Autismo, dall’intelligenza artificiale un supporto per diagnosi e trattamento

Un’innovazione per i medici ma soprattutto per le famiglie. L’iniziativa Healios (da heal, cioè cura in inglese) propone un sistema di telemedicina per la diagnosi e l’assistenza a distanza dei bambini con disturbi di spettro autistico. Senza dover uscire di casa, comodi sul divano e tra i propri giocattoli, i bambini e i loro genitori possono incontrare i clinici attraverso il monitor del proprio computer ed essere seguiti grazie a strumenti scientificamente validati.

La mente dietro agli algoritmi è quella di Davide Morelli, informatico laureato e dottorato a Pisa, che nell’azienda inglese ricopre il ruolo di VicePresidente per l’intelligenza artificiale. “Healios è cresciuta molto durante la pandemia in Gran Bretagna, - spiega - per evitare che le famiglie fossero abbandonate nel loro percorso. Ma è sempre più usata anche al di fuori dell’emergenza, sostanzialmente perché permette di ridurre drasticamente i tempi di attesa per una diagnosi”. Così oggi Healios è un servizio messo a disposizione del Servizio sanitario inglese (l’NHS).

Non si tratta semplicemente di una videochiamata con un clinico: “ma di un percorso completo diagnostico e terapeutico”, spiega ancora Morelli. E anche se al momento il servizio è in inglese, “ci sono i primi tentativi di traduzione in altre lingue e sicuramente a breve succederà”. Intanto l’iniziativa mostra il lato virtuoso della telemedicina: “l’intelligenza artificiale può essere di supporto alle decisioni del clinico, che resta un essere umano, anche perché la diagnosi e il trattamento dell’autismo sono percorsi lunghi e articolati”.

Ma la storia di Morelli e della sua competenza in ambito di medicina digitale è lunga, e comincia quando ancora era uno studente di dottorato all’Università di Pisa.

“Era il 2012 quando ho fondato Biobeats come spinoff dell’Università di Pisa”, racconta Morelli: “facevamo sistemi di acquisizione dei dati fisiologici, cioè cardiologici, sul sonno o del movimento”. La sede di Biobeats inizialmente era stata fissata in Gran Bretagna, dove risiedeva il socio di Morelli, il ricercatore David Plans. Ma un anno dopo venne spostata in California dove si poteva contare su investimenti maggiori. Il primo prodotto di Biobeats è stato un sistema che usava il battito cardiaco per comporre musica. “Poi, siccome il mondo discografico è troppo lento per una start-up, abbiamo finito per usare la musica per creare benessere”, aggiunge Morelli. Il risultato è stata una App che permetteva di rilassarsi con un sistema di feedback sonoro e visivo basato sulla respirazione e sul battito cardiaco. “Per esempio, poteva essere usata negli attacchi di panico. Ma non soltanto: era di grandissimo impatto estetico, in generale, ed ebbe grande successo”. Nel 2020 Biobeats è stata acquisita dalla inglese Huma, dove Morelli per due anni e mezzo è stato direttore dell’Intelligenza artificiale. “Intanto ho continuato a pubblicare e a studiare, e adesso sto finendo un secondo dottorato, questo in ingegneria biomedicale a Oxford”, chiosa Morelli.

Da Pisa a Oxford e ritorno, e poi di nuovo a Oxford senza lasciare Pisa. La storia di Davide Morelli sarà tra le testimonianze dell’evento Converging Skills: una cinque giorni di confronto pubblico su trasferimento tecnologico e open innovation organizzato dall'Università di Pisa che si terrà a giugno nella storica Aula magna nel palazzo della Sapienza. Cinquanta relatori in cinque giorni: tra loro startupper, imprenditori, investitori, top manager e ovviamente anche ricercatori e professori per confrontare le migliori pratiche internazionali di trasferimento tecnologico e open innovation e delineare metodi e percorsi di avvicinamento tra accademia e mondo produttivo.

 

Fonte: Università di Pisa - ufficio stampa

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