Quello che si sta compiendo al confine con la striscia di Gaza è un massacro, un feroce tiro al bersaglio a danno della popolazione palestinese. Da quando è iniziata la protesta sono già decine i morti con un copione che si ripete ogni venerdì. I manifestanti palestinesi si avvicinano alle recinzioni che delimitano la prigione di Gaza e i cecchini israeliani appostati sulle dune sparano per uccidere.
In qualsiasi altra parte del mondo forte si sarebbe alzata la voce dell’opinione pubblica mondiale, probabilmente si sarebbe minacciato un intervento armato, di sicuro sarebbero stati fatti dei passi a livello diplomatico. E invece per la Palestina nessuna presa di posizione da parte di governi e istituzioni mondiali. Tanto meno da parte dei principali media internazionali. Anzi, si è arrivati addirittura a parlare di scontri e provocazioni, come se a fronteggiarsi fossero due forze pari e con le medesime ragioni. Quando in realtà da una parte si manifesta per la libertà senza armi e dall’altra si spara guardando la propria vittima da un mirino di precisione.
Dai resoconti televisivi mai emergono le responsabilità di Israele e la responsabilità dei morti viene puntualmente addossata alle forze radicali presenti nella striscia. Nessuno che risalga alle ragioni più recenti di una mobilitazione che, nonostante la repressione, continua a crescere. All’origine delle proteste, infatti, ci sono le condizioni di vita all’interno di un pezzo di terra dove da anni si sopravvive, senza approvvigionamenti e senza la possibilità di uscire: una popolazione tenuta rinchiusa in una gabbia. Ma c’è anche un atto criminale che va contro tutti i pronunciamenti delle Nazioni Unite e infrange senza curarsene il diritto internazionale: il riconoscimento da parte degli Stati Uniti di Gerusalemme come capitale dello Stato d’Israele, avvenuto con l’annuncio dello spostamento dell’ambasciata americana da Tel Aviv.
Tutto questo è inaccettabile. Non è più possibile rimanere a guardare. Di fronte all’ingiustizia istituzionalizzata, al sopruso che diventa metodo, alla repressione ingiustificata, ai cecchini che sparano sulla folla con il chiaro intento di uccidere è necessario prendere parte. Perché di fronte a tutto questo rimanere in silenzio vuol dire accettare lo stato di cose e ammettere che eventi di questo tipo possano replicarsi.
Per questo saremo a Empoli in piazza Della Vittoria il giorno Sabato 28 Aprile alle ore 16,30 per manifestare la solidarietà con il popolo palestinese e chiedere l’immediato stop alle violenze da parte dell’esercito israeliano e allo stesso tempo ribadire la necessità di far rispettare il diritto internazionale in Palestina.
Fonte: PRC Empolese
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