Donatori da tutto il mondo per restaurare la tomba di Michelangelo

(foto Dario Garofalo)

La passione per Michelangelo e per Firenze ha spinto oltre cento donatori, di dodici Paesi diversi, a mobilitarsi per il restauro della tomba monumentale e della pala dell’altare Buonarroti, entrambe opera di Giorgio Vasari. In the name of Michelangelo, il progetto di fundraising  dell’ Opera di Santa Croce, ha dunque raggiunto il suo obiettivo, culturale e civile prima che economico. E tanta è l’ammirazione per il grande maestro che un gruppo di sostenitori del restauro è presente a Firenze oggi, in occasione della conclusione della prima fase dell’intervento, quella di accurata ripulitura dell’imponente complesso con le eleganti sculture in marmo di Carrara che ritraggono Michelangelo e le tre arti (scultura, architettura e pittura).

Ad accogliere il gruppo Irene Sanesi, presidente dell’Opera, Giuseppe De Micheli, direttore generale, Paola Vojnovic che ha seguito il progetto internazionale di raccolta fondi e Paola Rosa, la restauratrice che ha guidato l’intervento.

La campagna per la raccolta dei fondi è stata attivata nel mese di settembre. In pochissimo tempo, si sono raggiunte le risorse necessarie a far fronte al restauro, centomila euro da investire per la ripulitura e le indagini diagnostiche sulla tomba e per il restauro della pala d’altare, danneggiata dall’alluvione e in un critico stato di conservazione. All’appello partito da Firenze hanno risposto oltre cento persone, per l’80% per cento cittadini degli Stati Uniti. Nell’elenco dei donatori, i cui nomi sono riportati uno per uno nel sito dell’Opera di Santa Croce, i Paesi rappresentati sono dodici. Ci sono l’Italia, gli Stati Uniti, l’Inghilterra, il Canada, le Filippine, l’Austria, la Finlandia, la Spagna, la Norvegia, la Repubblica Ceca e l’Australia. Per l’Opera di Santa Croce In the name of Michelangelo rappresenta una nuova iniziativa internazionale di raccolta fondi, dopo l’apprezzabile risultato di Crazy for Pazzi.

Le motivazioni dei donatori sono la testimonianza del legame profondo tra Firenze, Michelangelo e il mondo.  “Ti amo Michelangelo”, ha scritto un donor del Colorado. “Un pegno d’amore per la mia adorata Firenze, per farle sapere quanto le sono grata per la bellezza e per il senso che ha dato alla mia vita e alla mia arte”, è il messaggio che arriva dalle Filippine. “Questi tesori appartengono al mondo e il mondo deve sostenerne il restauro”, afferma un finanziatore di Toronto. Tra i sostenitori del restauro c’è anche Colm Kelleher, presidente di Morgan Stanley: "E’ un modo per celebrare il genio e lo spirito innovativo di un uomo che continua ancora oggi a essere fonte d’ispirazione.” Tra gli italiani anche l’economista Domenico Siniscalco con la moglie Cristina. “Si possono passare ore in Santa Croce, toccando con la mente un grande passato di artisti, letterati, filosofi, politici e banchieri – afferma la coppia - Se possiamo vedere più lontano è perché siamo sulle spalle di giganti”.

Il merito di questo intervento di restauro è senz’altro quello di accompagnare addetti ai lavori e visitatori a una rinnovata lettura dell’insieme composto dal monumento a Michelangelo e dall’altare Buonarroti con la sua pala raffigurante Cristo che per la via del Calvario incontra la Veronica, che porta ancora i segni dell’alluvione del 1966, il cui recupero sarà completato nel prossimo autunno. Le due opere furono realizzate su progetto di Giorgio Vasari, per volere di Lionardo Buonarroti, nipote ed erede di Michelangelo. Alla morte dell’artista, avvenuta nel 1564 a Roma, fu proprio Lionardo che riuscì, grazie all’appoggio del Duca Cosimo I de’ Medici e con un’azione rocambolesca, a trafugare il corpo dello zio per riportarlo a Firenze. Alla morte di Giorgio Vasari, il monumento venne realizzato da Giovan Battista Lorenzi detto Battista del Cavaliere, Giovanni Bandini detto dell’Opera, Valerio Cioli e Giovan Battista Naldini.

Va ricordato che il progetto originario di Vasari e Borghini voleva che al centro, nella posizione d’onore, fosse posta la Pittura. Lionardo ottenne da Cosimo che predominasse la Scultura nel rispetto della visione artistica di suo zio.  Il restauro sul complesso monumentale è stato condotto da Paola Rosa coadiuvata da Emanuela Peiretti. Le due restauratrici si sono formate a Firenze, la prima presso l’Opificio delle Pietre Dure e la seconda presso l’Istituto per l’Arte ed il Restauro “Palazzo Spinelli”.

Fonte: Ufficio stampa

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