Dopo l'anoressia, la rinascita. E ora un libro per raccontarsi: la storia di resilienza di Tommaso De Mizio

Quella di Tommaso De Mizio è una storia di resilienza. Di cadute e di risalite. Di sorrisi persi e poi ritrovati. È la vicenda di un giovane di ventidue anni che, ancora minorenne, ha avuto a che fare con l'anoressia. Dopo molte difficoltà ha iniziato un percorso di cure, è riuscito a guarire e, nonostante qualche logico strascico dovuto pure alla giovane età, adesso sta bene e parla senza timore di ciò che ha passato. E fa di più. De Mizio, originario di Torre (Fucecchio), ha deciso di scrivere un libro, di far conoscere quello che ha vissuto e aiutare chi sta soffrendo.

Il libro è in lavorazione, anche se in Italia non è facile riuscire a pubblicare senza avere tanti follower sui social o senza avere già un po' di fama. La storia di De Mizio è potente. Il ragazzo ha studiato al Cattaneo e ora fa l'università, ma il libro è nel cassetto: "Voglio scrivere questo libro, perché voglio dire che chi soffre può farcela". Ventidue anni, ma idee già chiarissime: "Bisogna aiutare chi ci sta intorno, ma anche farsi dare una mano e avere la forza di andare avanti. Se si vuole, ci si fa". Parla con lucidità il 'sindaco della Torre', come veniva soprannominato: "Molto spesso non viene vista come una malattia, è un problema. Voglio dire che ci si fa, non bisogna vergognarsi di chiedere aiuto. Qualora una persona ci fa del male, ci giudica, va evitata. Sono cose che fanno veramente male. Bisogna cercare di volersi un po' più bene, insomma".

E mentre il libro aspetta di prendere il volo, De Mizio ripercorre la sua vita già intensa nonostante sia giovanissimo. Cresciuto a Torre, da sempre attivo tra parrocchia, Caritas, contrada e associazionismo, già a 8-9 anni era un pilastro della piccola frazione collinare di Fucecchio. "Prima di avere questa malattia parlavo con tutti, ero ben voluto, stavo discretamente ed ero tranquillo" racconta. Poi qualcosa si rompe, perde lo zio e un vicino di casa che per lui era un grande amico. È l'anno scolastico 2017-18: "Mi sono sentito perso, nei momenti di solitudine non sapevo cosa fare. Forse per quella solitudine, quella noia, quella mente vuota, ho iniziato a pensare al mio corpo. Mi vedevo grasso".

Il calvario di De Mizio inizia con gesti come tagliare sui dolci, poi i fritti, poi altri alimenti: "Nell'estate 2018 mangiavo solo verdura, quando mangiavo. Ero sotto peso". La famiglia dapprima pensa sia qualcosa di normale, dovuto alla crescita, ma Tommaso De Mizio continua a dimagrire: "I miei fratelli hanno iniziato a sospettare qualcosa. La mia famiglia ha iniziato a starmi addosso. Io intanto non mangiavo niente, era estate e mi stancavo con nulla, mi addormentavo sempre, non avevo voglia di fare nulla". Se prima era il beniamino di Torre, adesso amici, contradaioli, compaesani non lo vedono quasi più: "Non andavo nemmeno a cena con gli amici, se andavo digiunavo. Cercavo anche di evitare il discorso sanitario coi miei".

Poi però la situazione si fa seria. Tommaso De Mizio ricorda tutto con fervida lucidità, si mette a nudo, racconta: "Devo tutto ai medici di Empoli, mi hanno salvato". Senza indugiare troppo sul periodo della malattia, basta sapere che ogni giorno il ragazzo della Torre va a Empoli per il pasto assistito: la famiglia lo porta e poi va a riprenderlo, è ancora minorenne. "Non era più vita, perdevo il controllo sia nel mangiare sia nel movimento, non potevo essere lasciato solo" dice oggi De Mizio, che parla anche del ritorno alla normalità, avvenuto in un momento particolare: "Ho ripreso il normo-peso a inizio marzo 2020, ero appena tornato a mangiar fuori con gli amici quando è arrivato il Covid".

Il lockdown non lo preoccupa, riesce a gestire tutto. Gli anni passano e la situazione si fa più tranquilla: "Continuo il percorso con la psicologa ma nel 2023 sono stato 'dimesso' ufficialmente e sono guarito. È stato difficile, ma ci si fa". C'è un lato negativo: "Ancora oggi ho perso delle amicizie, dopo la malattia non è stato facile riprendere quei rapporti interrotti". E ora, armato di penna, vuole essere un esempio per gli altri: "Chi soffre, alla fine può farcela".

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