Da tempo abbiamo sollevato in GSK Vaccines l’esigenza di affrontare le problematiche connesse all’utilizzo dei lavoratori in somministrazione e dei contratti precari in genere, ma se in prima istanza la multinazionale non si è sottratta al confronto, già al terzo incontro le sue posizioni di chiusura sull’argomento hanno segnato una decisa battuta d’arresto.
Nonostante l’Amministratore Delegato Rino Rappuoli abbia ricordato che GSK, dopo l’acquisizione del ramo vaccini da Novartis nel 2014, sia la prima azienda mondiale in questo comparto produttivo, si continua a non voler prendere seriamente in esame l’importanza dell’argomento.
A inizio 2018 i dipendenti occupati nei due siti di Siena e Rosia risultavano 2.155, ai quali sommare ben 660 lavoratori con contratto di somministrazione (dipendenti, cioè, da agenzie di lavoro interinale), persone che in molti casi, da svariati anni, prestano la loro attività spalla a spalla con i più fortunati colleghi GSK. Pur riconoscendo a Novartis prima e a GSK ora di avere assunto nel corso del tempo molti di questi lavoratori, siamo oltremodo convinti che la gestione dei precari sia rimasta una questione da regolamentare. Un fenomeno, quello del personale “in affitto”, che necessita di essere governato attraverso regole chiare e condivise, e ancor di più ricondotto alla sua originaria funzione di temporanea flessibilità di cui l’azienda potrebbe avere necessità.
Pur essendo GSK Vaccines nella fase di assestamento e consolidamento della propria attività, occorre che il fattore umano, e quindi anche la salvaguardia delle professionalità acquisite nei due siti senesi dagli operatori in somministrazione, e la loro conseguente stabilizzazione, venga riconosciuto come uno dei presupposti fondamentali per l’affidabilità produttiva e qualitativa all’azienda. Non è più concepibile, come avvenuto recentemente, che dopo 60 mesi (5 anni!!) ad alcuni lavoratori in somministrazione sia stato comunicato che non avrebbero potuto continuare la loro esperienza lavorativa in GSK e che al loro posto l’azienda avrebbe occupato altri lavoratori, sempre con il medesimo contratto in “affitto” di manodopera.
Il recente intervento legislativo sui contratti a termine e simili, anche se in modo parziale, potrebbe andare senza dubbio nella giusta direzione, se non altro per segnare un’inversione di pensiero rispetto alle norme prodotte dal jobs act, ma molto c’è ancora da fare per ridurre l’uso sconsiderato e duraturo di queste forme lavorative. Compete anche alle aziende, a cominciare da GSK, riconoscere con umiltà le ragioni del Sindacato e affrontare l’argomento con fare costruttivo e non ideologico, a maggior ragione quando si producono vaccini per uso umano, dove gli standard qualitativi sono strettamente connessi a quelli lavorativi. Senza dover attendere ulteriori sviluppi legislativi, e nel rispetto dei diversi ruoli, sollecitiamo quindi una rapida ripresa del dialogo finalizzato ad un accordo sulla materia.
Fonte: CGIL Siena - Ufficio Stampa
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