C'è un albero immenso nei pressi della Stazione Ferroviaria di Empoli. E’ Impossibile non rivolgergli uno sguardo, anche fugace, anche inconscio. Purtroppo è stato recentemente contrassegnato da un simbolo di colore blu che, per gli esperti del settore,indica una o più “problematiche dell’albero”. Problematiche queste che probabilmente ne giustificheranno presto il taglio. Se poi questo gigante si è ammalato anche per spregevoli capitozzature, oltre che per le sue naturali malattie, o perché invece ne sono state ricoperte le radici da asfalto drenante (come se questo fosse una garanzia di benessere) dobbiamo fare uno sforzo e mettersi l’anima in pace . Oppure, come preferisco io, lottare fino alla fine per il rispetto di questi esseri.
Comunque conciato così, con “quell'occhio blu”, a me sembra un grande ciclope pronto ad essere colpito dalla rapida e fredda fionda umana. La sua chioma ombreggia l'assolata zona di Piazza Don Minzoni alle porte della Stazione da diverse decine di anni. Chissà a quanti viaggiatori ha offerto il proprio riparo.
Lui che rappresenta il frutto dell'incontro tra oriente e occidente non può essere che l'albero perfetto per una Stazione Ferroviaria. Qui, dove le persone, poesie, amori, merci e animali arrivano e ripartono da e per ogni parte del mondo. Il Grande Platano della Stazione Ferroviaria di Empoli è di dimensioni ragguardevoli. Credo possa rientrare nella classificazione di albero monumentale i cui criteri sono indicati nel Decreto 23 ottobre 2014 ovvero "Istituzione dell'elenco degli alberi monumentali d'Italia e principi e criteri direttivi per il loro censimento". Nel caso del Platano, per essere classificato monumentale, questo deve avere almeno 400 cm di diametro.
Dalle foglie simili all'acero questa varietà sembra nascere dall'incontro di due platani provenienti da due zone geografiche diverse che si sono venuti ad incontrare pacificamente verso la fine del XVII secolo nell'attuale Inghilterra o Francia. Questi due platani sono il platano orientale/europeo (originario dell'Asia) e quello occidentale (“americano”). Nacque così un ibrido, un ibrido speciale, degno frutto dell'amore senza confini. IL figlio di questo amore è il Platanus Acerfolia dei nostri viali rappresentante di quello che viene definito tecnicamente "vigore ibrido".
Significa che l'unione, la biodiversità dei due ceppi originari (Occidentale e Orientale) uniti inseme hanno creato un “ albero potenziato" in vitalità e resistenza. Il Platano ibrido, infatti, è un albero estremamente resistente all'inquinamento. Nel suo periodo storico di maggiore successo, in piena rivoluzione industriale, veniva piantato accanto alle fuligginose fabbriche inglesi. Un vero amico dei polmoni operai. Come il serpente il platano si "squama" partendo dalle “placche” della propria corteccia. È il motivo di aspetto a "tuta militare" (che ne sottolinea forse la resistenza) ma, ancor più poeticamente, "a pelle di serpente" che fin da piccolo ha fatto volare la mia fantasia. Nelle nostre zone il platano è presente in diversi punti. Ho un ricordo molto bello dei platani che ombreggiano la strada che da San Pierino porta a Fucecchio.
Questo albero maestoso affronta le difficoltà cambiando pelle e facendolo si adatta e prospera offrendo tutti i vantaggi tipici degli alberi in città : ombra, ossigeno, vapore acqueo, assorbimento anidride carbonica, barriera frangivento e frangi suono, bellezza, casa per la biodiversità animale, frescura.
Il Platano, sotto il nome di "Platano Picchiatore" appare anche in Harry Potter. È il custode di un passaggio segreto, celato sotto il suo tronco. I platani appaiono in un bellissimo dipinto di Vincent Van Gogh intitolato “Grandi Platani” custodito a Cleveland negli Stati Uniti nel Museum of Art. In tutto l’Oriente il Platano veniva considerato un albero sacro, simbolo di Dio e pertanto piantato vicino ai templi e alle fonti (Platano e acqua sono spesso rammentati assieme nei testi storici a sottolinearne la sacralità). E' stato ricordato da Plinio il Vecchio, ingiustamente, come albero “senza divinità”, inutile, sterile, non fruttifero, e per questo motivo degno rappresentante dello sfrenato lusso della società romana. In realtà il Platano è stato ricordato nelle memorie di Alessandro Magno che sotto di esso ebbe un importante sogno rivelatorio. Catone nel de agricoltura inserisce per due volte il platano, unica pianta sterile, in una serie di piante fruttifere e aromatiche che in una villa di produzione meritano di essere moltiplicate. Ma è Ovidio a scolpire il Platano nella mitologia greca ricordandoci questo albero nella storia tra Zeus ed Europa.
Ed ecco la storia. Ci troviamo sulle spiagge della Fenicia nei pressi di Sidone. Su questi splendidi bianchissimi lidi, Europa, figlia di Agenore, re della vicina Tiro, gioca con le amiche. È incantevole, a tal punto che Zeus, colpito e innamoratosi pazzamente, cerca il modo per conquistarla. Zeus prende le sembianze di un bellissimo toro bianco di un bianchezza accecante, simile a quello della neve. Le sue corna, piccole e delicate, con la loro sagoma levigate nobilitano in un aspetto mansueto e docile il grande animale. La bella Europa ne rimane colpita e non sfugge ad un animale così elegante ed innocuo. Vinta piano piano l'iniziale timore la fanciulla si avvicina al toro, e comincia a giocare con lui porgendogli fiori, intrecciando allegramente verdi ghirlande per le sue corna. Zeus, sotto le sembianze del toro, ardente di desiderio, gioca con lei sull'erba, distende il fianco sulla sabbia dorata. La principessa gli si appoggia sul dorso e si lascia condurre dolcemente fino alle onde che accarezzano la riva. E così Zeus mette in atto i suoi intenti, prende il largo tra i flutti, conducendo in mezzo al mare la sua preda che, piena di timore e aggrappata alle corna del suo sconosciuto rapitore, rivolge lo sguardo confuso, atterrito e innocente verso la sua terra. Non vi fece mai più ritorno. Giunse invece a Creta, dove Zeus, deposte le sembianze di toro, si unì a lei a Gortina, vicino ad una fonte e vicino ad un platano che ebbe il privilegio di non perdere mai le foglie in ricordo di tali amori (ma di amore non possiamo davvero parlare), mentre il toro bianco e mansueto divenne una costellazione posta tra i segni dello zodiaco.
Guarderete ancora il platano della stazione di Empoli con i soliti occhi? In molte culture la foglia del platano viene associata , per la sua forma, alla mano umana. Ogni foglia di platano che cade, forse, è per ricordarci la nostra ancestrale unione con questi esseri viventi. Che non parlano, non ridono. Immobili e mansueti non lasciano a terra niente se non se stessi. Ed è incredibile: senza di loro nessun uomo o animale potrebbe esistere e vivere sulla Terra.
Alessio Arrighi
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