Alluvione in Versilia e Garfagnana, Mazzeo: "Investire risorse affinché non si ripeta"

Il 19 giugno 1996 i territori della Versilia e della Garfagnana furono colpiti dalla furia delle acque. Un’alluvione che causò 14 vittime e segnò un territorio che ha saputo essere un esempio nella ricostruzione.

Venticinque anni dopo, per ricordare le vittime, è nata una mostra diffusa tra Stazzema (18 giugno-11 luglio), Seravezza (18 giugno-11 luglio), Forte dei Marmi (8 giugno-1° agosto) e Pietrasanta (19 giugno-11 luglio). Un progetto firmato dagli artisti Gennifer Deri e Michele Pardini e curato da Lorenzo Belli.

Il presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo ricorda quella tragedia inattesa: “Io stavo per arrivare in Toscana, poche settimane dopo avrei iniziato il mio percorso universitario a Pisa e mi colpì profondamente per le immagini che si videro in tutta Italia. Ho voluto ricordare il 19 giugno, i 14 morti, le popolazioni colpite. All’epoca si pensava che fosse un evento unico, occasionale, in realtà i cambiamenti climatici ci hanno detto con forza che purtroppo dobbiamo investire sempre di più contro il dissesto idrogeologico, mettere risorse vere, importanti perché quello che è accaduto non accada mai più”.

“Purtroppo anche qualche anno fa a Livorno - ha aggiunto Mazzeo - abbiamo vissuto un evento di portata minore, ma simile. Allora questa è la sfida della politica, e nella buona politica ho voluto che ci fossero Vannino Chiti e Paolo Fontanelli che gestirono in maniera egregia quei mesi difficili, e ho voluto che ci fossero tutti i sindaci, perché nel ricordo collettivo c’è la capacità di guardare al futuro. Una mostra che sono orgoglioso di dire verrà ospitata nel centro espositivo del Consiglio regionale intitolato a Carlo Azeglio Ciampi”.

L’ex vicepresidente del Senato, all’epoca presidente della Regione Toscana, Vannino Chiti torna con la memoria a quell’evento drammatico: “Fu un evento che anticipò la vicenda degli uragani nel nostro Paese. Non registrato altrove, non uguale a tre, quattro chilometri di distanza. Noi trasferimmo lì un ufficio della Regione, poi decidemmo insieme ai sindaci di usare per i primi rimborsi l’autocertificazione, per quelli che avevano le case danneggiate. E fissammo un obiettivo, facciamo prima di quanto fanno in Germania, dove ci mettevano due mesi”.

“Riuscimmo a realizzare questo obiettivo - ricorda Chiti - con l’impegno dei sindaci e la responsabilità dei cittadini. E risparmiammo dei soldi. E nella ricostruzione utilizzammo degli strumenti eccezionali, ma con dei criteri rigorosi. Una ditta che vinceva un appalto non poteva partecipare a un appalto successivo di ricostruzione se no aveva terminato i lavori e sei i lavori non erano stati giudicati positivamente. Questo fu il modello. Il sottosegretario Barberi, che costruì questo modello più di noi, lo generalizzò”.

Il subcommissario per la ricostruzione era Paolo Fontanelli: “La Regione si misurò con quella sfida in maniera innovativa. Noi aprimmo un ufficio straordinario a Pietrasanta, portando lì alcuni dei dirigenti migliori. Diventò un punto di riferimento che permise di portare avanti un processo di ricostruzione molto complicato, in relativamente poco tempo. Un processo di partecipazione democratica che dimostrò di funzionare molto bene. Per la prima volta in Italia si parlò di una bomba d’acqua, che ebbe un effetto distruttivo perché provocò le frane dei castagneti abbandonati. Poneva questo problema, che la montagna, il territorio, se non è curato, può diventare un pericolo”.

“Un tema di grande attualità - spiega Fontanelli - perché l’Italia e la Toscana hanno grandi fragilità da un punto di vista idrogeologico. La lezione ancora oggi dovrebbe essere quella di intervenire seriamente per evitare quei rischi, ma immaginare anche di iniziare un’attività di manutenzione del territorio e della montagna senza la quale questi rischi non si eliminano. Bisogna pensare a un’idea di sviluppo che sia molto più rispettosa dell’ambiente, e l’opera di ricostruzione che abbiamo fatto era già improntata a un’idea di sostenibilità”.

In prima linea in quei giorni drammatici c’era il sindaco di Stazzema, Maurizio Verona: “Rimane una ferita aperta perché la nostra comunità in quell’alluvione ha perso 14 cittadini, quindi il primo pensiero va ai familiari delle vittime e alle vittime. L’alluvione è stata un’esperienza nella ricostruzione del territorio estremamente positiva, tant’è che è diventata un modello. Duecentocinquanta milioni di euro spesi bene per la messa in sicurezza dell’asse fluviale del fiume Versilia. Oggi questa mostra guarda anche un po’ al futuro, raccontando ciò che è accaduto. Rendendo protagonisti i paesani del comune di Stazzema, i cardosini soprattutto. La comunità della Versilia ha vivo questo ricordo ed è un ricordo purtroppo di una giornata funesta”.

Ricorda con “drammatica chiarezza” quei momenti il consigliere regionale Mario Puppa, allora giovane amministratore. “Ringrazio Chiti e Fontanelli per come hanno operato. Quella tragedia fu anche l’occasione per incontrare la Regione e capii quanto l’Istituzione era vicina ai territori”. Puppa ricorda il modello Versilia, gli interventi su opera strategiche in pochissimo tempo e l’esperienza maturate.

“Dobbiamo - dichiara - dare una risposta allo spopolamento dei nostri territori. Nella riflessione post pandemia, il dramma della fragilità delle aree periferiche deve restare centrale”.

Fonte: Regione Toscana - Ufficio Stampa

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