Fa freddo a Belgrado, si toccano anche i meno 20. Non c’è possibilità di proseguire oltre perché la frontiera è chiusa ma c’è da vivere, scaldarsi, ed anche lavarsi nonostante il clima polare. Così ci si scalda e si vive dentro ad un capannone dismesso bruciando le traversine della vicina linea ferroviaria e, anche se sono miste a pece producendo un fumo acre e tossico, non si può fare altrimenti che stare lì vicino tendendo le mani alla fiamma. E ci si lava fuori, versandosi addosso l’acqua delle bottiglie che quasi non è possibile poi asciugare perché ghiaccia addosso. Sono alcune delle scene di vita quotidiana della rotta dei Balcani che siriani ed afghani hanno percorso dal 2015 e che l’obiettivo di Danilo Balducci ha fissato in una serie di splendidi quanto drammatici scatti fotografici durante i tanti mesi di permanenza e di cammino a fianco dei migranti. Fino al prossimo lunedì resteranno esposti nella biblioteca Fucini di Empoli (orario 9-21) e, fidatevi, vale la pena farci un salto per vederli.
La ‘linea invisibile’ è il titolo di questa mostra allestita all’interno del Balkan Florence Express e portata a Empoli grazie all’impegno dello Sprar dell’Unione dei Comuni. Un momento che serve a tante cose: prima di tutto ad uscire dal becerume dei discorsi che quotidianamente si sentono sul tema dei migranti, a capire, a vedere che sono persone come noi con le loro paure, le loro preoccupazioni, le loro speranze in un futuro migliore anche e soprattutto per i loro figli che tengono in alto nel guado di un fiume con l’acqua gelata, proteggono nello scenderli da un barcone stracarico o tentano di infilare nell’unico treno che passa quotidianamente e che rappresenta la sola chanche di proseguire nel viaggio senza dover aspettare il giorno successivo trascorrendo così un’altra notte nell’infermo di un campo o all’aria aperta. La speranza si mischia poi in alcuni casi alla tragedia col sub che emerge dal mare con in braccio una ragazza che purtroppo non ce l’ha fatta. ‘Open border’ recita il cartello esposto da un giovane, aprite la frontiera perché la sola cosa che questa povera gente chiede in questa Via Crucis è quella di arrivare ad un paese del nord Europa. Ma le stazioni da percorrere sono tante, troppe, piene di lacrimogeni, filo spinato e manganelli, accompagnati dalla cosa più difficile e perversa da accettare: essere respinti da quell’Occidente che è andato a fare la guerra a casa loro costringendoli a fuggire. Il tutto raccontato con quel fascino unico che solo il bianco e nero ha e che riesce anche a sbattere ancor più in faccia a chi guarda la realtà delle cose, la sofferenza di queste persone.
In mezzo a tanto dolore c’è però anche il messaggio più bello, lo scatto che raffigura il padre che lancia in aria il suo bambino giocando con lui nella desolazione del campo profughi di Idomeni (“la Dachau dei nostri giorni” come la definì il ministro dell’interno greco Panagiotis Kouroublis) dove la gente cerca riparo dal freddo sotto una tenda improvvisata. La sua voglia di giocare, nonostante tutto, è pari al suo diritto ad avere un futuro, un diritto di ogni essere umano.
La linea invisibile, mostra fotografica di Danilo Balducci, un appuntamento da non perdere.
Marco Mainardi
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