Circoli Rifugio di Arci Pistoia, accolta una famiglia afghana

Madre, padre e un bimbo di sette mesi in fuga dalla guerra e dalle persecuzioni in Afghanistan, e ora in salvo a Pistoia. È così composta la famiglia di profughi afghani accolta in città nell'ambito del progetto dei "Circoli Rifugio - Nessuno in strada" promosso da Arci nazionale per rispondere all'emergenza umanitaria scoppiata in Afghanistan un anno fa. La famiglia, arrivata sul territorio pistoiese grazie all'associazione Arci Madiba onlus che aderisce ai Circoli Rifugio, è atterrata in Italia da Islamabad (Pakistan) insieme ad altri 214 profughi afghani il 27 luglio, dopo essere stati costretti a vivere mesi in Pakistan, in fuga dal proprio paese.

Il viaggio verso l'Italia è stato reso possibile grazie alla firma del protocollo di intesa con lo Stato italiano, sottoscritto il 4 novembre 2021 da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Tavola Valdese, Arci, Caritas Italiana, IOM, INMP e UNHCR. Solidaire, in collaborazione co1 n Open Arms, ha contribuito all’organizzazione del volo dal Pakistan il 27 luglio. Per Arci si tratta del primo corridoio umanitario a cui prende parte, dando accoglienza a donne, uomini e bambini di origine afghana. In Toscana, in particolare, l'esperienza di accoglienza di Arci Madiba nei confronti della famiglia afgana è l'unica sul territorio, legata a un corridoio umanitario. Insieme ad altri arrivi dall’Iran, il 25 e il 28 luglio, i rifugiati afghani accolti nel nostro paese sono 300. Tre di loro hanno trovato una casa e un progetto di integrazioni ad attenderli proprio a Pistoia.

Il nucleo familiare arrivato a Pistoia è composto da Sadia N., il marito Abdul Salam., entrambi di 29 anni, e dal loro bambino Masih, di 7 mesi. Il piccolo è nato a Islamabad in Pakistan, dopo la fuga dei genitori da Kabul, la capitale afghana occupata dai talebani che nell'agosto 2021 - dopo la ritirata delle truppe statunitensi dal paese - hanno rovesciato il governo civile riprendendo il controllo dell'Afghanistan. Sadia è laureata in letteratura inglese e, prima di fuggire dalla sua casa a Kabul, lavorava da 9 anni nel campo della formazione e dell'insegnamento per il Ministero afghano. La sua lingua madre è il Dari e parla inglese, urdu e pashto.

Abdul Salam, marito della donna, è laureato in management, e ha 5 anni di esperienza lavorativa nel settore privato. In procinto di laurearsi anche in giurisprudenza, è stato costretto ad abbandonare gli studi per fuggire dalle persecuzioni dei talebani. Abdul parla Dari, Pashto e Urdu. In Afghanistan, la situazione di Sadia era piuttosto complessa, perché il padre è country director per il paese dell'ong Hand in Hand International, e per questo perseguitato dai talebani insieme al resto della sua famiglia.

Famiglia che, ancora oggi, si trova nascosta in Afghanistan. La situazione di pericolo ha quindi costretto la coppia di giovani sposi a fuggire dal proprio paese di origine nell'ottobre 2021 verso il Pakistan, rischiando anche la vita a causa delle violenze dei talebani presenti in ogni parte del paese. A Kabul Sadia e Abdul sono rimasti fino a luglio, e in quel paese è nato anche il piccolo Masih. «Sono una delle donne più fortunate tra gli oltre 38 milioni di persone del popolo Afghano - dice Sadia, che in Afghanistan si occupava di formazione per le giovani donne - E questo, grazie al fatto di essere stata portata in salvo in Italia con il supporto del governo italiano.

I talebani non solo hanno cancellato i diritti fondamentali delle persone, ma hanno anche distrutto i sogni e le speranze di libertà di milioni di donne e ragazze nel mio paese. Non vedo differenze tra Alqaida e l'attuale brutale regime dei talebani. Per questo, chiedo a gran voce alla comunità internazionale di rimanere al fianco delle persone innocenti del mio paese. Vorrei cogliere questa opportunità per esprimere la mia più sentita gratitudine al governo e al popolo italiano per la loro generosa ospitalità».

Il progetto di accoglienza di ARCI

Il progetto di accoglienza del Circolo Rifugio di Arci Madiba ha la durata di un anno e, per il nucleo familiare ospitato, prevede l'attivazione di corsi di alfabetizzazione, l'accompagnamento nella procedura per il riconoscimento della protezione internazionale, l'informazione e l'orientamento ai servizi a cui poter accedere sul territorio, insieme all'accompagnamento verso l'autonomia, la formazione e il lavoro. Nell'ambito del progetto è anche previsto il servizio di assistenza psicologica per iprofughi. I costi del progetto sono a totale carico delle associazioni proponenti, nell'ambito del protocollo d'intesa firmato tra i diversi soggetti. A contribuire in modo determinante, anche a Pistoia, per l'organizzazione dei Circoli Rifugio, l’impegno gratuito e volontario degli attivisti di Madiba e dei soci ARCI. Alla rete nazionale dei Circoli Rifugio dell’Arci, che offre accoglienza materiale e sostegno alle persone accolte tramite il corridoio umanitario, l’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai ha deciso di dare priorità con i fondi dell’8×1000 destinati proprio agli interventi di accoglienza e inclusione per le persone in fuga dal regime afghano.

Fonte: Ufficio Stampa

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