La capacità di ricevere ed elaborare stimoli cognitivi è tipica dell’infanzia e dell’adolescenza, mentre tende a diminuire con il progredire dell’età. Cosa determina questo impoverimento? I ricercatori del Laboratorio Bio@Sns della Scuola Normale e del Dipartimento Neurofarba dell’Università di Firenze hanno realizzato uno studio che individua come responsabile della perdita di plasticità del cervello una molecola di microRNA. Se si inibisce la presenza di questa molecola nell’adulto, il cervello torna a mostrare la plasticità del giovane.
La molecola si chiama miR-29, ha una caratteristica forma a forcina ed è presente nelle cellule di tessuti come cervello, cuore, muscolo, vasi, in diverse specie animali quali uomo, topo e pesci. Nella corteccia cerebrale, la concentrazione di miR-29 aumenta di 30 volte tra l’infanzia e l’età adulta. Nessun altra molecola, tra le centinaia di microRNA presenti nella corteccia cerebrale, mostra un incremento così marcato.
Principale responsabile sperimentale dello studio è la dott.ssa Debora Napoli, perfezionanda in Neuroscienze della Scuola Normale Superiore, coaudiuvata dai perfezionandi Leonardo Lupori e Sara Bagnoli. Lo studio, che ha coinvolto un prestigioso team internazionale è stato coordinato dal prof. Tommaso Pizzorusso del dipartimento Neurofarba dell’Università di Firenze e dal prof. Alessandro Cellerino del Laboratorio di Biologia Bio@Sns della Scuola Normale di Pisa.
«I nostri dati ci hanno suggerito che miR-29 controlla la maturazione della corteccia cerebrale – spiega Tommaso Pizzorusso -. Inibendone l’azione abbiamo effettivamente verificato un aumento della plasticità neurale». «Una analisi molecolare approfondita condotta in collaborazione con l’Università della California a Irvine e con l’Istituto Leibniz di Jena per gli studi sull’invecchiamento ha dimostrato come i meccanismi di questa plasticità indotta siano identici a quelli che si osservano durante il periodo adolescenziale - aggiunge Alessandro Cellerino -. Comprendere i meccanismi che inducono la comparsa di questi freni molecolari potrebbe avere molteplici implicazioni: facilitando, ad esempio, il recupero delle funzioni cerebrali dopo traumi».
Per dimostrare la correttezza di questa ipotesi, i ricercatori hanno trattato dei topi adulti con una molecola che agisce da inibitore del miR-29. La ricerca ha anche coinvolto il Dipartimento di Ricerca Traslazionale dell’Università di Pisa, l’Istituto di Neuroscienze del CNR e l’Università di Leeds, ed è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista EMBO Reports.
Fonte: Scuola Normale Superiore - ufficio stampa
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