Nella frazione di Mulina nel comune di Stazzema si staglia fra la natura rigogliosa e boschiva, rocce imponenti, fredde e scenografiche cascate il percorso di Calcaferro.
Esiste, fuori da questo percorso, una rete sentieristica composta da 6 cammini storico naturalistici all’interno del Parco Nazionale della Pace di Sant’Anna di Stazzema. In generale tutta la zona, e ogni frazione, è profondamente legata agli avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1944 si verificò la strage nazista di Sant’Anna nella quale morirono 560 persone, una delle pagine più tragiche della storia italiana ricordate ancora oggi, ogni anno, con grande presenza e commozione.
Proprio Sant’Anna è raggiungibile a piedi da Mulina, seguendo il sentiero CAI numero 4 fino a Farnocchia. Da qui, sempre sul medesimo sentiero si percorre la Foce di Farnocchia, Sennari fino a destinazione oppure si può arrivare a Sant’Anna seguendo il sentiero CAI numero 3, passando per la Foce di Compito.
La storia di Don Fiore Menguzzo, parroco di Mulina
Questa pagina di Passi da Principiante, la quinta, si concentra però su Mulina, sulla sua storia, sui suoi luoghi bellissimi all’ombra delle Apuane e celati dalle maestose fronde della vegetazione che non manca in nessun’angolo. Un paese in cui si respira aria pulita, lontana dagli stress delle città, dove si può passeggiare in tranquillità e fermarsi a mangiare qualcosa di tipicamente toscano. Il vissuto di queste zone si fa sentire appena vi si entra, anche oggi, 76 anni dopo.
Nella notte tra l’11 e il 12 agosto 1944 le SS arrivarono in paese, in compagnia dei fascisti versiliesi, mentre stavano andando a Sant’Anna. Le zone ricevettero quella estate un ordine di sfollamento che, per svariati motivi, venne disatteso dalle famiglie. Anche Mulina dunque non fu abbandonata dai propri abitanti che però iniziarono a nascondersi nei boschi circostanti. La famiglia del parroco di Mulina, Don Fiore Menguzzo, rimase a vivere nella canonica della chiesa. Don Fiore, nato a Cascina diventò parroco della chiesa di San Rocco di Mulina nel 1941. Una storia incredibile la sua poiché, dopo essere chiamato al servizio militare e inviato come cappellano in Grecia e Albania, fu catturato dai tedeschi e deportato in Germania dopo l’armistizio dell’8 settembre. Il parroco riuscì a fuggire e rientrò subito in Versilia. I primi giorni dell’agosto 1944 ci furono degli scontri tra partigiani e tedeschi da Mulina a Farnocchia e Don Fiore, che al posto del fucile era armato di grande carità, prestò le cure ai feriti. Per questo suo gesto fu proprio un tedesco ad attaccare un biglietto sulla porta della sua canonica chiedendo rispetto per il sacerdote e per il suo impegno. Ben presto però i nazisti classificarono l’attivismo di Don Fiore come vicino ai partigiani. Per questo quella notte, rimasta nella storia e viva ancora oggi anche negli occhi di chi non l’ha vissuta, le SS passando da Mulina di Stazzema andarono verso la canonica per uccidere Don Fiore. Probabilmente fu costretto ad assistere alla morte della propria famiglia, mentre la madre e un fratello si salvarono poiché non si trovavano a Mulina. I nazisti volevano da lui informazioni sui rifugi dei partigiani rimasti in zona. Così il sacerdote quella notte venne interrogato, picchiato e infine ucciso lungo la mulattiera che porta da Mulina a Farnocchia. Il suo corpo fu lasciato lì fino al permesso dei parrocchiani, rilasciato dai tedeschi, per la sepoltura.
Una targa in marmo è presente oggi sulla sua chiesa, che lo ricorda in occasione della Medaglia d’Oro al Merito Civile, insignita a Don Fiore Menguzzo il 15 novembre 1999: “Durante l’ultimo conflitto mondiale, si prodigava in aiuto di chiunque avesse bisogno offrendo a tutti assistenza e ricovero e quale generoso sacerdote consapevole del suo ruolo pastorale, tentava di conciliare le opposte fazioni per preservare la popolazione dai pericoli degli scontri armati. Fedele fino all’ultimo alla sua missione. Subì la rappresaglia degli occupanti che lo passarono per le armi dopo averlo costretto ad assistere allo sterminio dei familiari. Splendido esempio di umana solidarietà e alto spirito di abnegazione spinti sino all’estremo sacrificio”.
Il percorso di Calcaferro
Proprio da quella che era la chiesa di Don Fiore parte il quinto percorso di Passi da Principiante. La macchina, arrivati a Mulina, può essere parcheggiata nei pressi di via Provinciale di Stazzema. Dovrete comunque prendere come riferimento il campanile della chiesa, che si innalza accompagnato dai tronchi degli alberi. Una volta individuato il gioco è fatto... più o meno. Proseguite per la strada asfaltata in salita alla sinistra del campanile, superando le vasche in pietra fino ad un tunnel scavato nelle rocce naturali. (Consulta la mappa)
Una volta ai piedi della galleria entrate e percorretela fino all’inizio del percorso di Calcaferro. Lasciato alle spalle il buio sarete sbucati alle ‘Mulinette’: una luce abbagliante vi accecherà fino a farvi vedere davvero uno scenario che vale la pena di andare a visitare. Un ponticello di mattoni sovrasta un ruscello, la luce illumina il verde che diventa quasi un giallo, le goccioline d’acqua fanno brillare ogni cosa. Tutto il percorso sembra immerso nella giungla e tutte le strutture che vi troverete di fronte sono misteriose ed interessanti, ancora investite del ruolo che avevano un tempo solo che la natura se ne è appropriata, facendo scorrere tra mattoni e pareti le proprie imponenti radici. Passata la teleferica girate a sinistra, percorrendo un ponte di ferro: qui seguite il sentiero senza fermarvi e tornerete al punto di partenza.
La passeggiata di Calcaferro non è difficile, occorre circa 1 ora e mezza per concluderla e qua e la potrete rinfrescarvi con le cascate, oltre ad ammirare la loro bellezza. Unico accorgimento, alcuni tratti potrebbero essere un po’ più ripidi o scivolosi, dunque prestare un minimo di attenzione. Questo non preclude però l’esperienza che resta davvero adatta ad ogni età.
Lungo tutto il percorso sorgono ex miccifici e polveriere, proprio perché si tratta di una zona mineraria. La mineralizzazione del territorio è stata sfruttata dai tempi antichi fino alla fine degli anni ’80. I depositi più importanti erano quelli di piombo, argento e zinco delle miniere del Bottino e quelli di barite, pirite e ossidi di ferro nel territorio di Stazzema. La fabbricazione della polvere da sparo, che trovò il suo massimo sviluppo nel 900 quando era molto richiesta per le armi da guerra, necessita di vari strumenti tra cui pestelli, macine e botti e, alcuni resti sono ancora posizionati in giro e dentro gli edifici, ricoperti da foglie e muschio. I macchinari erano alimentati dall’energia idraulica. Mulina di Stazzema è stato per anni un centro di estrazione del ferro e della pirite, in parallelo alle attività industriali di produzione della polvere da sparo e micce. I miccifici del paese erano quello dei Fratelli Pocai e il Deri-Mossi, distrutto nel 1997 dalla frana di Contra.
Il percorso è un giro tondo che ritorna al punto di partenza. Si parte quindi dal tunnel di pietra per ritornarci incontrando sempre la teleferica, ancora presente, che veniva utilizzata per portare a valle il materiale ferroso. Prima camminerete immersi nella natura, un po’ in salita un po’ in discesa, fino ad incontrare le prime cascate e alcune grotte. È consigliato sostarvi davanti poiché sembra di stare sotto il fresco di un condizionatore, come quelli da casa, ma tutto naturale! Iniziano ad alternarsi giochi d’acqua e presenza di minerali, moltissimi tra cui il Quarzo, la Dolomite e l’Argonite, fatta a ciuffi di cristalli che rivestono spesso l’interno di queste gallerie.
Oltrepassate le grotte, cascate e fonti d’acqua si faranno sempre più presenti fino all’arrivo nella zona popolata dalle strutture, dove venivano prodotti micce e polvere da sparo. Oggi, nel silenzio più totale del luogo dove l’unico rumore che si può sentire è quello delle cicale alternato allo scorrere dell’acqua, lo scenario che si presenta davanti al visitatore è davvero coinvolgente. Sembra un villaggio popolato da creature fantastiche: scalini che scendono e salgono in mezzo alle felci, finestre e porte che ospitano spesso ancora oggi gli strumenti di lavorazione. Tra le strutture, tutte da esplorare senza entrarvi per ragioni di sicurezza, si trova una incredibile cascata. Da qui sembra piovere fortissimo, grosse gocce d’acqua ghiaccia cadono sulle spalle e sulla testa (se vorrete entrarci) facendo sicuramente dimenticare la quantità di gradi presente in estate.
Dopo gli ultimi edifici sarete ritornati al punto di partenza e lo potrete riconoscere grazie al ponte in ferro sulla propria destra, attraversato all’inizio.
Margherita Cecchin
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