Il celebre critico d'arte, Luca Nannipieri, in uscita con Rizzoli con un libro su Canova e Napoleone, volto televisivo da RaiUno a Striscia La Notizia, si scaglia contro la Casa natale di Giotto:
"Da cittadino italiano, prima che da storico dell'arte, provo profondo imbarazzo, per non dire avvilimento, dopo la visita alla Casa natale di Giotto, gemellata dal comune di Vicchio, vicino Firenze, con la casa del Beato Angelico. Giotto e Beato Angelico sono due dei nomi dell'arte conosciuti a livello universale. Da tutto il mondo vengono a Firenze per i loro nomi, assieme a Michelangelo, Leonardo, Brunelleschi, Botticelli, Donatello, Cimabue. Per una Nazione come l'Italia che può e deve vivere trasformando questa eredità culturale non solo in orgoglio nazionalistico ma anche in conoscenza, vitalità, stupore, ricerca, appassionamento vivo, la casa natale di Giotto non può presentarsi con questo pressapochismo didattico, museografico, didascalico, che rasenta l'oratorio di parrocchia.
Nutro profondo rispetto per la buona fede dell'Associazione di volenterosi (biglietto d'ingresso 4 euro a persona, bambini 3 euro) che la gestiscono. Sull'importanza delle comunità e delle associazioni dei territori ho dedicato ampi capitoli nel mio volume "A cosa serve la storia dell'arte" (Skira), tradotto e pubblicato in Francia da L'Harmattan dal Professore Emerito della Sorbonne di Parigi, presentato al Senato della Repubblica e assieme ai libri precedenti nei maggiori musei italiani.
Dunque, avrò sempre indulgenza verso l'impegno, spesso gratuito o forfettario delle associazioni e delle persone che vi lavorano. Il grave imperdonabile errore, infatti, non è di queste associazioni: è di una Nazione, di un Ministero (che paghiamo), di istituzioni pubbliche (che paghiamo), che accettano che il luogo natio di uno dei 5 o 6 nomi universali dell'arte si presenti ai turisti stranieri e ai cittadini italiani in visita, con stanze amene, inappetenti, ritenendo che la sola riproduzione di particolari della Cappella degli Scrovegni di Padova, alcune foto del campanile giottesco e una stanza ludica per i bambini possano essere considerate la sola cosa da poter offrire.
Dopo aver visto quella casa, non sei entrato dentro la mente, il pensiero, la tecnica, l'audacia, la rivoluzione del genio di Giotto: non capisci come dipingeva, ignori quanti poeti, scrittori, artisti, studiosi hanno scritto su di lui. Non sai nulla di più.
Per un luogo di conoscenza, uscire senza una conoscenza aggiunta è un errore imperdonabile. Finita o meno la pandemia, con un'economia generale italiana barcollante, fustigata dai venti di guerra, con un numero impressionante di professionisti della cultura che sono alla canna del gas per disoccupazione o contratti infami, l'Italia non può più permettersi il pressapochismo nei luoghi di grande rilevanza storica, quale è appunto la casa natale dell'innovatore della pittura occidentale, da poco celebrato a Padova con la benedizione dell'UNESCO.
Simili luoghi debbono essere affidati a professionisti della storia dell'arte, che sappiano far uscire Giotto e la sua potenza attrattiva dal genuino spirito quasi amatoriale che aleggia in quella dimora: dinamismo, creatività, appeal mediatico, sponsor tecnici, media partner, approfondimento scientifico degni del XXI secolo, sono ciò che serve. Non siamo a Milano: siamo a Vicchio. Proprio per questo un luogo così simbolico, a livello mondiale, non può essere lasciato alle buone intenzioni. Deve diventare marketing conoscitivo. Un visitatore deve uscire dalla casa di Giotto e sapere in quali musei del mondo si trovano le sue opere, chi sono i suoi allievi, cosa ha cambiato nella storia dell'arte, dell'Italia, della cultura occidentale.
Uno deve uscire di lì e aver chiaro perché Giotto, assieme a Dante, Michelangelo, Leonardo, vengono considerati i padri fondatori della nostra civiltà. Per i bambini e i ragazzi serve l'appeal delle nuove tecnologie, altrimenti li hai perduti. Insomma serve il minimo basilare (non il massimo) affinché chi esca da quel luogo non ne esca imbarazzato, come ne è uscito il sottoscritto. L'Italia, se vuole sopravvivere sullo scenario mondiale e mettere economicamente e lavorativamente a frutto la sua arte e la sua bellezza non può continuare a gestire questi importanti luoghi in modo così stancamente cartellonistico, novecentesco. Anche perché così a perderci non è Giotto, ma l'amore delle future generazioni verso il miracolo delle sue opere e l'economia della nazione stessa"
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