Arrivato a Pisa col progetto per rifugiati, Mehari si è laureato in Scienze della Terra

È arrivato a Pisa grazie a UNICORE, il progetto University Corridors for Refugees promosso dall’UNHCR e dal MAECI per favorire l’accesso dei rifugiati all’istruzione universitaria in Italia, e dopo tre anni Mehari ha ottenuto la laurea in “Exploration and applied Geophysics”, discussa al Dipartimento di Scienze della Terra con relatore il professor Adriano Ribolini. Il suo è un grande risultato, arrivato dopo un lungo percorso che dall’Eritrea, passando dall’Etiopia, lo ha portato a Pisa come rifugiato insieme a Tesfalem, che si laureerà tra poche settimane in “Computer Science and Networking”. Alla discussione della tesi erano presenti per conto dell’Ateneo anche il rettore Riccardo Zucchi, Giovanni Federico Gronchi, prorettore per la cooperazione e le relazioni internazionali, Marcello Di Filippo, referente del progetto UNICORE per l’Università di Pisa, e alcuni rappresentanti dell’Ufficio per le Relazioni Internazionali.

“È un grande giorno per me ed è bello essere circondati dalle persone che hanno supportato il progetto UNICORE – ha commentato Mehari - A Pisa ho vissuto anni molto intensi, sono arrivato nel periodo difficile della pandemia ed è stata dura, ma con l'aiuto di tutti sono riuscito a raggiungere il traguardo della laurea. Adesso spero di rimanere qua, per il mio futuro spero in un dottorato oppure in un lavoro nel mio settore”.

"Tramite il progetto UNICORE l'Università di Pisa ha accolto due studenti rifugiati provenienti dall'Etiopia a partire dall'anno accademico 2020-21 – ricorda il professor Giovanni Federico Gronchi – Questa azione rientra a pieno titolo fra quelle realizzabili all'interno del Manifesto delle Università inclusive, promosso sempre dall'Alto Commissariato della Nazioni Unite per i Rifugiati con lo scopo di favorire l’accesso dei rifugiati all’istruzione universitaria e alla ricerca e di promuovere l’integrazione sociale e la partecipazione attiva alla vita accademica, al quale il nostro Ateneo ha aderito con convinzione. Non bisogna dimenticare inoltre che l'attività è in linea anche con gli SDG (Sustainable Development Goals), che hanno anche l'obiettivo di garantire un’educazione di qualità, equa e inclusiva al fine del benessere dell’umanità. È un grande piacere dunque assistere alla laurea del primo dei due studenti giunti a Pisa: questo è il segno che il programma funziona e vale la pena di proseguirlo e rimarca anche la stretta sinergia fra l’internazionalizzazione e la promozione dell’integrazione ed inclusione nella partecipazione attiva alla vita accademica".

"Quando viene fornita loro una concreta opportunità, i rifugiati dimostrano di essere una risorsa per la società ospite – aggiunge il professor Marcello Di Filippo – In fondo, chiunque di noi, in una situazione analoga, non chiederebbe carità, ma la possibilità di dimostrare quanto vale". "Abbiamo bisogno di belle storie per tenere accesa la luce della speranza, e questa è una bella storia: di accoglienza, di accesso all'istruzione universitaria, di sviluppo di competenze – commenta la professoressa Enza Pellecchia – Soprattutto ha il sapore di un futuro ricco di possibilità. Si tratta di un traguardo non solo individuale, ma collettivo".

Questo evento, che simboleggia la conclusione di un fruttuoso percorso iniziato nel settembre 2020, è stato festeggiato anche dai rappresentanti dell’ampia rete di partner locali, ovvero la Caritas Italiana, la Diaconia Valdese e la Chiesa Valdese, l’Associazione Sante Malatesta, i Medici con l’Africa Cuamm, il Centro Linguistico d’Ateneo (CLI), il Centro Interdisciplinare Scienze per la Pace (CISP) e il DSU Toscana, che durante tutto il ciclo di studio hanno assicurato agli studenti il supporto necessario (anche di tipo economico) e favorito il loro adattamento alla vita universitaria, in particolare nel difficoltoso periodo della pandemia. Tra questi erano presenti, in particolare, Francesco Paletti, responsabile degli osservatori delle povertà e delle risorse della Caritas Diocesana di Pisa, Adriana Papagna in rappresentanza della Diaconia Valdese, e Linda Graziadei del Gruppo di Pisa di Medici con l’Africa Cuamm. Anche grazie al loro aiuto e alla loro costante presenza, Mehari e Tesfalem si sono potuti integrare nel tessuto cittadino di Pisa e hanno potuto vivere al meglio la loro esperienza universitaria. A complimentarsi con il neolaureato c’era anche l’ex rettore Paolo Mancarella, che dopo la firma del Manifesto delle Università inclusive, aveva aderito in maniera convinta al Progetto UNICORE.

“Siamo molto orgogliosi di festeggiare Mehari, il nostro primo laureato del progetto UNICORE – ha detto il rettore Riccardo Zucchi alla fine della discussione della tesi – In questa occasione mi sento in dovere di ringraziare tutti gli enti che hanno aiutato i due ragazzi arrivati dall'Eritrea a integrarsi nella loro nuova vita a Pisa. Tutto questo dimostra ancora una volta che la missione di una università è sempre quella di favorire la crescita culturale, la conoscenza e il dialogo anche di chi proviene da situazioni difficili come i contesti di guerra. Proprio in questi giorni la CRUI, riferendosi al recente conflitto scoppiato in Medioriente, ha ricordato come le università siano, per la loro stessa natura, luogo di incontro e dialogo fra le culture, nonché di sviluppo di pensiero critico e razionale, strumenti ai quali guardare per ogni costruzione di pace”.

Fonte: Università di Pisa - ufficio stampa

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