È un tardo pomeriggio di metà agosto, raffrescato da una leggera tramontana, quando Luca Nesi mi accoglie sul terrazzo della sua tenuta, Podere Ghisone. Situato poco fuori Montespertoli, a due passi da Lucardo, Podere Ghisone deve il nome alla località in cui si trova, un caratteristico borgo rurale di poche case, affacciato sulla Valle del Virginio, della quale offre un panorama spettacolare, fatto di morbide colline ricoperte di boschi e vigneti, punteggiate qua e là da case coloniche e antichi castelli. La storia della famiglia Nesi e quella di Ghisone sono intrecciate ormai da oltre 200 anni, mi racconta Luca infatti che i suoi antenati sono attestati su queste terre fin dal 1797, mentre la tenuta appartiene alla sua famiglia da quasi un secolo.
Ad oggi il podere conta 26 ettari di vigneti, dislocati tra Montespertoli, Lucardo e il comune di San Casciano, impiantati principalmente con varietà autoctone, a cui si aggiungono circa 2000 olivi, ed è condotto in regime di agricoltura biologica.
Luca, alla guida dell’azienda di famiglia dal 2009, ha infatti un approccio all’agricoltura fondato su un profondo rispetto della terra e dell’ambiente. Comprende che il suolo è un ecosistema complesso e fragile, la cui vitalità è indispensabile per uno sviluppo equilibrato delle piante e per una produzione sana e di qualità elevata, perciò nel corso degli anni fa suoi e mette in pratica i principi dell’agricoltura biologica, adottando anche alcune pratiche derivate dalla biodinamica.
Ciò comporta una maggiore attenzione e un maggiore impegno , ammette Luca, che segue in prima persona le varie operazioni colturali. Mi spiega che i trattamenti antiparassitari vengono effettuati in base al rischio effettivo e non a calendario, sono banditi i pesticidi di sintesi in favore dei tradizionali zolfo e rame, e le lavorazioni al terreno minimizzate per limitarne erosione e compattamento.
Vengono inoltre effettuati sovesci annuali per apportare al suolo sostanza organica e rinforzarne la struttura. La stessa cura e gli stessi principi accompagnano anche le operazioni di cantina. Massima igiene di attrezzature e locali, lavorazioni non “invasive”, meticolosa gestione dell’ossigeno; sono queste le principali accortezze che consentono da una parte di abbattere l’uso dei solfiti, dall’altra di ottenere vini capaci di esprimere al meglio il loro carattere e la loro tipicità.
Tipicità che lega e caratterizza tutti i vini di Podere Ghisone, tra i quali spiccano il Frescaia IGT, bianco a base di Trebbiano, delicato e fresco, come suggerisce il nome, il Vignapiana IGT, rosso da tutto pasto, schietto e fruttato, prodotto principalmente con Sangiovese, il
Senza IGT, particolarissimo rosso senza solfiti aggiunti, e il 1797, Chianti Riserva DOCG, Sangiovese in purezza, su cui vorrei soffermarmi in questo articolo.
Il Chianti è il vino simbolo della nostra zona e della Toscana in generale. Suscita amore e odio, gioiello della corona per alcuni produttori, male necessario per altri, anche a causa di un mercato a volte poco ricettivo nei suoi confronti e di un disciplinare che a poco a poco ne ha imbarbarito la natura. Tutti lo conoscono comunque, anche chi si concede un bicchiere di vino solo ogni tanto, ed è per questo che normalmente non ne scrivo nei miei appunti di degustazione, a meno che ovviamente non mi colpisca in modo particolare come in questo caso.
Single variety e single vineyard (e già per questo affascinante) il Chianti Riserva 1797 di Podere Ghisone è prodotto a partire da uve Sangiovese provenienti da un solo vigneto: poco più di mezzo ettaro, in località Gigliola a Montespertoli; viti di 20 anni, impiantate su suolo di natura prevalentemente argillosa esposto verso Est, allevate a cordone speronato.
Le uve, raccolte manualmente, sono sottoposte prima della fermentazione a macerazione a freddo, procedimento in cui le basse temperature favoriscono l’estrazione di sostanza colorante e componenti aromatiche dalle bucce. La fermentazione avviene poi in serbatoi in acciaio inox a temperatura controllata e al suo termine il vino ottenuto rimane per ulteriori 2-3 settimane in macerazione con le bucce per massimizzare da queste l’estrazione di tannini e antociani, fondamentali per la stabilità del colore, la struttura e la longevità del vino stesso.
Alla svinatura il vino è trasferito in tini di cemento, dove svolge la fermentazione malolattica, e successivamente in tonneaux, recipienti in rovere da 5 hl, in cui affina per 18 mesi. A seguito dell’imbottigliamento il Chianti Riserva riposa in bottiglia per un periodo di almeno sei mesi. E’ in quest’ultima e fondamentale fase, che può durare anche molti anni, che il vino matura e raggiunge il suo massimo potenziale organolettico.
Il Chianti Riserva 1797 viene prodotto solo in annate particolarmente favorevoli, ed io assaggio insieme a Luca la 2015, attualmente sul mercato ed ultima prodotta. Il colore è rubino intenso e, inizialmente timido all’olfatto, sprigiona con il passare dei secondi un bouquet sempre più particolareggiato e intenso, fatto di sentori delicati di viola selvatica e profumi dolci, scuri, di mora, mirtillo, ribes nero, prugna, amarena uniti a note avvolgenti di sottobosco, erbe aromatiche, tabacco tostato.
In bocca è pieno e caldo, con una fitta trama di tannini che, sebbene ancora non completamente maturi, donano struttura e complessità. Il finale è lunghissimo e lascia in bocca una generale sensazione di dolcezza, accentuata dagli intensi aromi di frutti di bosco percepiti nel retronaso.
Il Sangiovese è un vitigno lunatico, dal carattere a volte suadente, a volte ruvido e scontroso, e saperlo interpretare rappresenta spesso una sfida per i produttori. Per questo viene spesso vinificato insieme ad altre varietà complementari, e per questo, quando mi trovo di fronte ad un Sangiovese che riesce ad esprimere al meglio le sue qualità, ne vengo conquistato.
Il Chianti Riserva 1797, così chiamato in omaggio alla lunga storia che lega la famiglia Nesi a Ghisone, mi ha stupito perché è un Sangiovese riconoscibile, sincero, senza infiocchettamenti, le cui caratteristiche varietali sono esaltate dall’affinamento in legno e in bottiglia. Ha personalità da vendere e, seppure già pronto per essere gustato, dimostra ancora un notevole potenziale di invecchiamento. E’ come una giovane stella dello sport, con davanti un futuro radioso, ma che già regala lampi di pura classe.
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