Ha fatto molto scalpore la notizia di un medico sportivo condannato a 10 mesi di reclusione in via definitiva per abusi sessuali su una 24enne avvenuti a Bagno a Ripoli nel 2010. La notizia, di per sé di grande rilevanza mediatica, ha aperto però una grossa polemica che ha travolto la Pubblica Assistenza di Campi Bisenzio, struttura nella quale il medico lavorerebbe.
La vicenda. I fatti avvennero in un ambulatorio di Bagno a Ripoli nel 2010 e coinvolgono un medico sportivo che opera a Prato, Campi Bisenzio e Bagni a Ripoli. Il professionista avrebbe svolto una visita ginecologica "inappropriata e oltremodo invasiva" ad una giovane calciatrice che si era rivolta a lui per una certificazione di idoneità agonistica. I giudici puntualizzano sul fatto che l'uomo non avendo una competenza in ginecologia non avrebbe agito "nell’ambito di una lecita attività clinico terapeutica". A convincere i giudici anche il fatto che il certificato di idoneità fosse stato già rilasciato prima della visita. Peraltro, stabiliscono i giudici, se il medico "avesse ravvisato l’esistenza di una patologia di tipo ginecologico, avrebbe dovuto prescrivere i relativi accertamenti e, solo all’esito di essi, formulare il proprio giudizio sull’idoneità della paziente". La ragazza avrebbe anche "manifestato dissenso al compimento degli atti". Il dottore, nei giorni dopo la sentenza, avrebbe dichiarato alla stampa: "Non è vero che abbia rifiutato la visita, anzi era consenziente. Per me era tutto a posto, ho anche scritto le prescrizioni mediche sulla mia carta intestata. Io sono un medico chirurgo e ho le competenze per capire se c’è un problema. Nel caso specifico c’era un problema di natura ginecologica e ho ritenuto di proporre la visita". La condanna è stata confermata lo scorso marzo dalla Corte di Cassazione.
La petizione contro la Pubblica Assistenza. A circa due mesi dalla notizia della condanna è stata lanciata una petizione su Change.org (disponibile qui) che punta l’indice sull’atteggiamento tenuto dalla Pubblica Assistenza di via Orly: "Benché la condanna sia nota dal marzo scorso - si legge nella petizione - nessun provvedimento o presa di posizione sono arrivati dalla Pubblica Assistenza che sul punto, almeno pubblicamente tace. [...] Questo atteggiamento è una offesa ai valori di non-violenza, solidarietà, pari dignità della donna che da decenni ispirano il movimento del volontariato delle Pubbliche Assistenze". Dall'Associazione, però, arriva pronta la smentita attraverso l'intervento del presidente Settimo Lipani : "Siamo venuti a conoscenza del fatto dai giornali e la sera stessa abbiamo discusso la cosa in un consiglio straordinario in cui non è previsto il voto. Il 9 aprile, nel consiglio ordinario, è stata presa la decisione di allontanare definitivamente il medico. Da parte nostra dunque sono stati fatti tutti i passi necessari anche se non sono stati resi pubblici"
Da quanto si apprende il reato sarebbe stato peraltro commesso ancor prima dello svolgimento dell'attività nella struttura di Campi Bisenzio. Inoltre una successiva nota di Rete PAS esclude che il medico appartenga allo staff dell'associazione, cioè che sia loro dipendente: in sostanza il medico svolgerebbe nella struttura di via Orly la sua attività (ora revocata), ma non sarebbe stato assunto dall'associazione
"Il professionista - si legge nella nota - non ha mai fatto parte del proprio staff. Rete Pas è completamente estranea alla vicenda e l’unica correlazione esistente è relativa alla condivisione, seppure in ambienti completamente distinti e separati, della struttura di via Orly 35 di proprietà della Pubblica Assistenza di Campi Bisenzio".
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