Ripulita e stabile: restaurata la colonna della Giustizia

Nuovo splendore per la colonna della Giustizia di piazza Santa Trinita: dopo un restauro durato otto mesi e 188 mila euro, il monumento è stato inaugurato oggi alla presenza del sindaco, dei tecnici e dei restauratori. Il progetto di recupero è stato realizzato grazie alla concessione di spazi pubblicitari.

La statua sulla sommità sorregge una bilancia con un braccio e una spada con l’altra. Al braccio che ha la bilancia è stato applicato uno speciale ‘tutore’ in bronzo per aumentarne la stabilità. La colonna, insieme alla colonna della Pace in piazza San Felice e quella della Religione in piazza San Marco, fanno parte del grandioso processo celebrativo avviato da Cosimo I de' Medici per la nomina a Granduca avvenuta nel 1570.

Il monolito collocato in piazza Santa Trinita, davanti alla chiesa omonima, è un dono del 1560 di Papa Pio IV alla casata medicea e proviene dallo spoglio delle Terme di Caracalla. Il colossale fusto, dopo essere stato debitamente imbragato, iniziò il suo viaggio arrivando, attraverso mille peripezie, per via d’acqua sino a Ponte a Signa e poi, per via di terra sino a Firenze, trainato per mezzo di argani piantati nel terreno e azionati da uomini e cavalli che lo facevano avanzare su rulli lignei a loro volta posizionati su travi. A soprintendere il trasporto erano stati incaricati Giorgio Vasari e, in particolare, Bartolomeo Ammannati.

Di fatto, la colonna inizierà a prendere forma definitiva attorno al 1570 quando sarà realizzato il rivestimento del dado di base in marmo bianco completato da una bordatura perimetrale in una breccia violacea proveniente dalle cave di Seravezza. La realizzazione della statua, che con la mano destra brandisce una spada sguainata mentre con quella sinistra solleva una bilancia, fu affidata a Francesco del Tadda e a suo figlio Romolo, specialisti nella lavorazione del porfido, i quali eseguirono la realizzarono sul modello preparato dall’Ammannati.

Per il completamento della scultura, costituita da sei pezzi di porfido rosso antico proveniente dai deserti egiziani, assemblati con perni e fasce in rame, servirono circa undici anni di lavoro e, solo dopo la sua collocazione, presumibilmente per equilibrarne le proporzioni, si provvide a dotarla di un mantello in lamiera di rame.

Il monumento prima del restauro si presentava come l’assemblaggio di parti ben distinte ed eterogenee ma sufficientemente coese, con marcate esfoliazioni del fusto. I marmi della base presentavano tracce di residui metallici provenienti dal mantello sovrastante. Malmesso anche il mantello, con diffuse ossidazioni e lacune, che durante i lavori è stato smontato e poi ricollocato.

Al termine dei lavori e in accordo con la sovrintendenza sono state eseguite indagini chimiche, fisiche, biologiche, mineralogiche e petrografiche per approfondire lo stato di conservazione del monumento. Queste indagini hanno evidenziato la presenza di microlesioni nel braccio sinistro della statua: queste sono state sigillate con resina fluida ed è stato poi realizzato un tutore in bronzo marino (ottone a bassa corrodibilità) che arriva al polso sinistro e funge da presidio alla mano che sorregge la bilancia.

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