Ne abbiamo parlato con Alice Pistolesi, giornalista dell’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo
Una questione mai chiusa si è riaperta venerdì 13 novembre 2020, quella nel Sahara Occidentale. Dopo anni di apparente silenzio, tra mancato referendum, occupazione di territori e missioni ONU, si è interrotto il cessate il fuoco iniziato nel 1991 tra Marocco e Fronte Polisario, movimento per l’indipendenza del popolo saharawi. Il fatto è accaduto dopo che, da circa venti giorni, la popolazione saharawi stava occupando il valico di Guerguerat, zona cuscinetto che separa il Sahara Occidentale da Algeria e Mauritania. Le manifestazioni non sono terminate e il conflitto, sospeso su un filo di lana, si è così riacceso.
Ne abbiamo parlato con Alice Pistolesi, giornalista dell’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo.
“Venerdì 13 si è avuto per la prima volta, dopo molti anni, uno scontro a fuoco tra Marocco e Fronte Polisario” – ha spiegato Pistolesi-. L’occupazione del valico, lungo il ‘muro marocchino’, stava avvenendo “perché la popolazione saharawi riteneva di essere espropriata delle proprie merci che provengono da una zona occupata”, quella del Sahara Occidentale, dove è presente il Marocco dal 1975. Rabat avrebbe dunque chiesto la fine di questa occupazione, ricevendo risposta negativa dal movimento per l’indipendenza saharawi: “I civili saharawi non hanno accettato di finire la propria manifestazione, che stavano svolgendo il maniera pacifica, quindi il Marocco ha attaccato questa zona. Un’area – ha sottolineato Pistolesi – cuscinetto, in cui non ci possono essere forze militari né di una né dell’altra parte, dove agisce la missione ONU MINURSO”.
La situazione oggi
“La situazione ad oggi è abbastanza drammatica perché continuano gli scontri tra le due fazioni” ha continuato Pistolesi. A distanza di una settimana dall’interruzione del cessate il fuoco, “sono proseguiti gli attacchi a zone militari poste lungo il muro”.
Quest’ultimo, lungo circa 2mila700 km, divide il territorio del Sahara Occidentale tra la parte controllata dal Marocco che si affaccia sulla costa e quella dei campi profughi abitati dai saharawi, fuggiti dopo l'occupazione e che ancora attendono di tornare nella propria terra. La costruzione, eretta dal Marocco e avanzata territorialmente negli anni è una tra le più lunghe del mondo, fortemente minata, composta da bunker e postazioni militari. “La situazione però è e sarà sempre più difficile soprattutto per i civili – ha proseguito la giornalista, ponendo l’attenzione verso coloro che “abitano nel Sahara Occidentale occupato e chi tutt’ora risiede nei campi profughi nel deserto algerino”, che saranno colpiti da “un peggioramento forte delle loro condizioni”.
La scheda del Sahara Occidentale sull'Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo.
Cosa rivendica il Fronte Polisario, cosa invece il Marocco?
“Quella del Sahara Occidentale è considerata l’ultima colonia. Il popolo Saharawi rivendica il diritto all’autodeterminazione. Dal 1991, col cessate il fuoco, è stata creata la missione ONU MINURSO” che, come ha spiegato Pistolesi, si tratta di una missione che oltre a vigilare sulla tregua, è dedicata alla promozione di un referendum con il quale i saharawi “avrebbero potuto decidere del loro destino”.
Una tensione che non è mai scomparsa negli anni, in un territorio diviso dal lunghissimo muro di sabbia, con un referendum non effettuato che non ha mai chiamato i cittadini a decidere. “Il Marocco invece considera quell’area come parte integrante del Regno, quindi negli anni ha pensato di poter concedere ai Saharawi un’autonomia, cosa che però questi ultimi non accettano”.
Nella nostra Regione, chi si schiera verso Rabat chiede all'Algeria di mettersi a fianco del Marocco e con l'ONU per disarmare le milizie del Fronte Polisario, come riporta una nota in cui si trovano tra i firmatari Federazione Africana in Toscana e Rete delle Associazioni della Comunità Marocchina in Italia.
Il ruolo dei caschi blu dal 1991: la fine della tregua
MINURSO, la missione di pace delle Nazioni Unite nel Sahara Occidentale, è stata più volte rinnovata nel tempo dal cessate il fuoco di 29 anni fa. Tra gli obiettivi, come la vigilanza sulla situazione di stallo, il rispetto delle zone controllate tra truppe del Polisario e Marocchine, è presente appunto l’organizzazione del referendum. “Più volte i saharawi hanno chiesto che nella missione ci fosse la sorveglianza dei diritti umani. Il primo novembre 2020 è stata rinnovata senza questa specificazione” – ha spiegato Pistolesi, contribuendo all’inasprimento della situazione, già attiva con le manifestazioni nel valico.
“Dopo l'attacco del Marocco, i saharawi hanno deciso che la via della pace si era esaurita”. L’intervento del Marocco, valso a liberare la zona cuscinetto di Guerguerat e passaggio di traffico commerciale, ha segnato dunque la fine della tregua con l’immediata risposta del Fronte Polisario. Come riporta la stampa sono in corso comunicazioni tra Antonio Guterres, segretario generale ONU e i vertici delle due fazioni, Brahim Ghali presidente della RASD e il re del Marocco Mohammed VI.
Le condizioni di vita nel deserto algerino “sono molto dure, tra tempeste di sabbia e clima arido”. Dall’occupazione a oggi sono passati 45 anni e se i saharawi pensavano di vivere come profughi per poco tempo si sono organizzati, vivendo comunque in “uno dei territori più ostili alla vita umana. Anche coloro che vivono nel Sahara occupato sono sottomessi al regime marocchino”.
“Quello che non deve succedere è che si arrivi alla normalità della guerra - ha concluso Alice Pistolesi – I Saharawi in questo momento chiedono un calendario sicuro di quello che sarà l’arrivo al referendum”. La guerra, come dichiarato recentemente dal presidente della RASD, continuerà fino al giorno della vittoria, “ovvero poter beneficiare del diritto all’autodeterminazione e poter ritornare in quello che considerano il proprio territorio”.
Per chi vuole saperne di più: ripercorriamo gli eventi principali
La questione del Sahara Occidentale si spacca, ad oggi, in due elementi fondamentali: l’autodeterminazione rivendicata dalla popolazione saharawi e la mancata unità nazionale, sul piatto del Marocco. Ma non è sempre stato così, poiché nella vicenda sono rientrate anche la Spagna, colonizzatrice, e le vicine Mauritania e Algeria.
Un anno dopo l’indipendenza, nel 1957 il Marocco rivendica il Sahara Occidentale, spagnolo fino al 1975. Nel 1966 le Nazioni Unite si pronunciano con una risoluzione, favorevole all’autodeterminazione. Parte così l’organizzazione dei Saharawi per l’indipendenza, fino al 1973, anno della fondazione del Fronte Polisario. Un anno dopo la Spagna inizia i preparativi per il referendum, per la spartizione del territorio. Nell’occasione si pronuncia la Corte Internazionale di Giustizia, stabilendo che il Sahara non fosse ‘res nullius’: c’erano vincoli di vassallaggio che legavano alcune tribù locali al sultano marocchino ed esistevano legami storici con il territorio mauritano, ma poiché nessuno aveva esercitato una effettiva attività statale, questi legami non costituivano diritto di sovranità e dunque i Saharawi avevano diritto all’autodeterminazione.
Hassan II, l’allora re del Marocco in carica, accolse solo la prima parte della sentenza e invitò la popolazione alla Marcia Verde, ovvero all’attraversamento pacifico della frontiera.
Con l’accordo tripartito di Madrid nel 1975, la Spagna abbandona la questione, lasciandola a Marocco e Mauritania. Quest’ultima fase provocò dure critiche dall’Algeria, innescando la ‘Marcia Nera’ con l’espulsione della popolazione marocchina. L’Onu non vidimò comunque l’accordo, continuando a considerare la Spagna potenza amministratrice. Un anno dopo la penisola iberica abbandona il Sahara Occidentale, Marocco e Mauritania si preparano per la spartizione del territorio mentre il Polisario proclama la RASD, Repubblica Araba Saharawi Democratica. Di qui a breve, nel 1979, il Polisario firmerà il trattato di pace con la Mauritania, che ritirerà le truppe dal territorio occupato.
Restano nella questione solo Marocco e RASD. Inizia la costruzione del muro dagli anni ’80 in poi, dando il via a quella che sarebbe diventata una guerra di logoramento. I combattimenti proseguirono fino al cessate il fuoco del 6 settembre 1991, monitorato dalla missione ONU MINURSO.
Tra i problemi per la selezione dell’elettorato il referendum tra indipendenza o annessione al Marocco, come precedentemente specificato, non c’è mai stato. I cittadini non sono per il momento stati chiamati a decidere, trasformando l’attesa in equilibrio, fino ad oggi.
Margherita Cecchin
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