Smart working fa risparmiare 270 milioni di euro alle aziende

L’antefatto.“Coloro che possono lavorare da casa ricevono dei benefici finanziari diretti e indiretti e dovrebbero essere tassati per facilitare il processo di transizione per coloro che sono stati improvvisamente colpiti da questi processi": questo si leggeva su Deutsche Bank Research (2020 32).

La conseguenza è stata che la multinazionale tedesca ad agosto 2020, ha proposto esplicitamente l'adozione di una tassa del 5% a carico dei lavoratori a distanza.

A quel punto si è deciso di andare a vedere. Uniglobal union ha commissionato a Ires Toscana una simulazione sul settore nel credito da cui è emerso che il lavoro a distanza, piuttosto che offrire vantaggi economici diretti ai lavoratori, cambiava semplicemente la struttura dei costi a loro carico. Da un lato si risparmia in tempo e costi di viaggio; dall'altro una serie di spese (principalmente utenze e strumenti di lavoro) passano a carico dei lavoratori offrendo un vantaggio alle aziende in termini di risparmio sui costi.

Il vantaggio per le imprese bancarie è stato calcolato in 2.400 euro annui per addetto.

Il fatto. Cgil e Ires Toscana hanno deciso di indagare al di là del credito e di analizzare i risparmi per aziende di almeno 50 dipendenti di tre macro-settori (manifattura, Utilities & TLC, Servizi) del sistema economico regionale.

Sono 180.000 gli addetti e 900 le aziende nell’universo preso a riferimento.

Di seguito il modello di smart working per i tre settori:
-Manifattura: solo uffici interni, media di 0,3 giorni/settimana di smart working;
-Utilities & Tlc: media di 1 giorno a settimana di smart working;
-Servizi; media di 1,5 giorni a settimana (punte di 2,25 giorni/settimana in servizi assicurativi e servizi di supporto alle imprese).

Ne deriva una stima di 32.000 addetti al giorno al lavoro da remoto, il 18% della forza lavoro complessiva.

Il modello ibrido proposto consentirebbe un risparmio, tra minori costi ed aumento della produttività in assenza di incremento dei salari, pari a circa 270 milioni di euro annui.

Il risparmio è frutto di una diminuzione dei costi contrattili per il 24%, di quelli indiretti per il 28% e dell’aumento della produttività per il 48%.

Il dato medio per addetto annuo si attesterebbe, a seconda della tipologia di azienda e della composizione dell’ibrido, tra i 1.200 euro del manifatturiero e gli oltre 4.000 dei servizi.

Il vantaggio più grande è quello derivante dell’incremento della produttività, legato in particolare a dilatazione dei tempi di lavoro e reperibilità e all’assenza di regole per contenere le richieste aziendali fuori orario di lavoro standard.

"Da subito la Cgil si è posta il problema di contrattare il lavoro da casa e da subito ha posto il diritto alla disconnessione come un diritto irrinunciabile per porre un argine alla dilatazione del tempo lavoro che fa guadagnare alle imprese in termini di produttività, ma rende la vita impossibile ai lavoratori e soprattutto alle lavoratrici alle quali, e per la stessa ragione, non si può chiedere di lavorare esclusivamente da casa, il diritto al rientro deve essere garantito".

Così Dalida Angelini segretaria generale della Cgil Toscana che aggiunge: "Bisogna aprire una contrattazione a livello nazionale - contratti nazionali rinnovati di recente hanno regolamentato questa forma di lavoro – ma anche aziendale per far si che i risparmi netti delle aziende tornino in parte anche nelle tasche dei lavoratori. Il lavoro da casa, poi, porta benefici anche al territorio in termini di minore inquinamento ed allora si può pensare di aprire una discussione seria con gli Enti Locali e soprattutto l’Ente Regione in tema ambientale".

Fonte: Cgil Toscana e Firenze

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