Quattordici giorni di quarantena per il titolare di un noto ristorante di Piombino. La figlia è risultata positiva al tampone, il resto della famiglia negativo. Ma nonostante questo, anche il ristoratore e la moglie dovranno stare in isolamento per due settimane.
Nel frattempo, chi porterà avanti il locale? «Ho dovuto assumere una persona e per fortuna ho una squadra in gamba, altrimenti sarei stato costretto a chiudere in piena stagione. Il mio lavoro, comunque, non lo può fare nessuno. Sto cercando di fare il possibile da casa, ma non è la stessa cosa. Non parliamo del danno di immagine. Meno male che lavoriamo con i turisti, perché, appena la notizia si è diffusa, sono fioccate le disdette e si è dimezzato il lavoro», risponde Davide Goi.
Caso simile a Venturina, dove i titolari di un bar ristorante sono in quarantena perché il figlio è risultato positivo al tampone. Nel frattempo, l'attività viene portata avanti dai dipendenti. «Quando io e mia moglie potremo tornare a lavorare? Non lo so. L'Asl dice quando il tampone di mio figlio sarà negativo. Nel frattempo, la voce si è sparsa e la gente ha paura di venire nel mio locale: ho perso un terzo della clientela, già ridotta a causa del Covid». Altro caso, ancora più grave, in Umbria, sul lago Trasimeno, dove il sindaco con un'ordinanza ha chiuso un locale storico in via precauzionale perché un membro dello staff è risultato positivo.
«Situazioni come queste sono destinate a moltiplicarsi, in vista dell'autunno. E quali tutele ci sono per chi sarà costretto a chiudere l'attività in nome della salute pubblica? Nessuna». A lanciare l'allarme è Pasquale Naccari, presidente di Ristoratori Toscana.
«Se viene rilevato un contagio in un locale, finiamo tutti in quarantena, lo staff, i proprietari, i familiari, e l'attività viene chiusa in via precauzionale. Ma per quanto? E dovremo richiamare tutti i clienti che sono stati a cena o pranzo nelle ultime due settimane? Chi lo sa. Regna la più totale incertezza. Ci saranno conseguenze economiche, per i dipendenti, per i proprietari dell'attività, per le loro famiglie».
«Il governo, però – prosegue Naccari – non ha previsto nessun risarcimento, né per i titolari è prevista la malattia. Cosa succederà se ci si ritroverà a stare 14 giorni isolati a casa? Chi lavorerà? Per non parlare dei danni di immagine per i locali. Il nostro indotto, a livello nazionale, supera i 100 miliardi di euro. Senza interventi rischiamo di perdere, tra lavoratori diretti e indiretti, 2 milioni di posti di lavoro». «A rischio c’è la stabilità di decine di migliaia di famiglie in Toscana. Il 50% dei ristoratori vive con gli incassi della giornata. Ci sono attività, sopratutto nelle città d’arte, che non fatturano da marzo. Alcune non hanno ancora riaperto e lo faranno a settembre, con questa spada di Damocle, ovvero la possibile chiusura dell’attività per contagi da Covid. Intanto la clessidra dei costi continua a girare: ci sono da pagare affitto, tasse, luce, costi fissi. Chi pensa a queste famiglie? Quanto potranno andare avanti in questo modo?».
«Per questo chiediamo al Governo – è l'appello del presidente di Ristoratori Toscana – norme chiare, indennità di malattia per chi non ce l'ha e indennizzi per tutte quelle attività che saranno costrette a chiudere per tutelare la salute di tutti. Chiediamo anche chiarezza rispetto alle procedure da seguire. Se non avremo risposte saremo costretti a scendere di nuovo in piazza».
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