"Non si può parlare di salute senza considerare la lotta alla povertà" ricorda dal palco il direttore del Centro nazionale per la salute globale ed Istituto superiore di sanità Stefano Vella. E il punto è proprio quello: salute e lotta alle diseguaglianze vanno di pari passo e vale in Africa come in Italia.
Si è parlato di cooperazione sanitaria, accoglienza e gestione dei flussi migratori stamani a Santa Apollonia a Firenze. Un tema sicuramente di attualità e dibattuto. Un'occasione per fare il punto su dieci anni di politiche attuate in Toscana. Ad organizzare l'appuntamento il Centro di salute globale, ovvero la struttura di cui la Regione si è dotata per coordinare tutte le iniziative di cooperazione sanitaria internazionale e la tutela della salute dei migranti, attraverso una rete di accoglienza che garantisce sicurezza a chi arriva e a chi vive in Toscana.
Tutto è oramai sempre più interconnesso. La salute porta sviluppo e integrazione e lo sviluppo e l'integrazione accrescono l'aspettativa di vita. Per questo è importante la cooperazione sanitaria. Accade da sempre, ma nel mondo globale il limite tra causa ed effetto è forse ancora più indefinito e i destini tendono ad incrociarsi più di frequente. Non si possono combattere certe patologie senza lavorare sulla prevenzione o su seri programmi di screening, che senza integrazione o in un clima di divisione tra comunità che abitano lo stesso territorio risultano più complicati.
Un abitante della Terra su trentacinque è oramai qualcuno oggi che emigra. Migrare è una via di speranza, si sussurra nel video che accoglie a Santa Apollonia i partecipanti al convegno. Ergere i muri dunque non serve. "Bisognerebbe amare le porte e non chiuderle" annota in coda al proprio intervento, citando Abbe Pierre, Maria Josè Caldes Pinilla, direttrice del centro di salute globale toscano. Ma se la Toscana accoglie, garantisce il diritto alla salute a chiunque arriva e ne è orgogliosa, aiuta pure i Paesi da dove si parte a costruire un proprio modello di sviluppo e sistemi sanitari adeguati. "Facciamo l'uno e l'altro – sottolinea più volte l'assessore alla salute della Toscana, Stefania Saccardi – e lo facciamo da anni, senza togliere niente a nessuno, perché la Toscana rimane la prima regione in Italia quanto a prestazioni sui livelli essenziali di assistenza".
Le risorse
Con soli 58 centesimi di euro per abitante, la Regione Toscana sostiene ogni anno venti progetti di cooperazione sanitaria internazionale, fornendo supporto, formazione e assistenza tecnica a più di 110 ospedali e centri sociosanitari in Italia e all'estero. Ma se allarghiamo lo sguardo agli ultimi dieci anni, più di trecento diventano i progetti finanziati e 203 gli ospedali e e centri di salute coinvolti.
"Investiamo complessivamente un milione e mezzo di euro – racconta ancora Saccardi – ma molto maggiori sono le risorse che riusciamo a mettere in movimento con un effetto volano grazie a questo sforzo". La maggior parte delle attività, il 69 per cento, si concentra in Africa: Senegal, Burkina Faso, Kenya, Etiopia, Mozambico, Uganda, Sudan, Tunisia e Libia. Lì la priorità sono le cure primarie e la metà del lavoro, come anche altrove, si concentra su donne e bambini. Medio Oriente (Libano e territori palestinesi) e Balcani (Albania, Kosovo, Bosnia-Erzegovina) valgono ciascuno l'11 per cento. C'è anche l'America Latina (9 per cento). Assieme al sistema sanitario toscano, che sicuramente ha un ruolo primario, sono coinvolti il volontariato e privato sociale no profit (13%), gli enti locali (6%) e le Università (8%).
L'importanza della cooperazione sanitaria
"C'è chi pensa che si tratti di politiche marginali – chiosa l'assessore – ma non è così. In Toscana continueremo dunque, con l'aiuto fondamentale di no-profit e volontariato, ad investire sulla cooperazione sanitaria internazionale". Se vuoi arrivare primo, recita un proverbio africano, corri da solo; ma se vuoi arrivare lontano, corri insieme. Poche parole che raccontano le virtù della cooperazione e tracciano in fondo anche un metodo di lavoro.
Poi ci sono i migranti, ovvero chi da rifugiato o richiedente asilo e protezione internazionale arriva e chi semplicemente vi emigra per lavoro. In Toscana nel 2017 vivevano, da residenti, circa 400 mila stranieri, il 10,7 per cento di tutti gli abitanti della Regione: rispetto agli italiani, raccontano i dati di Arsi, sono frequentatori più assidui dei pronto soccorsi ma di meno dei servizi di ospedalizzazione.
"La rete di accoglienza e di screening che abbiamo messo in atto, anche grazie alla collaborazione con le associazioni delle comunità straniere, è una garanzia per chi arriva e per chi vive in Toscana" sottolinea l'assessore l'assessore Saccardi – e ha permesso di sfatare anche luoghi comuni e false notizie sugli stranieri additati come portatori di malattie o di particolari virus. La realtà, dimostrata dai numeri, è tutt'altro: chi arriva è invece spesso giovane e in ottima salute".
Fonte: Giunta Regionale
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