Pochi giorni fa mi sono imbattuta nell’ennesimo articolo riguardante il degrado del parco Mariambini di Empoli. Nonostante i numerosi tentativi di bonifica da parte delle amministrazioni, il parco sembra non far dormire sonni tranquilli ai residenti. Purtroppo sono sempre numerose le segnalazioni di siringhe abbandonate, oggetti bruciati e vetri rotti.
Quello che sorprende maggiormente è che questa sembra esser diventata una tendenza diffusa nel nostro paese: basta fare una piccola ricerca in internet che ecco che saltano fuori decine di notizie simili. La domanda sorge spontanea: come possiamo migliorare la situazione e tentare un cambiamento?
Dal punto di vista progettuale, è importante considerare che in un parco cittadino fenomeni del genere sono purtroppo prevedibili. Ecco perché dovremmo limitare per quanto gradevoli siepi alte o gruppi ampi di cespugli che contribuiscono alla creazione di spazi riparati. In particolare nelle vicinanze delle zone perimetrali e lontane dal traffico pedonale o automobilistico sarebbe opportuno lasciare libera la visuale. La disposizione dei locali tecnici o degli eventuali bagni pubblici va regolata in maniera strategica, evitando il formarsi di zone in ombra o nascoste alla vista. La presenza di muretti o movimenti terra è sensibile e va pensata bene.
Sicuramente di fondamentale importanza è l’illuminazione che dev’essere presente in tutte le zone del parco, anche e soprattutto nelle zone più a rischio. La presenza di telecamere di sorveglianza ben segnalate sarebbe inoltre da considerarsi d’obbligo.
Purtroppo una soluzione efficace in ogni contesto non esiste. Bisogna valutare le criticità di caso in caso e tentare. Qualche anno fa di fronte al municipio di Ginevra venne installato “Mosquito”, un emettitore di suoni a 17mila hertz percepibile solo dai ragazzi under 30 come un sibilo fastidioso e martellante, con lo scopo di dissuadere eventuali writers dal vandalizzare la struttura. In alcuni bagni pubblici d’Europa e anche in Italia sono state installate lampade blu che rendono difficile l’individuazione delle vene per scoraggiare i tossicodipendenti. A Milano invece si è pensato di arginare il problema chiudendo numerosi parchi e giardini pubblici in orario serale.
Qual è quindi la soluzione migliore? A mio parere, oltre agli accorgimenti di cui abbiamo parlato, sarebbe importante dare nuova vita al parco: seguendo i modelli virtuosi di alcune città, potremmo suggerire l’installazione di chioschi dall’architettura gradevole, che aumentino la fruizione del parco e aiutino a fare da deterrente ai loschi traffici, usufruire del parco per lo svolgimento di feste o manifestazioni o ancora, perché no, destinarne una parte ad orti urbani o aiuole didattiche.
Ilaria Mancini
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