Dall'ospedale di Empoli fino in Uganda, quando la sanità si unisce alla solidarietà

(Foto Enrico Vallin)

Partire dalla Toscana per raggiungere l'Africa centrale, partire in missione per aiutare chi non ha le possibilità o i mezzi per curarsi e per stare bene. Questa è la missione di Enrico Vallin e di tutto un team di professionisti toscani che hanno abbracciato il progetto del Professor Roberto Santoro, direttore della Struttura di Audiologia e chirurgia oncologica testa-collo dell’Aou Careggi, per andare in Uganda per svolgere operazioni sulla tiroide alla popolazione locale. Otorinolaringoiatra in servizio all'ospedale San Giuseppe di Empoli con la passione della fotografia, Vallin durante le missioni realizza scatti dei luoghi in cui si trova e della popolazione locale.

Dottor Vallin, quando nasce questo progetto?

"Il progetto nasce 10 anni fa a cura del Professor Santoro, Direttore della clinica otorinolaringoiatrica 2 di Firenze, un collega che già lavorava in Africa in Kenya. Da oltre 20 anni si reca nell’Africa orientale e da circa undici presta la sua professionalità presso il St. Mary's Lacor Hospital, attualmente il maggiore ospedale non profit dell’Africa equatoriale con 554 posti letto per i 750.000 abitanti dei distretti limitrofi, nonché uno dei poli universitari della Facoltà di Medicina dell’Università Governativa di Gulu."

Per quale motivo è importante operare in Uganda?

"Il Professor Santoro aveva individuato la necessità di intervenire in Uganda perché la zona di intervento è una zona gozzigena, quindi a carenza di iodio e dove la popolazione si alimenta con la Kassawa, la nostra manioca, un tubero che contiene una sostanza tossica per il metabolismo dello iodio e che quindi rallenta la produzione dell'ormone tiroideo. Questi due fattori portano alla formazione di molte patologie tiroidee nella regione. Oltre a queste peculiarità territoriali, i chirurghi locali non operano volentieri la tiroide, trattandosi di un intervento particolare. La necessità quindi parte da lontano, il Professor Santoro ha identificato l'ospedale di Lashor, nel nord dell'Uganda come base operativa per compiere l'interventi. L'ospedale è molto grande, è stato fondato dalla Fondazione Corti, e con il passare del tempo è divenuto il più grande ospedale dell'Africa centrale non governativo, con più di seicento posti letto."

Che tipologia di interventi fate?

(Foto Enrico Vallin)

"Tutti gli anni facciamo una missione sotto tutela dell'Asl della Toscana centro, e per tre settimane facciamo una doppia attività: visitiamo i pazienti in ambulatorio e operiamo interventi di tiroidectomia. I pazienti che operiamo presentano grossi gozzi o sono affetti da ipertiroidismo e dal morbo di basedow."

In cosa consiste la vostra missione?

"Noi arriviamo il fine settimana e lunedì mattina apriamo l'ambulatorio. Ci troviamo davanti decine di persone, alcuni hanno anche con se qualche referto di controlli fatti precedentemente. In base alle caratteristiche cliniche ed economiche decidiamo chi può essere operato e chi no. Purtroppo l'intervento di tiroidectomia comporta assunzione dell'ormone Eutilox per tutta la vita, qui da noi ha un costo di pochi euro ma per molti pazienti è un costo molto elevato, e se non possono permetterselo noi non si possono operare.

Com'è la situazione sanitaria in Uganda?

"La situazione sanitaria dipende da due fattori: dove abiti e quanti soldi hai. Ci sono buone strutture come l'ospedale di Lacor ma sono in luoghi abbastanza sperduti. Inoltre ogni servizio sanitario è a pagamento, per svolgere un intervento di tiroidectomia, l'ospedale chiede 20 euro, una cifra che molte persone lì non si possono permettere. Per questo motivo abbiamo organizzato delle raccolte fondi, per pagare ai pazienti l'intervento e gli eventuali esami, si è cercato quest'anno anche di organizzare un servizio di lunga durata in maniera tale da garantire l'ormone tiroideo anche ai pazienti che non possono permetterselo."

Da chi è formato il suo team?

"Quest'anno siamo un'equipe formato da quasi ed esclusivamente da operatori del Ospedale di Empoli. Oltre a me c'è la Dottoressa Mancini Valentina e il Dottore Armando Brail che siamo 3 otorini che si occupano di tiroide. Inoltre è presente un chirurgo generale la Dottoressa Camilla Bing e due anestesisti Marco Luchini e Alessandra Melae e in più c'è uno strumentista proveniente da Careggi Giovanni Gianno. Siamo un equipe numerosa che è stata supportata anche da alcuni specializzandi di Careggi, i quali stanno collaborando con l'università di Gulu."

Quale è la reazione delle persone locali nel vedervi operare?

(Foto Enrico Vallin)

"La reazione dei locali è molto particolare, i i pazienti vengono accompagnati dai familiari che li gestiscono anche dal punto di vista alimentare, non essendoci una cucina nell'ospedale, sono i parenti che danno da mangiare ai pazienti. Ci sono molte persone e dormono insieme ai propri cari malati, anche in corsia. È un mondo totalmente diverso dal nostro.

Un momento drammatico che lo ha segnato?

"Un momento drammatico è stato quando abbiamo avuto un'urgenza importante che riguardava una paziente con ipertiroidismo. Era stata operata la mattina, ma ha avuto una così detta 'tempesta tirotossica' che ha causato una tachicardia ad altissima frequenza che ha portato ad un'arresto cardiaco. Il caso ha voluto che mentre facevamo il giro di ispezione, abbiamo saputo la notizia e siamo riusciti a intervenire in tempo. Purtoppo c'è un solo infermiere per un reparto enorme e sono più i parenti che avvisano i medici che gli infermieri."

Un momento che ricorda con piacere?

"Sicuramente l'atmosfera che si è venuta a creare con i vari colleghi, è nata un unione molto particolare. La sera ci si trovava a cena e dopocena in un' ospedale molto grande. L'ospedale è come una piccola città e al suo interno ha anche un grande giardino. Un'altra cosa bellissima è che la vita si svolge all'aperto e nelle strade c'è un mercato continuo e un via vai di gente molto caratteristico."

Lei ha la passione per la fotografia vero?

"Sì, io ho una grande passione per la fotografia, avevo intenzione di fare un safari fotografico e fotografare i vari animali presenti, però la cosa che più mi ha colpito è stata la vita nei villaggi. È una vita completamente diversa dalla nostra con delle difficoltà che per noi sono impensabili, come l'acqua. L'acqua c'è ma solo nei pozzi e si vedono tanti bambini e donne che con le taniche in testa si dirigono verso il pozzo più vicino per reperire l'acqua. Le persone vivono ancora in capanne con il tetto di paglia. Le persone tendono a vivere in nuclei familiari, la vita non si svolge nelle capanne ma all'aperto. Le persone vivono tutte insieme e mangiano tutte insieme."

La prossima missione per quando è prevista?

"Si ripartirà il tre gennaio 2025, poichè per loro è il 'periodo estivo' ed essendoci quindi meno volume di lavoro, ci possono offrire due sale a nostra disposizione. Staremo lì tre settimane."

Antonio Lanzo

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