Metalmeccanica toscana: boom dei profitti ma non degli stipendi

(foto gonews.it)

“L’industria metalmeccanica toscana tra crisi e transazioni”: è l’iniziativa organizzata dalla Fiom Cgil Toscana che si è svolta stamani presso il Centro Rogers di Scandicci. L’evento, patrocinato dal Comune di Scandicci, ha offerto un momento di riflessione collettiva sulla situazione industriale del comparto metalmeccanico nella nostra regione e proposto un’idea di sviluppo che risponda alle esigenze di lavoratori e imprese.

Sono intervenuti: Daniele Calosi, Segretario Generale Fiom Cgil Toscana; Yuna Kashi Zadeh, Vicesindaco di Scandicci; Matteo Gaddi, Centro Studi Fiom Cgil Nazionale; Eugenio Giani, Presidente Regione Toscana; Rossano Rossi, Segretario Generale Cgil Toscana; Michele De Palma, Segretario Generale Fiom Cgil Nazionale; Azzurra Giorgi, giornalista.

Ha detto Daniele Calosi, segretario generale Fiom Cgil Toscana: “In Toscana per le vertenze nelle aziende metalmeccaniche ballano 10mila posti di lavoro: dalle fiorentine Targetti e Gkn fino alla siderurgia a Piombino, dalla camperistica agli accessori moda, dall’automotive alla aretina Abb fino alla senese Beko e all’elettrodomestico. Tutto questo, mentre in generale le aziende del settore registrano fior di utili. E’ inaccettabile, la gestione delle perdite non deve ricadere sui lavoratori, si deve mantenere l’occupazione, fare investimenti, rinnovare il Contratto nazionale per difendere il potere d’acquisto, cambiare il modello di sviluppo gestendo la transizione ecologica: questo diciamo alle controparti. Con la Regione vogliamo condividere i piani di sviluppo, il Governo assicuri ammortizzatori e sostegno - ad esempio, detassando gli aumenti contrattuali - a un settore strategico per l’economia nazionale”

Ha spiegato Rossano Rossi, segretario generale Cgil Toscana: “Al di là di una certa propaganda, che vuole l’Italia come locomotiva economica d’Europa, la realtà è diversa. Oggi abbiamo parlato di un settore, quello della metalmeccanica, che in Toscana registra crisi importanti in ogni provincia, ricorso ad ammortizzatori sociali, licenziamenti. La manifattura è sempre stato un pilastro dell’economia toscana e dobbiamo difenderlo come tale perché tale deve restare, altrimenti si rischiano macerie, e non va bene che le aziende facciano utili senza redistribuire risorse ai lavoratori e senza investire. Oltre alle crisi industriali e alla mancanza di politiche industriali, abbiamo crisi economica e sociale, aumento delle diseguaglianze, sanità in difficoltà, ingiustizie fiscali: sono tante le ragioni per cui il 29 novembre scenderemo in piazza per lo sciopero generale contro la Legge di Bilancio”.

 

IL DOSSIER DEL CENTRO STUDI FIOM

Negli ultimi anni, le aziende metalmeccaniche toscane registrano un boom di profitti di cui però non beneficiano i lavoratori, perché non finiscono negli stipendi ma nei dividendi tra soci o in attività finanziarie. Si rilevano un aumento dell’export verso l’America (situazione che potrebbe creare qualche rischio qualora la nuova amministrazione Trump mettesse in pratica l’annunciata politica di dazi) e un aumento dell’import dall’Asia. I settori che più soffrono adesso sono siderurgia e soprattutto accessori moda. Sono questi i dati principali dello studio “L’industria metalmeccanica toscana tra crisi e transizioni”, realizzato da Matteo Gaddi del Centro Studi Fiom e presentato stamani all’iniziativa a Scandicci.

Nel dettaglio: nel secondo trimestre 2024 l’export di prodotti metalmeccanici è aumentato del 24% rispetto al primo trimestre 2022 (cala di un punto l’Europa, cala di nove punti l’Asia, sale di nove punti l’America); l’import di prodotti metalmeccanici (per tutti i settori economici toscani) è aumentato del 29% (cala l’Europa, cala di poco l’America, cresce di otto punti l’Asia)

Dal 2019 al 2023 gli utili delle aziende metalmeccaniche sono cresciuti da 713.335.000 euro a 1.664.781.000 euro; per questo lasso di tempo si può dire che mentre gli utili sono cresciuti del 133,38%, i costi del personale sono saliti solo del 21,8%; quanto al valore aggiunto, i costi del personale ne hanno assorbito il 10% in meno e i profitti il 10% in più

Nel 2019 il 39% dei profitti veniva reinvestito in azienda, nel 2023 il 25%: la differenza finisce in tasca a proprietari/soci o in attività finanziarie.

Lo stato di salute dei settori: dal 2019 al 2023 salgono gli utili in automotive, motociclo, navale, elettronica, macchinari; la siderurgia è cresciuta fino all’anno scorso, da lì ha iniziato a andare in perdita. Soffre l’accessorio moda, che nell’ultimo anno ha visto culminare la crisi: i grandi brand della committenza però godono di ottima salute in generale, quindi il problema è che si stanno strangolando i fornitori.

Fonte: CGIL Ufficio Stampa



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