Appena uscito in tutte le librerie italiane “Dawla. La storia dello stato islamico raccontata dai suoi disertori”, Mondadori (2018), l’ultima opera di Gabriele Del Grande, sta già riscuotendo un grande successo. Il libro è nato dopo una lunga gestazione e un lungo periodo di ricerca, che, ricordiamo, portò Gabriele anche ad essere incarcerato in Turchia per due settimane, proprio un anno fa. Come il suo documentario più famoso “Io sto con la sposa” anche Dawla nasce grazie a un progetto di crowdfunding e ai numerosi sostenitori del giornalista. Per la prima presentazione toscana, l’autore ha scelto proprio Prato e “Mediterraneo Downtown” dove sarà domenica 6 maggio, durante l’evento di chiusura al Teatro Metastasio. Intervistato da Raffaele Palumbo, Gabriele Del Grande ci racconterà la genesi e il contenuto del libro: un vero e proprio viaggio iniziato nel Kurdistan iracheno e interrotto proprio con l’arresto in Turchia. Dawla in arabo significa Stato ed è uno dei modi in cui gli affiliati dello Stato islamico chiamano la propria organizzazione, Del Grande racconta le loro storie intrecciate alla storia più grande dell'ascesa e della caduta dello Stato islamico. Non si tratta però di un saggio quanto di un racconto corale che mette insieme tante figure diverse e sempre in primo piano rispetto alla geopolitica: un manifestante siriano che cerca giustizia e che, davanti alla corruzione dell'Esercito Libero, sceglie di arruolarsi nel Dawla, un hacker giordano affascinato dall'esoterismo e finito, seguendo le profezie sulla fine del mondo, nel braccio dei condannati a morte in una prigione segreta del Dawla, un avventuriero iracheno che si addentrerà nel livello più oscuro dei servizi segreti del Dawla, quello responsabile della pianificazione degli attentati in Europa. Insomma un punto di vista inedito quello degli “altri”, i cattivi, i carnefici ma “Non per giustificare – dice l’autore- non per umanizzare. Ma unicamente per raccontare e, attraverso una storia, cercare una risposta, ammesso che ve ne sia una, a quell'antica domanda sulla banalità del male che da sempre riecheggia nelle nostre teste dopo ogni guerra."
Fonte: Ufficio Stampa
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