Dopo l'assemblea pubblica il comitato "Salviamo la collina dal cemento" interviene sui progetti: "Non siamo contro i servizi offerti, ma contro la scelta di collocarli in suolo ancora libero. Andremo avanti"
Giovedì 1 agosto si è svolta a Sovigliana l’assemblea pubblica indetta dal Comune di Vinci per illustrare il progetto della costruzione di due RSA da 80 posti l’una (che di fatto costituiscono una unica RSA da 160 posti) da parte del Gruppo Carron (società leader italiana nel campo della costruzione) e i progetti previsti dalle Pubbliche Assistenze di Empoli: Casa Matilda, Ambulatorio Diagnostico, camere del commiato, sede operativa, bar, magazzino per mezzi della protezione civile e parcheggi.
La posizione del Comune è emersa molto chiaramente: si vuole andare avanti.
Il Comitato Salviamo la Collina dal Cemento, presente all’incontro, non sarà da meno: proseguirà quanto sta facendo perché continua ad essere convinto che queste opere, così come sono state pensate, siano profondamente sbagliate.
La posizione espressa dal Comitato fin dalla sua nascita è sempre stata molto chiara: non è contro i servizi offerti, ma contro la scelta di collocarli in suolo ancora libero dal cemento.
Siamo chiaramente di fronte a due esigenze, entrambe innegabili ed entrambe di pari valore: da una parte la necessità di fornire servizi socio-sanitari per la comunità, dall’altra la necessità di preservare il suolo, una risorsa che la stessa Comunità Europea ci ricorda essere “vitale, limitata, non rinnovabile e insostituibile, da preservare per le generazioni future.”
Un’amministrazione comunale che risponda alla prima istanza (assistenza socio-sanitaria), sacrificando l’altrettanto innegabile necessità collettiva di salvaguardia del suolo e della sua ricchezza ecosistemica, non sta facendo un buon lavoro. Per niente.
È ormai necessario cambiare il paradigma che vede l’ambiente sacrificabile in nome dei servizi e del lavoro.
Le Amministrazioni devono dimostrare di essere in grado di affrontare con competenza e lungimiranza le nuove sfide che ci aspettano in un futuro non troppo lontano: da un lato una popolazione che invecchia e quindi che necessita di più assistenza, dall’altra la necessità di preservare suolo e ecosistemi davanti ad una crisi climatica e alle conseguenti criticità legate all’estremizzarsi degli effetti climatici che sono altrettanto innegabili.
C’è la necessità di un’attenta pianificazione di politica sanitaria in grado di dare risposte efficienti e misurate, in primis, capendo se il modello RSA sia l’unica soluzione in risposta ai bisogni di assistenza per gli anziani, oppure se si possa rispondere a tali bisogni con un ventaglio di offerta più ampia (centri diurni, assistenza domiciliare, co-housing, ..) nel quale la RSA sia solo una delle possibilità (tra l’altro la più cara per i cittadini e Stato), fornendo una reale scelta alle famiglie sulla tipologia di assistenza più giusta, in base alle proprie necessità ed esigenze del proprio caro.
Siamo invece di fronte a privati, che individuato il ricco business della sanità privata, si rivolgono ai Comuni proponendo RSA sempre più grandi.
La Regione Toscana sta cercando affannosamente di tracciare una rotta riguardo entrambe le tematiche: le Leggi regionali 41/2005 e 2/2024 impongono che le RSA abbiano massimo 80 posti (al fine di evitare la nascita di maxi-strutture che rischiano di diventare solo luoghi di “custodia” e non luoghi di cura e di presa in carico) e la Legge Regionale 65/2014 sancisce il concetto di azzeramento di consumo di suolo, se sono disponibili alternative di riuso del patrimonio edile esistente.
I progetti proposti vanno esattamente contro entrambe queste indicazioni.
A proposito del riuso degli edifici, durante l’incontro il Sindaco Vanni ha detto che non esistono nel territorio di Vinci strutture esistenti che avrebbero potuto accogliere i servizi previsti. Se si cerca una struttura a Vinci in grado di ospitare 160 posti letto, è facile crederci.
Ma se si immaginassero strutture più piccole (e quindi in linea con la legge regionale) e dislocate anche nei comuni limitrofi, che non siano necessariamente il “copia-incolla” di un maxi-modello progettuale che Carron ha già usato in altre decine di luoghi in Toscana e in tutta Italia? In tal caso sembra difficile pensare che non esistano strutture riutilizzabili. Lo stesso vale per i servizi in progetto per le Pubbliche Assistenze.
Sarebbe più complesso trovare e ristrutturare ciò che già esiste? Certamente. Ma dobbiamo renderci conto che viviamo in una realtà estremamente complessa, e le soluzioni semplici (prendo un pezzo di campagna e ci calo sopra 10.000 mq di strutture) non sono più ammissibili. La comunità intera non si può più permettere queste scorciatoie ed è l’ora che la nostra classe dirigente, a partire dalle amministrazioni locali, dimostri di comprendere ed essere all’altezza di tali sfide, avendo anche il coraggio e la forza di tornare indietro se le strade intraprese sono sbagliate.
Fonte: Comitato Salviamo la Collina dal Cemento
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