Abbiamo aspettato alcuni giorni in attesa di un gesto che non è arrivato e per questo chiediamo noi le dimissioni del consigliere regionale del Partito Democratico Andrea Pieroni per il quale, insieme alla sindaca di Santa Croce Giulia Deidda ed ad altre 22 persone, è stato richiesto il rinvio a giudizio per l’inchiesta Keu.
Un intreccio che secondo il PM Luca Tescaroli faceva felici tutti: da una parte i politici che si mettevano a disposizione dell’Associazione Conciatori ricevendo finanziamenti per le campagne elettorali e le promesse di voto (i reati contestati alla parte politica vanno dalla corruzione all’associazione a delinquere). Dall’altra parte l'industria del cuoio che smaltendo scorrettamente i residui delle loro lavorazioni risparmiava ogni anno milioni di euro affidando lo smaltimento ad aziende come “Lerose”, già da tempo sotto il riflettore della DDA di Firenze che la associa alla potente consorteria mafiosa calabrese dei Gallace. Secondo l’impianto accusatorio uno degli anelli di congiunzione tra i vari livelli di potere era Ledo Gori, braccio destro di Enrico Rossi e capo di gabinetto per tutto il suo mandato da presidente delle Regione Toscana. Incarico poi confermato col cambio tra Rossi e Giani.
All’indomani dalle richieste di rinvio a giudizio dei Pm ed il successivo decreto di fissazione dell’udienza preliminare riteniamo che Pieroni si debba dimettere, richiamando quanto prevede la Carta di Avviso Pubblico, un codice etico per la buona politica, nato proprio a Pisa, che all’articolo 20 dedicato ai “Rapporti con l’autorità giudiziaria” recita, per i casi di rinvio a giudizio, l'impegno “a dimettersi ovvero a rimettere il mandato”. Sono inoltre previste sanzioni (articolo 21) in caso di inadempimento. Stupisce che ciò non sia ancora avvenuto, visti i ripetuti richiami a questa Carta da parte delle forze di centrosinistra negli anni. Richiami che però in questo caso non vengono fatti nei riguardi del consigliere Pieroni.
Ma purtroppo questo non stupisce visti numerosi commenti politici che abbiamo letto in queste settimane, a partire dal segretario provinciale del Pd Sabatino che omette, rimuove, non fornisce spiegazioni politiche, e ancora una volta si trincera dietro il silenzio sul tristemente famoso emendamento alla legge regionale 20/2006, redatto dall’avvocato Benedetti, consulente del consorzio Aquarno e presentato dai consiglieri del PD Andrea Pieroni, Antonio Mazzeo, Alessandra Nardini e Enrico Sostegni. Emendamento che mirava a sottrarre Aquarno dall’obbligo di sottoporsi alla procedura di autorizzazione integrata ambientale.
Certo, sarà il GUP a stabilire se ci sono “imputazioni azzardate” ma ad oggi esiste un protagonista politico in questa storia ed è il Partito Democratico.
Sulla debolezza di questa politica attecchisce la criminalità organizzata, che si incunea nella vulnerabilità del tessuto sociale e politico. Per questo motivo è importante oggi esporsi e nominare gli attori in campo: il Keu è veleno, la mafia anche. Per questo lo scorso luglio abbiamo depositato una mozione in consiglio comunale con cui abbiamo chiesto un impegno chiaro al Comune di Pisa a costituirsi parte civile nel processo.
Ci troviamo, infatti, di fronte ad un quadro in cui la Regione sta lasciando soli i Comuni sul tema enorme dei siti da bonificare, come quello di Pisa dell’ex Vacis, la 429 o il Green Park di Pontedera, dove i cumuli di terra contaminata giacciono “in ammollo” sotto teli impermeabilizzanti lacerati e consunti, coinvolti a novembre anche negli allagamenti dell'area. A questo si aggiunge che nulla si muove per la revisione e il rafforzamento dei controlli ambientali dopo questo scandalo.
L’Arpat, che ormai più di dieci anni fa veniva fortemente ridimensionata proprio nel Comprensorio del Cuoio, fra le proteste nostre e delle associazioni che rimasero inascoltate e nel silenzio totale degli amministratori locali, ancora attende una riorganizzazione che rafforzi il suo ruolo di soggetto di vigilanza attiva e terza dei processi produttivi.
Dall’inizio dell’inchiesta Keu il Partito Democratico ha scelto come strategia il silenzio totale sull’intera vicenda. Nulla è stato fatto a livello regionale sulla necessità di riformare il sistema dei controlli e stanziare risorse adeguate per mezzi e personale per Arpat. Non una dichiarazione è stata fatta sull’opportunità di potenziare l’Arpat proprio in quel sito produttivo al centro di più scandali e più inchieste, che hanno dimostrato chiaramente come l’economia toscana sia fortemente permeabile alle infiltrazioni mafiose. Solo la fine della politica delle deroghe e delle concessioni nella depurazione può mettere fine a questa infinita sequela di scandali.
Ciccio Auletta – consigliere comunale Diritti in comune: Una città in comune – Unione Popolare
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