Maltempo, Bottino (Anbi): "Non cerchiamo colpevoli, serve una presa di coscienza"

A fronte dell'ultima ondata di maltempo ecco una nota di Marco Bottino, presidente di Anbi Toscana.

“Di fronte a eventi meteo eccezionali nell’intensità ma ormai purtroppo frequenti, sembra essere diventato di moda cercare colpevoli anche se e quando non ci sono. È un errore: e lo dico non per difendere i Consorzi di Bonifica che rappresento e che spesso vengono chiamati in causa, ma perché così non risolveremo né mitigheremo il problema. Di fronte a un mutamento epocale come quello del clima non servono capri espiatori, ma occorre piuttosto un cambiamento radicale da parte di ognuno di noi, nessuno escluso.

Nelle ultime settimane abbiamo assistito a eventi diversi, tutti ‘anomali’ rispetto a quella che, almeno una volta, era considerata la normalità alle nostre latitudini: bombe d’acqua che hanno riversato a terra, in pochi minuti e in punti ben localizzati, il quantitativo di pioggia che si solito si registra in un mese o più, raffiche di vento oltre i 140 Km orari che hanno abbattuto alberi e fatto danni ingenti, chicchi di grandine grandi come palline da tennis che hanno distrutto le colture e non solo…

In tutti i casi c’è chi ha cercato un colpevole e una colpa: il gestore del servizio idrico per la pulizia di fogne e caditoie, i Consorzi di Bonifica per la manutenzione dei fiumi, il Lamma per le previsioni non abbastanza precise... persino i volontari delle Pubbliche assistenze sono stati aggrediti con l’accusa di non fare abbastanza. Gli errori esistono, ci mancherebbe, ed è giusto che i cittadini vigilino e critichino quando ci sono. E la rabbia di chi subisce danni va capita e soprattutto fatta seguire da aiuti concreti. Ma in tutti questi casi mi è sembrato di essere davanti a un’inutile caccia alle streghe che poco aveva a che fare con il (necessario) impegno che tutti gli enti devono sempre mettere nel migliorarsi. E anche con il lavoro che, almeno in Toscana, ha ridotto di molto i danni possibili a fronte di eventi di una simile portata.

Il fatto è che un danno non è automaticamente colpa di una mala gestione. A volte, e credo sia questo il caso, i danni derivano da situazione oggettivamente ingestibili (o gestibili solo in parte), da limiti concreti dei nostri sistemi e impianti ‘tarati’ per secoli su eventi di ben minore intensità, ma anche e soprattutto da scelte collettive sbagliate andate avanti per troppo tempo e che ora, di colpo, sommano le loro conseguenze. Inutile quindi fare ogni volta il “gioco del cerino” aspettando che qualcuno si bruci e pretendere subito soluzioni a problemi generati nel tempo dalle precedenti generazioni.

Abbiamo cementificato, inquinato, costruito dove non era possibile, edificato e poi condonato, tombato canali per realizzare sopra strade e palazzi, tolto alberi e boschi, trasformato stagni e pantani in zone industriali (come dimostrano tanti toponimi) abbandonato le coltivazioni collinari. Non è solo storia passata: c’è chi continua su questa strada.

Che fare allora? Dobbiamo ripensare i nostri modelli di sviluppo poiché gli interventi di gestione non bastano più. Dobbiamo potenziare progressivamente servizi, infrastrutture e attenzione da parte degli enti preposti certo, ma anche progettare il nuovo in modo diverso, cambiare il rapporto con l’ambiente, e in parallelo, insegnare ai cittadini ad affrontare l’emergenza in modo responsabile, evitando comportamenti a rischio per sé e per gli altri. Dobbiamo, insomma, assumerci una responsabilità collettiva per affrontare questi eventi: estremi, in parte imprevedibili e assai poco controllabili. Sapendo che, al punto in cui siamo arrivati, possiamo attutire il danno, ma non sempre eliminarlo del tutto”.

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