Si chiamava in realtà Giuseppe Fontanelli (1910-1977), il nome Bissietta nasce probabilmente quando negli anni 30 diventò un apprezzato autore di graphic novel, sue ad esempio le tavole di “Topolino contro il mostro di Loch Ness”, che imitavano il Mickey Mouse di Walt Disney. A Bissietta è stata dedicata un’importante esposizione a cura di Luca Macchi, aperta dal 9 febbraio al 17 marzo 2019, presso il palazzo Grifoni di San Miniato. Intitolata “La vita e l’arte, il ritorno a San Miniato”, nella mostra si restituiva l’idea di un artista importante, con alcune zone meno documentate, relative ai vent’anni passati in Australia e soprattutto ai primi anni, quando a Milano diventò un ottimo fumettista.
Era nato nel 1910 a San Miniato, e si lega alla storia della città, per tanti dati biografici, tra i quali bisogna almeno segnalare alcuni fatti assai significativi, cioè gli studi, iniziali presso il Seminario Vescovile, proseguiti poi a Firenze, presso l’Istituto d’Arte di Porta Romana, allievo di Libero Andreotti, infine a Milano all’Accademia di Brera. Ma ancora – e siamo nel secondo dopoguerra - l’impegno per le maschere e i costumi dello spettacolo senza dubbio più importante dell’Istituto del Dramma Popolare, cioè “Assassinio nella Cattedrale” di T. S. Eliot, realizzato da Giorgio Strehler e dal Piccolo Teatro di Milano nel 1948, e poi – dopo una vita comunque avventurosa – il rientro in città, nel 1970, e il suo realizzarvi ART, una scuola d’arte di carattere internazionale. Bissietta ristrutturò una piccola casa denominata “Rosicchio”, all’inizio di via Paesante, che ancora oggi si presenta in tutta la sua singolarità e fu, tra le altre cose, governatore della Misericordia dal 1974 al 1977.
È del resto, proprio nella chiesa della Misericordia, che Fontanelli ha posizionato un’opera senza dubbio di notevole valore - artistico ma anche affettivo - dedicata alle persone che nel 1944 morirono nell’eccidio nel Duomo. In questo grande legno, recentemente restaurato, sono ritratte una serie di figure molto riconoscibili, tra l’altro il pittore con a fianco la madre e i nipoti, dentro una sorta di visione di “incantesimo” (questo - come nota Luca Macchi - il titolo di molte opere degli ultimi anni), ottenuta grazie ad una luce e una scomposizione di piani, tipica dell’artista, che sembrava riavvicinarsi al divisionismo di Previati o di altri pittori inizi 900, con risultati molto convincenti.
Non a caso Nicola Micieli intitola lo scritto, che apre il catalogo della bella mostra dedicata all’artista nel 2019, con “Il più estroso e sperimentale pittore del
Novecento sanminiatese”, dando spazio ad una sorta di scuola della città, alle cui basi ci sono appunto Bissietta, ma anche Gajoni e Lotti.
Micieli, come anche noi e lo stesso curatore della mostra, cioè Macchi, si doleva delle molte falle che c’erano in quel momento nella ricostruzione del cammino di un’artista che si è mosso per il mondo, prima andando a concludere gli studi a Brera, la prestigiosa accademia d’arte milanese, poi nell’Africa coloniale, dove ha fatto il corrispondente di guerra, realizzando una sorta di cronaca grafico pittorica (che non escludeva quel trionfalismo, in quel momento, più che necessario), e poi dal 1949, trasferendosi addirittura in Australia. Tutti luoghi, insomma, forse troppo lontani (sia per la storia – il fascismo –, che per la geografia – l’altro continente, alla fine del mondo), dunque tali da non avere una adeguata possibilità documentaria.
Questo comunque non ha impedito di poter esporre a palazzo Grifoni una vasta scelta di opere, lavorando su alcuni documenti di prima mano, sufficienti almeno per questa prima ricerca. Ci sarebbe bisogno di proseguire, ma occorreranno studiosi e soprattutto fondi adeguati, Bissietta certo lo merita, in quanto sanminiatese, ma soprattutto come artista internazionale, che ad esempio in Australia, ha realizzato tutta una serie di opere quasi completamente da studiare, anche enormi murali che rappresentano il viaggio degli emigrati dall’Europa verso questa lontanissima meta. Lo stesso Bissietta, del resto, aveva fatto lo stesso viaggio, sulla nave S.S. Cyrenia, che arrivò a Melbourne il 7 dicembre 1949.
Fontanelli, durante la lunga traversata, stese un diario illustrato per il giornale di Piacenza, La Libertà. La sua idea originale era quella di redigere un resoconto per la stampa internazionale, sulla sua vita nel continente australe, restando lì con un permesso di soggiorno della durata massima di due anni. Fu davanti ad una serie di opportunità lavorative che, in realtà, decise di restare per vent’anni, insegnando in scuole internazionali, realizzando grandi opere e anche una galleria d’arte, la Bissietta Art Gallery, che a partire dal 1954, in collettive e personali, fece esporre a Sidney, molti artisti immigrati, provenienti da ogni parte del mondo. Anche attraverso l’elenco di queste mostre, su chi è stato presente in questi eventi organizzati da Fontanelli, si potrebbe comprenderne meglio la sua personalità e i suoi interessi espressivi.
Altro suggerimento che ci piace formulare, è quello di studiare gli anni milanesi dell’artista, ad esempio la prima personale, tenuta nel 1935 , con l’ingresso nella Famiglia Artistica Milanese, e gli anni successivi, come corrispondente di guerra in Libia, da cui trasse i materiali per due libri, pubblicati dalla casa editrice Gastaldi. Ma in particolare si dovrebbe studiare la tutt’altro che banale attività nell’ambito del fumetto e della grafica.
A partire dai primi anni 30, Bissietta collaborò ad una serie di riviste a fumetti e con editori specializzati nella produzione di storie su figurine, con testi in genere rimati, che si completavano solo a collezione completa. Storie appunto come quella di Pinocchio o di Orlando Furioso, fino ad un “Topolino e il Mostro di Loch Ness” (datato 1929-1930, ma forse un po’ più tardo, perché così sarebbe stato quasi contemporaneo alle prime strisce americane) che è considerato l’inizio di una produzione autarchica, che replicava molto liberamente – e illegalmente, ma allora i diritti d’autore erano un po’ meno rigidi degli anni successivi – il Mickey Mouse di Walt Disney.
Disney avrebbe sanato la situazione solo nel 1936, con l’ingresso di Mondadori e l’inizio della traduzione del fumetto originale, e soprattutto la realizzazione di opere di autori italiani, ma con la supervisione americana. Uno di questi disegnatori fu appunto un altro sanminiatese, Dilvo Lotti, che si trasferì a Milano, nell’immediato dopoguerra, rientrando però quasi subito a San Miniato. Per Giuseppe Fontanelli, o meglio Bissietta, invece la collaborazione a riviste come il famoso Audace o con case editrici specializzate e oggi molto studiate, come le edizioni Marca Stella, durò per molti anni, presumendone l’inizio nei primi anni 30, se non addirittura alla fine degli anni 20 (con un artista di appena 19-20 anni!), fino almeno agli anni 40, giacché esistono una serie di tavole, dedicate alla vita nelle colonie e la scaramucce militari contro gli Abissini, che non possono essere precedenti al 1942-1943, cioè al suo rientro dall’Africa (a causa di una ferita abbastanza grave), con relativo ritorno a Milano. Fu allora che iniziò a raccontare la sua esperienza in quadri (come “Osservatorio avanzato di artiglieria a Tobruk”, esposto alla XXIII Biennale di Venezia, nel 1942), nei libri e appunto nelle tavole a fumetti.
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