Quarantatre anni sono pochi, troppo pochi specie per chi di cose da fare nella vita e di progetti in testa ne ha ancora tanti. Ma questi anni sono bastati per far piangere sinceramente chi Denise Latini l’ha conosciuta, anche se per poco, figuriamoci per chi l’ha frequentata restando contagiato dal suo fare battagliero, dal suo dinamismo, dalla sua contagiosa e genuina esuberanza. ‘Compagna Denise’ era il nome che più le si addiceva perché degli ideali e dei valori della sinistra aveva fatto non solo un credo ma anche un modo di comportarsi, di vivere la vita, di farli diventare una guida della propria professione di avvocato. Se qualcuno si vedeva calpestati i propri diritti, poteva sicuramente trovare in lei un punto di riferimento ed essere certo che avrebbe dato tutto quello che aveva per poterli difendere. Potevi pure pensarla diversamente da lei, ma ti saresti sempre e comunque trovato a rispettare i suoi valori, vedendo in lei quella coerenza fra quanto aveva in testa e quanto faceva nella vita, merce rara e privilegio di pochi.
Sulla pagina di ‘Sinistra, ecologia e libertà’ la ricordano con parole dense di significato e nelle quali è difficile non ritrovarla: “nelle feste di partito – si legge - in una stessa sera, eri capace di cucinare, discutere sul palco in un dibattito con deputati e ministri e dopo tornare a dare una mano a chiudere le cucine, per ripartire il giorno dopo”. E come loro sono tanti quelli che la ricordano, contagiati dal suo fare battagliero, attoniti di fronte alla tragedia, distrutti dal dolore. Chi scrive ha avuto il piacere di condividere con lei un’esperienza di viaggio particolare, nella lontana Cinisi per una delle annuali commemorazioni di Peppino Impastato. Con Filippo Torrigiani e Don Armando, promotori come ogni anno del viaggio, aveva insistito tanto per essere presente e così fu, col fazzoletto rosso al collo e l’immancabile sorriso. Proprio in quella occasione non mancò un salto a Portella della Ginestra, uno dei luoghi simbolo per chi crede in certi valori, il luogo dove nel 1947 la banda criminale di Salvatore Giuliano sparò contro la folla di contadini riuniti per celebrare la festa del lavoro, provocando undici morti e tanti feriti. Proprio in quel luogo si fece immortalare con il classico pugno rivolto al cielo, quel cielo dove è volata troppo presto, tradita da quel cuore che aveva sempre usato nella sua vita per difendere i più deboli. Addio Denise
Marco Mainardi
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