L’ordinazione episcopale di Giovanni Paccosi è fissata al 5 febbraio nella Cattedrale di Firenze; il 26 febbraio sarà il giorno dell’ingresso a San Miniato
Le parole di Giovanni Paccosi, nuovo vescovo di San Miniato: "Chiamata inattesa, la vivo come un dono"
Una chiamata inaspettata, ma al Papa non poteva dire di no. E così don Giovanni Paccosi, parroco di Casellina, frazione scandiccese alle porte di Firenze, è diventato Giovanni Paccosi, vescovo della diocesi di San Miniato. Prenderà il posto di monsignor Andrea Migliavacca, che nel novembre scorso ha lasciato il paese del Cuoio per ricoprire il ruolo di vescovo di Arezzo. L’annuncio è arrivato alla vigilia di Natale e l’ordinazione episcopale è fissata al 5 febbraio nella Cattedrale di Firenze, mentre il 26 febbraio sarà il giorno dell’ingresso a San Miniato. “Peccato, avrei voluto vivere l’ordinazione a San Miniato, ma la cattedrale è troppo piccola” ammette Paccosi, che nell’agosto del 2022 era stato nominato responsabile per l’America Latina della fraternità di Comunione e Liberazione
“Ero proiettato sul nuovo incarico ricevuto in estate, che prevedeva viaggi in più di venti paesi in un altro continente e addirittura vedevo molta difficoltà nel conciliare questo impegno con le attività della parrocchia scandiccese. I giorni delle feste natalizie sono stati molto intensi, tra la mia emozione e i tanti attestati di affetto che mi sono arrivati. Solo pochi giorni fa ho potuto ragionare con la mente più libera e vedere ciò che San Miniato rappresenta: un dono. Dalla prossima settimana cercherò di dedicarmi agli esercizi spirituali richiesti per chi diventa vescovo e di conoscere le realtà sociali ed ecclesiali sanminiatesi. A San Miniato ritroverò alcuni sacerdoti che hanno condiviso con me il percorso in seminario e a cui sono legato da un’amicizia quarantennale, nonostante abbia vissuto in Perù per 15 anni”.
La nomina di Paccosi arriva in un momento particolare nella città del Tartufo bianco: il nuovo pastore inizierà il suo ministero proprio mentre la Chiesa sanminiatese celebra il Giubileo diocesano per i 400 anni dalla fondazione.
Dalla Provincia al Perù
Sicuramente, a Paccosi – nato a Firenze nel 1960 – l’esperienza nel creare rapporti e fare rete non manca. Ordinato prete nel 1985, è stato parroco prima a Bagno a Ripoli, nella chiesa di San Martino a Strada, poi nel capoluogo toscano, a Santa Maria a Coverciano, la cui vicinanza allo stadio Franchi ha alimentato il suo tifo per la squadra gigliata. Nel 2001 avviene il grande passo e si trasferisce a Lima, in una parrocchia di 60mila fedeli.
“Sono stato il docente dei primi alunni della neonata Università Cattolica Sedes Sapientiae (Ucss), contribuendo a renderla una realtà affermata e importante in Perù. Dal 2008 mi ha raggiunto don Paolo Bargigia, a cui ero legato da un’amicizia fraterna iniziata da prima che diventassimo sacerdoti. Siamo tornati entrambi nel 2016, dopo che don Paolo si ammalò di Sla nel 2014.
I momenti difficili non sono mancati, il Perù è altro mondo: io sono sempre stato un appassionato dell’arte e in quella periferia ero spesso assalito dalla nostalgia della bellezza di Firenze. Stando là ho capito che la vera bellezza non è quella estetica, ma le persone. In Perù ce n’era tanta, da scoprire e valorizzare, oltre alla possibilità di compiere bellissime esperienze di fede sia in parrocchia che all’università. Senza dimenticare l’impegno culturale svolto nell’Università, dove abbiamo contribuito al recupero di momenti importanti della storia e della Fede del Perù”.
L’Ucss, inoltre, ha organizzato un programma di recupero scolastico dedicato ai giovani delle comunità native dell’Amazzonia, una zona caratterizzata da molteplici dialetti diversi e segnata da gravi difficoltà dal punto di vista educativo. “Con l’università abbiamo attivato un percorso scolastico che permettesse di acquisire il titolo di insegnante ai giovani di queste comunità: ad Atalaya, nella foresta della regione di Ucayali, abbiamo fondato un'università per i nativi - che il Papa nel suo viaggio in Perù del 2018 ha citato come esempio per tutti, ndr -: il campus Ucss-Nopoki. Da Lima mandavamo i nostri docenti, che insieme quelli locali insegnavano ai ragazzi locali. Su Facebook mantengo ancora le amicizie strette con alcuni studenti che avevano frequentato la scuola.
Gli anni di Casellina e il Giubileo di San Miniato
Come sarà stato tornare in Italia dopo 15 anni e passare da una parrocchia di 60mila abitanti nella periferia di Lima a una di dimensioni molto più ridotte come quella di Casellina? “In realtà – spiega Paccosi – la vita di una comunità parrocchiale, anche se riguarda città dall’altra parte del mondo, è molto simile, perché è una comunità di persone che vive nella Fede per aiutare il prossimo: si dota di strumenti educativi e di catechesi per giovani e bambini, cerca di stare vicina agli anziani e di soccorrere chi è più in difficoltà economicamente, nonché di costruire rapporti di pace e amicizia”.
Per far fronte ai numerosi problemi emersi durante la crisi Covid, l’allora parroco di Casellina era diventato guida di una rete costituita da parrocchie e Caritas, associazioni culturali, sportive e sociali, ma anche Case del popolo. Un compito realizzato grazie a dialogo e attenzione reciproca. Inoltre, a San Casciano la parrocchia di Casellina ha dato vita insieme ad un gruppo di residenti al progetto di recupero della chiesa di Sant'Angelo a Vico l'Abate, che ha cessato di essere parrocchia 60 anni fa. Con il supporto dei ‘vicini’ alla chiesa, proprietari di aziende agricole e agriturismi, è stata creata l'Associazione Sant'Angelo APS, volta a rendere la chiesa un centro di attività culturali, agricoltura sociale e sviluppo del territorio.
“Sono stati sei anni intensi e bellissimi. Per me è difficile lasciare Casellina. Certamente, mi porterò nella diocesi di San Miniato le esperienze maturate con le comunità dell’America Latina. Mi sono confrontato con monsignor Migliavacca, al quale mi lega un rapporto di cordialità e affetto, per continuare il percorso verso il giubileo sanminatese tracciato da lui e il suo predecessore. Avremo per i giovani un occhio di riguardo, poiché la Chiesa ha il dovere di ascoltarli e comprenderne desideri ed esigenze. Se il giovane non verrà aiutato a esprimere sé stesso, potrebbe finire prigioniero di un’esistenza improntata all’Apparenza. Recuperare le radici sarà fondamentale. Recupere le origini così da affermare qualcosa di originale e interessante per il mondo in cui viviamo”.
Giovanni Gaeta
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