Non si può dire che la buca di Roffia – enfaticamente chiamata nel tempo bacino remiero, cittadella dell’acqua e infine cassa di esondazione - non sia stato un costo e una palla al piede per la comunità.
Controversie giudiziarie, inondazioni, elevato rischio idraulico, ritardi negli adempimenti, penali, hanno costellato questo vulnus ambientale che negli ultimi tempi sembrava peraltro essere giunto alle battute finali a seguito del completamento dei più impegnativi lavori volti alla sua trasformazione da cava di rena a ridosso dell’argine dell’Arno a cassa di esondazione.
L’impegnativa costruzione dell’opera idraulica costata decine di milioni di euro sembrava giunta a conclusione tanto da giustificare mesi addietro la compiaciuta visita di importanti esponenti politici di alto rango. Nonostante le apparenze la realtà a quanto pare si è rivelata molto diversa.
Ad oggi l’opera non è terminata, ma anzi necessita di continui nuovi finanziamenti per il suo completamento. Non risulta che la cassa di espansione sia ancora in grado di svolgere pienamente le sue funzioni a tutela della sicurezza del territorio. Questa situazione oltre a rappresentare un insopportabile segnale di inefficienza (i lavori ebbero inizio oltre dieci anni orsono), crea anche negative ripercussioni di carattere urbanistico ed economico nei vari Comuni limitrofi all’invaso causa la mancata messa in sicurezza dell’area.
Al di la dei proclami e degli spot elettorali, quanto ancora i cittadini dovremo aspettare per la definitiva sistemazione dell’opera?
Roberto Ferraro, coordinatore provinciale Movimento IDEA - Popolo e Libertà
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