Archivi in dialogo, questo il titolo fortemente evocativo di un percorso che la Fondazione Istituto del Dramma Popolare ha iniziato da due anni a questa parte, dopo il riconoscimento del valore storico delle raccolte dello storico teatro di produzione sanminiatese e dalla volontà del consiglio di amministrazione di investire sulla storia di questo ente che i giacimenti documentari ancora preservano.
Il convegno di venerdì, nella splendida cornice della biblioteca antica del Seminario vescovile, ha avuto come fulcro "I fondi Orazio Costa per le arti dello spettacolo". Alla presenza di tutte le autorità cittadine - Sindaco, Vescovo, Accademia degli Euteleti, Commissione diocesana di Arte Sacra, Fondazione Tardo Medioevo – e del partner istituzionale Fondazione CRSM, il convegno ha esplorato quel mondo in apparenza polveroso degli archivi teatrali italiani nei quali si conservano le tracce dell’attività di Orazio Costa, regista e maestro di una vera e propria scuola teatrale che ha rivoluzionato la drammaturgia del dopoguerra.
L’idea di fondo del convegno è stata proprio quella, che possiamo dire pienamente riuscita, di "creare ponti" tra istituzioni e archivi diversi che detengono informazioni preziose per comprendere le arti dello spettacolo del Novecento e il ruolo di Costa nell’evoluzione della scenografia e del metodo espressivo. Erano presenti l’Archivio Costa della Fondazione Teatro della Toscana, l’archivio Fondo Andrea Camilleri di Roma e ovviamente l’archivio storico del Dramma Popolare, dove Costa ha lasciato un’impronta decisiva con ben otto regie a partire dalla famosa messa in scena del Poverello di Jacques Coupeau del 1950. I relatori, a partire dall’archivista del Dramma Alexander di Bartolo, hanno mostrato un affascinante percorso tra carte ritrovate, carteggi, manifesti, quaderni. Dopo la relazione introduttiva la parola è passata all’archivista Patrizia Severi, curatrice dell’archivio del maestro Andrea Camilleri, unico allievo di Costa nel corso di regia dell’Accademia nazionale di arte drammatica a Roma. Severi ha mostrato lettere, cartoline, copioni dattiloscritti impreziositi dalle annotazioni originali di Costa, che aveva costruito nel tempo un rapporto di sincera amicizia con il giovanne allievo siciliano.
Presenti la moglie dell’ideatore del commissario Montalbano e tutte le tre figlie, che hanno ascoltato con molto interesse anche gli interventi successivi nei quali il professor Pier Paolo Pacini, direttore del Centro di avviamento all’Espressione e del corso per attori "Orazio Costa", ha evidenziato alcuni aspetti della pedagogia di Costa e anche il rapporto umano e professionale con alcuni suoi allievi, tra i quali appunto il giovane Camilleri. Secondo Pacini la sceneggiatura e il metodo di Costa erano una sorta di "disciplina ascetica" che tendeva alla perfezione. Non deve meravigliare quindi che gli archivi Costa contengano documenti che raccontano questa apparente freddezza con i suoi allievi, che voleva essere in realtà spinta alla perfezione. Il professor Geraci dell’Università di Roma Tre ha invece raccontato e letto alcuni frammenti dai "Quaderni" di Costa che ha definito il cuore pulsante dell’archivio ma anche un’opera incompiuta. Chiedendosi se l’archivio può avere un cuore, il relatore ha incantato l’uditorio mostrando come l’archivio non sia solo polvere da far rimuovere a qualche appassionato ricercatore, ma sia parola viva. E secondo Costa "la parola è vocazione, e il teatro è con-vocazione". Di fatti l’ultima relatrice, la giovane ricercatrice Laura Piazza ha mostrato come la ricerca sulle carte di Costa sia ancora viva, anzi l’orizzonte si può aprire ben oltre il territorio di San Miniato o di Firenze o di Roma, e deve estendersi verso Milano, dove l’archivio della Fondazione Paolo Grassi e l’archivio del Piccolo Teatro della città di Milano, potrebbero rivelare aspetti inediti del rapporto tra Costa Grassi e Giorgio Strelher.
Fonte: Fondazione Istituto Dramma Popolare San Miniato
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