L'intervista al campione europeo nella classe 1000 paralimpica di motociclismo: "L'incidente non è stata la fine, ma il punto di partenza della mia carriera e del mio impegno sociale"
La disabilità, i trionfi e... Chiara: in moto con Emiliano Malagoli
"Da bambino sognavo di correre in Moto GP. Chi l’avrebbe mai detto che sarei sceso in pista da disabile". Il terribile incidente stradale, avvenuto nel 2011, che comportò l’amputazione della gamba destra, ha segnato uno spartiacque nella vita di Emiliano Malagoli, 47enne di Montecarlo di Lucca. Una vita prima dell’incidente e una vita dopo. Questo è ovvio, obietterà qualcuno. Tuttavia, nonostante la 'perdita', è proprio in quel 'dopo' che Emiliano afferma di essere diventato un uomo e un atleta “realizzato”.
"Prima ero un pilota agonistico di basso livello, il salto di qualità nella mia carriera sportiva è avvenuto dopo l’incidente. Anzi, senza questo non avrei saputo quanto forte potevo diventare e conquistare quest’anno, a Jerez, il titolo di campione europeo nella classe 1000 paralimpica" racconta Emiliano, il quale è stato campione sia nel 2020 che nel 2021 della OCTO Cup, primo e unico campionato nazionale di motociclismo dedicato a piloti con disabilità. Pochi mesi del titolo europeo, il 16 aprile scorso, Malagoli - brand ambassador di BMW Italia - aveva pure trionfato sul circuito francese di Le Mans, in sella alla sua BMW S1000RR.
E poi, forse, non avrebbe conosciuto Chiara Valentini, la sua metà. Si incontrano nel novembre 2012, in occasione della 200 Miglia all’Autodromo del Mugello: lei – campionessa europea nel 2006, a Rijeka, nella classe 600 – torna a gareggiare dopo quattro anni di stop a causa di un infortunio alla spalla; lui è alla sua seconda gara in seguito all’incidente. La loro è una storia d’amore a 300 all’ora, che il 27 dicembre scorso ha tagliato il traguardo dei 10 anni.
Per Emiliano, Chiara non è soltanto l’amore della sua vita, ma anche il sostegno indispensabile per il suo impegno oltre la pista. Dopo tutto quello che aveva dovuto passare per tornare in sella, su strada come in gara, tra protesi, burocrazia e adattamenti strutturali alla moto, Emiliano parla a Chiara della sua idea: rendere la passione per la moto a prova di disabilità sia dal punto di vista sportivo che nella vita quotidiana. Insieme al suo supporto, il sogno di Emiliano mette il turbo. All’inizio organizzano corsi amatoriali e partecipano a fiere di settore, poi dopo due anni dal fatidico incontro, Emiliano e Chiara fondano l’Onlus Di.Di. Diversamente Disabili, la prima associazione in Italia che si è occupa di (ri)avvicinare al mondo delle due ruote i ragazzi disabili che per difficoltà economiche, burocratiche, logistiche e psicologiche non hanno avuto la possibilità di farlo. Di.Di.Diversamente Disabili, con il supporto di Federazione Motociclistica Italiana e del Comitato Italiano Paralimpico, organizza il campionato italiano dedicato ad atleti disabili.
"Nel 2014 viene allestito il primo campionato dedicato appositamente a motociclisti disabili, mentre l’anno successivo, nel 2015, in Mugello abbiamo organizzato la prima gara internazionale, con 40 piloti provenienti da tutto il mondo. Nel 2017 siamo arrivati in Moto GP con un campionato europeo. Un traguardo eccezionale: prima di noi non esisteva motociclismo paralimpico. Successivamente siamo stati riconosciuti dal Comitato italiano paralimpico, anche se il motociclismo non è uno sport presente nei Giochi, e dalla Federazione motociclistica italiana, nonché dalla Federazione europea, ottenendo così il diritto di organizzare campionati ufficiali a livello nazionale e continentale".
La scuola guida
L’impegno di Emiliano e Chiara non termina con lo sventolio di una bandiera a scacchi e prosegue la sua corsa dalla pista alla strada, protagonista di una vera e propria rivoluzione anche nel campo sociale, attraverso la nascita di una scuola guida dedicata ai disabili appassionati di moto.
"In Italia – spiega infatti Emiliano – la persona disabile in teoria può riprendere la patente motociclistica, ma in pratica prima che aprissi la mia non esisteva nessuna scuola guida in Italia che avesse in dotazione moto adattate in modo da permettere a un disabile di sostenere le lezioni su strada necessarie per conseguire di nuovo la patente. Quindi, il disabile doveva acquistare autonomamente una moto, adattarla alla propria disabilità e omologarla con adattamenti riportati sul libretto. Senza contare che nell’esame non potrebbe utilizzare qualsiasi tipo di moto, come ad esempio una Harley, quindi era costretto a comprarsi una moto che magari non piaceva, ma che risultava idonea per poter sostenere l’esame di pratica".
In collaborazione con una scuola guida di Pontedera, grazie alla quale i ragazzi vengono seguiti in tutta la parte burocratica, l’associazione acquista moto adattate e omologate per centauri disabili. La Scuola Guida Di.Di. Diversamente Disabili garantisce corsi - presso il circuito Tazio Nuvolari di Cervesina, in provincia di Pavia - che prevedono sia una parte teorica che pratica per tutti, con una cura particolare alle caratteristiche motorie degli allievi diversamente abili, mettendo a disposizione moto e scooter adattati in base alle differenti esigenze motorie.
"In questi anni abbiamo formato circa 100 patentati. Potrei dire che siamo gli unici in Italia che sanno come funziona, passo dopo passo, l’iter per far riprendere la patente moto a una persona disabile" assicura il pilota.
Mototerapia ed educazione stradale
Non vanno dimenticate, poi, le attività “in corsia” attraverso quella che Emiliano chiama Mototerapia: "Vado con una moto elettrica nelle corsie degli ospedali e porto ai bambini un po’ di allegria. Già da diversi anni agisco nel reparto di pediatria oncologica del Gemelli di Roma e prima del Covid ero ospite dell’Ortopedia Michelotti, a Lucca. Il mio sogno sarebbe offrire questa possibilità a ospedali come il Meyer, perché credo che faccia bene all’anima dare la possibilità di provare la bellezza della moto in situazioni ‘lontane’ dal contesto delle due ruote. Inoltre, quando è possibile, noleggiamo per qualche ora un circuito e facciamo provare a ragazzi non vedenti, tetraplegici o autistici quanto una moto possa essere bella".
Infine, con la sua associazione Emiliano si occupa anche di educazione stradale nelle scuole, con incontri in presenza e lezioni on line, con le quali ha portato la sua esperienza di vita e di motociclista a migliaia di ragazzi. "Se a raccontare i disastri che potrebbero accadere in strada è una persona che in un incidente ha davvero perso una parte di sé, l’insegnamento avrà un impatto maggiore".
Insomma, l’esperienza di Emiliano è la testimonianza che avere qualcosa in meno non significa vivere qualcosa in meno. "Diventare disabili – afferma il pilota – ti obbliga ad uscire dalla tua comfort zone. Dare il 100% non basta, devi dare di più. Se però non ti abbatti e oltrepassi quelli che credi siano i tuoi limiti, riuscirai a ottenere risultati che prima, da sano, reputavi irraggiungibili. La vita è una reazione alle scelte che prendiamo e ai comportamenti che adottiamo. Lamentarsi è inutile, significa focalizzassi sul problema e non sulla soluzione. Non bisogna abbattersi quando arriveranno le porte in faccia, anzi metterle in conto e prepararsi a reagire alla mazzata. Ci vorrà tempo, ma l’impegno ripagherà gli sforzi".
Tuttavia, la disabilità in Italia rimane ancora una sorta di tabù e l’idea di far gareggiare i disabili in moto ha incontrato molte resistenze: “All’inizio dottori e federazioni non pensavano che i ragazzi disabili fossero in grado di guidare una moto; dovevamo dimostrarglielo e lo abbiamo fatto. Abbiamo dovuto abbattere i muri alzati da una visione ‘limitante’, quando in realtà in tante situazioni una persona disabile è al pari di un normodotato, nel bene e nel male: è una persona o un atleta che trova un modo diverso per svolgere le attività”. E se lo dice il primo italiano con protesi a partecipare alla Maratona di New York...
Chiara: l'amore e la "Mente"
Certo, da solo Emiliano difficilmente avrebbe potuto farcela. Chiara è stata indispensabile, soprattutto all’inizio. "Io nel 2011 ero un signor nessuno – conferma Emiliano –, Chiara invece era già affermata: aveva vinto un campionato europeo, aveva lavorato in Tv con Giacomo Agostini e Marco Lucchinelli, ed era tecnico federale. Mi ha aperto la strada con contatti che non avrei mai avuto la possibilità di ottenere, mi ha insegnato a organizzare e gestire gli eventi e tutt’oggi segue l’associazione a livello social e web. È la mente che lavora dietro le quinte, io sono quello che ci mette la faccia e l’esperienza di vita".
Giovanni Gaeta
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