tempi. Da loro nacque Maria Ottavia (1806-1878), ultima superstite dell'antico e nobile casato. Ereditò una grande fortuna che comprendeva fra gli altri beni, la fattoria Il Barone nei pressi di Montemurlo di Prato, palazzi in Firenze, e infine la splendida residenza di Poggio Adorno che fu costruita dal 1654 al 1657 da Benedetto Guerrini. Che Maria non fosse una donna da compromessi, lo dimostrò quando smise di vivere insieme al conte senese Giulio Placidi che pure aveva sposato con tanto fasto. Pare che il motivo della loro "separazione" sia da attribuirsi al fatto da avere escluso il marito da ogni decisione sull'amministrazione del patrimonio, che pare comprendesse anche il palazzo sui Fossi che oggi prende il suo nome. Dico pare perché l'esistenza del palazzo nel 1855 se è dimostrata dal fatto che nelle sue stanze furono ospitati molti colerosi proprio in quell'anno, manca dell'ubicazione precisa. I Vettori avevano molti possessi anche in campagna nei territori di Santa Croce, Castelfranco e Fucecchio. A Santa Croce la marchesa possedeva fra gli altri il podere della Casa Nuova ma ci pare improbabile, per un Ospedale, una dislocazione fuori dal circuito dei fossi. Oltre ad una intensa azione di carità, annota la storica e archivista Patrizia Marchetti in un suo saggio sulla rivista Erba d'Arno del 1998, "La Marchesa Vettori fece della Villa di Poggio Adorno intorno alla metà dell'Ottocento, un luogo di vivaci incontri: amava accogliere gli esponenti della cultura del suo tempo soprattutto artisti, e furono suoi ospiti lo scultore fiorentino Ulisse Cambi, l'architetto Mariano Falcini – chiamato a Poggio Adorno per il restauro dell'oratorio di San Benedetto – e il pittore Cristiano Banti che all'epoca aveva 25 anni."

I Banti

La famiglia Banti: suo padre bracciante e la madre "calzettaia", era di umili origini. Una targa segnala l'abitazione della nascita di Cristiano in via Verdi, già via S. Lorenzo nell'Ottocento. Si tratta di una dimora modesta a giudicare da quello che rimane ancora oggi. Cristiano era il settimo figlio. Suo padre, al contrario di altri Banti che abbiamo trovato pionieri nell'arte della concia, era rimasto legato alla terra. Non potendo quindi la famiglia incoraggiare e finanziare le aspirazioni artistiche del figlio, ci si chiede chi possa averlo aiutato agli esordi. Il buon Giuliano Matteucci, biografo del Banti, si sforza di trovare chi possa averlo sostenuto e tira fuori due fratelli Pacchiani, intagliatori e decoratori, e l'amico Enea Becheroni compagno dei corsi di nudo e di statue. Infine anche per lui non ci sono dubbi: "A condizionare il suo destino in modo tanto favorevole fu la Marchesa Maria Vettori che aveva ereditato l'amore per l'arte da suo zio il marchese Luigi Tempi Marzi Medici, cavaliere dell'ordine di Malta."

Fra Cristiano e Maria ci correvano 18 anni. Lei una nobildonna non bella ma dotata di grande personalità, colta, ricca, generosa, musicista e patriota, promotrice delle Belle Arti e di scavi archeologici. Scrive Giuliano Matteucci, nella corposa biografia: Cristiano Banti, edizione Cassa di Risparmio di San Miniato, 1982, "Maria Vettori Tempi nel 1847, in memoria del padre Pietro, consigliere del Granduca Ferdinando III, donò 100 fucili e due cavalli alla Guardia Civica perché servissero al buon esito della causa italiana. Inoltre, nel 1859, dopo l'abdicazione del Duca

Leopoldo, Maria Vettori organizzò a Santa Croce una grande cerimonia per la milizia cittadina alla quale regalò la bandiera tricolore. Cristiano ne restò affascinato e fra i due nacque una affettuosa amicizia sorretta da reciproca stima. Ma ci fu qualcos'altro che legava il giovane artista alla sua benefattrice? Nell'incertezza delle fonti e nell'assenza di fatti certi, il gossip, si direbbe oggi, la fece da padrone. E il Matteucci pur schivandosi e volendo prendere le distanze da certe chiacchiere, riporta una lettera della moglie di Giovanni Boldini di cui prendiamo in prestito un estratto. "C'era attorno al Banti – scrive la moglie del pittore ferrarese – una atmosfera cattivamente equivoca poiché la marchesa Vettori, ricca erede della casa medicea, l'aveva largamente provveduto dei beni e nominato suo erede. Le buone lingue mornoravano sui rapporti della vecchia dama con il giovane pittore, ed il più che quarantenne Banti, un giorno singhiozzando ne parlò con Boldini confidandogli che la marchesa era in realtà sua madre."

Da questa ipotesi sconvolgente il Matteucci cerca di prendere le distanze ma il pendolo oscillava fra figlio e amante. Fra le due ipotesi la meno probabile è quella di una relazione amorosa avvalorata da una sua partenza da Santa Croce. Il fatto che conta è che nella Santa Croce della seconda metà dell'Ottocento, l'incontro fra Cristiano e Maria Vettori ha favorito l'affermarsi di un artista che ha segnato la storia del movimento macchiaiolo, e ha fatto emergere la straordinaria generosità della marchesa Ottavia Vettori con una grande testimonianza di affetto per la sua terra: il palazzo che porta il suo nome.

Valerio Vallini

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