La petizione diventa una lettera indirizzata al sindaco Paolo Campinoti. Parliamo della richiesta di 'salvataggio' del Teatro comunale, struttura fatiscente e abbandonata da decenni che su input dell'amministrazione diventerà un polo multifunzionale.
La lettera è firmata dai principali portatori di interessi di questa mozione conservativa, tra questi Franco Ciappi. La petizione online ha raggiunto 477 firmatari. Nella lettera si ipotizza il raggiungimento di un confronto e se ciò non avverrà un referendum come previsto da statuto comunale.
Ecco il contenuto della lettera:
I sottoscritti, a nome dei 477 cittadini firmatari della petizione allegata, chiedono che il progetto di intervento sull’ex teatro venga sospeso e che si dia inizio a un confronto serio e responsabile sulla presa di posizione espressa da tanti cittadini.
Sappiamo che l’iter di abbattimento e ricostruzione sta proseguendo secondo quanto deliberato dagli organismi competenti, chiediamo però che il Sindaco, gli Assessori e i Consiglieri comunali si facciano carico anche dell’opinione di tanti cittadini espressa nella petizione.
Lo Statuto Comunale, all’art. 46, prevede lo strumento del Referendum qualora una controversia divida l’opinione pubblica: ebbene, questo è un caso da sottoporre a referendum.
Perciò, se l’amministrazione non intende ridiscutere l’intervento, ricerchi almeno un’ulteriore legittimazione dei propri atti ponendo il quesito a tutta la popolazione. Non sarebbe certo difficile raccogliere le 200 firme necessarie per indire il referendum da parte del costituendo Comitato «Salviamo il Teatro», però sarebbe ancora più semplice (e in tempi più stretti), a norma statutaria, se lo stesso Consiglio Comunale proponesse il referendum.
Un atto del genere rappresenterebbe comunque sia l’esigenza di attestarsi, come amministrazione, sulle scelte fatte, sia di dare soddisfazione alle centinaia di persone che invece propongono soluzioni alternative. Un atto di democrazia che rimarrebbe negli archivi del comune e che ricucirebbe in modo definitivo lo strappo ben testimoniato dalla sottoscrizione della petizione allegata.
Petizione on line «Salviamo il teatro di Gambassi» lanciata su Change.org il 2 agosto 2021
Sul teatro di Gambassi, l’Amministrazione comunale sta prendendo una decisione di rilevante portata, anzi diremo, storica, senza aver interpellato i propri cittadini mediante un percorso di democrazia partecipata.
Sapendo cosa ha rappresentato per i gambassini questa struttura nel corso del tempo, per prima cosa, chiediamo all’Amministrazione comunale di sospendere l’iter burocratico intrapreso che porta inevitabilmente all’abbattimento dell’edificio e chiediamo un coinvolgimento della cittadinanza in una discussione pubblica sulle sue sorti.
In seconda istanza chiediamo che l’Amministrazione comunale prenda in considerazione le nostre seguenti proposte:
1) la possibilità di un restauro dell'attuale facciata e dei due prospetti laterali del corpo anteriore del teatro e, se questo non fosse possibile per accertati problemi di staticità, ecc.,
2) la possibilità di un rifacimento del corpo anteriore sulla base del progetto originario del 1920 e, con eventuali stralci successivi, delle parti posteriori.
Senza nulla togliere ai giovani progettisti e nel ringraziarli per il progetto proposto, che tuttavia riteniamo fuori luogo nel contesto urbanistico della piazza, proponiamo che sia dato loro l'incarico di ricercare l'originalità dell'opera, almeno esteriore come sopra indicato, e di proporre soluzioni nelle suddivisioni interne che prevedevano la possibilità di manifestazioni culturali, tipo quelle musicali, cinematografiche, artistiche, espositive, museali e convegnistiche.
Cosa è stato il Teatro di Gambassi Terme
Il teatro nasce come «Casa della Cultura per il Popolo da erigersi in Gambassi in memoria dei Caduti nella Guerra MCMXV-MCMXVIII», su progetto del 1920, elaborato dall’architetto Arcadio Ferranti e dall’ingegnere Enrico Marabotti. Tuttavia solo nel 1925 la Società Filodrammatica Rossini ottenne dal Consiglio comunale la cessione gratuita di un appezzamento di terreno per «fabbricare la propria sede
sociale e pro Cultura generale» con annesso teatro.
Due anni dopo l'edificio era già in piedi e fu inaugurato nel 1927: non fu costruito esattamente come prevedeva il disegno originario, ma vi si avvicinava molto. Tuttavia poco dopo (nel 1929) fu requisito dal podestà per farne la sede del Partito Nazionale Fascista. Durante la Seconda Guerra Mondiale l’edificio subì un incendio e un discutibile restauro (l'elegante frontone fu sostituito da un prospetto a capanna e i palchetti interni da una galleria).
Nel dopoguerra (nel 1947), pur rimanendo proprietà dello Stato, fu riaperto come Casa del Popolo e tale rimase fino al 1963, anno nel quale fu inaugurata l’attuale Casa del Popolo. Da allora l’Intendenza di Finanza ha concesso l’edificio prima come fabbrica di lampadine e in seguito come sede della Misericordia.
Con il suo abbandono la struttura ha subito un lento e inarrestabile degrado, per cui l’Intendenza di Finanza fu costretta a proteggere le murature, che minacciavano crolli, con costose impalcature metalliche.
Finché non lo cedette, quasi regalò, al Comune. Le amministrazioni comunali che si sono succedute lo hanno a loro volta abbandonato a se stesso, lasciandolo divenire il rudere attuale.
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