"Il problema delle liste d’attesa è uno degli aspetti simbolo delle difficoltà del servizio sanitario ed è, in varia misura, presente in tutte le regioni. La politica (che in questa fase – nonostante i grandi sconvolgimenti dei risultati elettorali – è indubbiamente ‘messa sotto’ dai grandi interessi finanziari ed economici) ci presenta due letture e due risposte strategiche che impongono una scelta. La prima (figlia di un ‘pensiero unico’) riferisce il problema all’insostenibilità di un sistema sanitario universalistico e preme sulla necessità di un ‘secondo pilastro’ (fondi, mutue, assicurazioni); la seconda, che - al contrario - ritiene questa una ‘terapia fatale per il malato’ e si sforza di dare elementi di riflessione e di cambiamento concreti, per mantenere e qualificare la sostenibilità del servizio pubblico.
È notizia di questi giorni la ‘risposta’ che in Toscana - precisamente l’ASL Toscana Centro, una delle più grandi d’Italia - s’intende dare al problema della insopportabile lunghezza delle liste di attesa e della connessa pratica di ‘dislocare’ in territori lontani dalla residenza molti accertamenti. Si tratta di un bando da 2,8 milioni per acquistare, a tempo, 72mila tra controlli specialistici e ecografie, detto "Progetto sperimentale acquisizione prestazioni specialistiche ed ecografiche a livello zonale per contenimento liste di attesa", rivolto a soggetti privati e al cosiddetto ‘privato sociale’. Giustamente il giornalista che riporta la notizia osserva: ‘si tratta di un atto che non ha molti precedenti e segna anche un cambiamento politico nella gestione del problema delle liste di attesa”.
Come tanti altri e più autorevoli contributi, ho già discusso recentemente della questione. Ma con questa iniziativa siamo di fronte effettivamente ad un salto di qualità nella direzione sbagliata. Posto – doverosamente – che il sistema pubblico toscano regge bene per le urgenze, ci domandiamo: ma una volta dato questo ‘colpo’ per frenare le liste di attesa, cosa facciamo, tra un po’, quando queste ripiglieranno a crescere? Con questi acquisti dai privati si pensa di aver data una risposta ‘strutturale’?
Se guardiamo con occhio lucido al tema potremmo anche dire che quest’ultima scelta non sia una novità in senso assoluto. Ad es., sappiamo che nella zona di Prato la gran parte degli accertamenti di tipo radiologico è da tempo appannaggio dei privati. E poi altre attività come, ad es., i punti prelievo, i trasporti, che storicamente sono affidati al ‘privato sociale’. Tuttavia è pericolosa questa esternalizzazione dei servizi essenziali (il ‘core business’, direbbero quelli della neolingua...). Non solo perché così si smantella a pezzi, si indebolisce, il servizio pubblico universalista, ma anche perché è difficile il controllo della qualità degli accertamenti (anche delle condizioni di lavoro) e degli ‘eccessi’ cui poterebbero essere indotti i ‘soggetti economici’ che vendono le prestazioni al servizio pubblico.
Certo, sappiamo che intorno a queste scelte c’è anche il rapporto con grandi organizzazioni del volontariato, correntemente denominato privato sociale. Strutture importanti che storicamente danno tanti benefici nei nostri territori e vedono tuttora l’impegno umano e generoso di tante persone. Ma – idealmente – verrebbe da domandare loro: siete sicuri che sia valida per il futuro di queste fondamentali associazioni la prospettiva di mettersi sulla strada di fare attività ‘sostitutive’ del servizio sanitario pubblico, magari con un eccesso di ‘aziendalizzazione’ o non sarebbe meglio orientarsi piuttosto verso le tantissime attività di supporto sociale che il pubblico non fa o non può fare (penso ad es., alla povertà ingravescente) e di cui abbiamo sempre più bisogno? E poi, su questa strada, ci dobbiamo allarmare anche dei ‘boatos’ su intenzioni di devolvere anche il servizio 118?
Sappiamo che ci sono dei vincoli di spesa del personale sanitario vigenti da molti anni e ribaditi nelle varie leggi finanziare del nostro paese (verso i quali solo recentemente il Presidente ha tentato la strada del ricorso alla Consulta); ed alcuni ci potrebbero rispondere che queste scelte sono una risposta a questi vincoli. Penso invece che dobbiamo sviluppare interventi alternativi (insieme a quello di mantenere sempre accesa la critica alle linee economiche dell’austerità), quali quelli di una continua (e territorio per territorio!) verifica del fenomeno e di una diversa organizzazione e distribuzione del personale e dei servizi, di iniziative più organiche di orientamento della domanda ed appropriatezza prescrittiva: cioè il rilancio (vero) della sanità d’iniziativa affinché i medici di famiglia si facciano carico e concordino con le persone affette da malattie croniche programmi di accertamento su basi ‘scientifica’, riducendo il consumo ‘spontaneo’ di accertamenti. Strade alternative a quelle che rischiano di non affrontare strutturalmente il problema e di ‘allocare’ risorse preziose verso il privato. Con rischi di non risolvere le crisi di bilancio cui le regioni e le strutture sanitarie sono cronicamente sottoposte.
A proposito di sprechi e della necessità di contenerli (in modo non penalizzante per i bisogni reali delle persone) segnalo la crescente pratica dei check up (accertamenti sanitari di vario tipo su persone asintomatiche) consistenti nell’offerta di ‘prodotti civetta’ per incrementare ulteriormente la vendita di altre prestazioni a tutto vantaggio economico di ‘imprese’ varie. Ad es., in diversi territori si sono tenute manifestazioni, tipo ‘medici in piazza’, con diversi promotori (associazioni, società scientifiche, centri privati…), addirittura Comuni, e in assenza – ecco il punto – di un controllo, di qualità e di ‘senso’, da parte della ASL che dovrebbe svolgere una funzione culturale per contrastare il senso comune fallace che ‘fare di più è sempre meglio’.
Per concludere, ci domandiamo (manzoniamente): queste scelte sono ‘sostanza’ o ‘accidente’ ? Sulla base delle tante precedenti dichiarazioni dell’assessora Alla sanità toscana, penso purtroppo che sia ‘sostanza’ di una visione culturale e politica. Dunque è il momento di aprire con decisione una discussione generale e larga sul sistema sanitario toscano (e ancor più sarebbe necessario a livello nazionale) tra forze sociali e politiche, partendo dal respingere strade pericolose per il nostro più pregiato pezzo del sistema di protezione sociale. A partire da una verifica della quantità di soldi che diamo a privati e al privato sociale ed dalla necessità di una revisione (anche di tipo costi-vantaggi) delle possibili scelte allocative alternative, compresa quella della loro re-internalizzazione."
Mauro Valiani, Forum Diritto alla Salute
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