Si torna a produrre
Il ritorno della società ad una normalità che, per quanto diversa dalle nostre abitudini, è sicuramente più simile ai comportamenti che avevamo prima del virus rispetto a quanto accaduto durante i mesi di marzo e aprile, consente all’economia di attenuare la morsa della crisi che è avviata alla fine di febbraio con i primi casi di COVID-19. Il mese di maggio segna così una netta inversione di tendenza rispetto al bimestre precedente, quantomeno nella quantificazione dei risultati congiunturali.
Se andiamo ad osservare la variazione della produzione industriale rispetto al mese precedente infatti scopriamo che la Toscana ha recuperato molto a maggio con un balzo del +55,8% rispetto ad aprile (il dato nazionale si ferma ad un +42,1%). La ripresa della produzione industriale però non è sufficiente a raggiungere i volumi di output generati nello stesso mese dell’anno precedente, a dimostrazione di come l’impatto
rapido della crisi non sia smaltibile in tempi altrettanto veloci. Nel mese di maggio infatti l’indice della produzione industriale toscano è inferiore di 24 punti percentuali rispetto a maggio 2019 (il corrispondente dato per l’Italia indica una contrazione del 20,3%).
I danni economici legati all’accelerazione del virus nel resto del mondo
L’IPIR per il mese di maggio riferito alla Toscana indica un valore pari a 81,7 il che significa trovarsi ancora oltre 16 punti al di sotto del livello minimo mai registrato nei quindici anni che hanno preceduto questa epidemia. Come sappiamo, la condizione di sottoutilizzo della capacità produttiva è stata determinata nei mesi di aprile e marzo dalla chiusura delle attività; in questo primo mese di riapertura nvece la distanza dai livelli produttivi del 2019 è determinata in larga parte da una mancanza di ordini, soprattutto quelli proveniente dall’estero. Molte economie nelle America, sia al sud che al nord, stanno sperimentando proprio in queste settimane l’impatto violento del virus che, anche qualora ciò non abbia comportato un lockdown normativo, ha modificato radicalmente i comportamenti di spesa delle famiglie limitando molto i consumi.
Stiamo quindi sperimentando in questa fase quello che potremmo definire l’effetto indiretto del lockdown. Anche in questo caso la pandemia ci sta insegnando come è difficile immaginare un vero recupero della normalità se questo non avviene contemporaneamente in tutte le aree del mondo. L’elemento positivo di questa evoluzione mensile risiede nel fatto che un recupero solo parziale era ampiamente nelle attese formulate anche nelle settimane scorse. Anzi, rispetto alle ipotesi che avevamo formulato nella nota precedente di commento all’IPIR di aprile il dato effettivo riscontrato nel mese di maggio va addirittura al di là dello scenario ottimista che avevamo ipotizzato in quell’occasione.
Non si può certo tentare di estrapolare da un singolo dato la proiezione del comportamento che si avrà nei prossimi mesi ma, anche senza eccedere in ottimismo, possiamo comunque prendere atto del fatto che il percorso di recupero è avviato ad un ritmo anche più di intenso di quanto ci si potesse attendere.
Difformità della caduta per le varie regioni
Il recupero della Toscana è marcato non solo rispetto alle nostre aspettative ma anche rispetto a quanto sembrano aver fatto le altre regioni italiane. Il tasso di variazione mensile congiunturale indica infatti un rimbalzo che è secondo solo a quello delle Marche (che nel mese di maggio rispetto ad aprile ha fatto registrare una crescita del 65,8%). Le due regioni distrettuali del centro Italia erano state anche le più colpite durante il lockdown e questo recupero, in buona parte naturale per gli stessi motivi che avevano determinato i risultati di marzo e aprile, consente loro di riavvicinarsi all’andamento dell’industria osservato in media a livello nazionale.
Che la natura di questo rimbalzo sia di fatto tecnica lo dimostra anche l’elenco delle regioni ordinate per tasso di crescita mensile. Di fatto, si assiste quasi ad una totale inversione dell’ordine rispetto ai due mesi precedenti. Le regioni che avevano fatto registrare i risultati peggiori si trovano ora a recuperare di più delle altre. Il risultato complessivo è una relativa riduzione delle differenze che si stavano producendo nelle primissime settimane di questa esperienza.
Se guardiamo in particolare alle principali regioni rispetto alle quali siamo soliti fare il confronto possiamo dire che l’industria del Piemonte recupera rispetto al mese precedente grazie ad una variazione congiunturale del 47,2% che la porta ad avere una produzione mensile che, seppur sia assai più bassa rispetto allo stesso mese del 2019 (-24,3%), comunque risulta più vicina a quello che accade in media in Italia, almeno rispetto a quanto accadeva ad aprile. Anche la Lombardia, sicuramente l’area più colpita dal virus, si trova nella fase di recupero ma lo fa con un ritmo congiunturale meno pronunciato di quanto non accada in media nelle altre regioni italiane (+39,7% rispetto ad un valore medio nazionale del +42,1%); la ripresa di maggio le consente di ridimensionare la caduta che comunque la produzione industriale registra rispetto allo stesso mese dell’anno 2019 (-19,8%).
In Veneto la situazione appare del tutto simile, anche se leggermente migliore, rispetto alla situazione della Toscana. La ripresa congiunturale è superiore al cinquanta per cento (+51,5%) e i valori della produzione industriale se confrontati con lo stesso mese dell’anno precedente fanno registrare una flessione del 21,8% in linea con il resto d’Italia. L’Emilia-Romagna, infine, recupera in modo accentuato rispetto al mese di aprile grazie ad una crescita congiunturale che stimiamo al 48,8% e grazie alla quale contiene la flessione tendenziale (rispetto a maggio 2019) entro i limiti nazionali (-20,4%).
La riapertura per i settori
Il calcolo dell’IPIR a livello settoriale conferma la ripresa diffusa tra tutti i comparti produttivi anche se, vista la natura tecnica del rimbalzo, esiste una forte varietà dei risultati dettata dall’andamento osservato nei mesi precedenti durante il blocco produttivo. In Toscana i risultati peggiori si riscontrano anche in questo mese per il complesso della Moda regionale che, seppur in recupero rispetto ad un mese nel quale di fatto non si è prodotto, non riesce a tornare su valori della produzione simili a quelli del 2019. A maggio di quest’anno infatti si è prodotto circa il 40% in meno rispetto a 12 mesi prima. Nel complesso dei tre mesi più recenti a disposizione, da marzo a maggio, si coglie pienamente l’impatto del virus su questo comparto con una contrazione di quasi il 60% della produzione attivata rispetto allo stesso trimestre del 2019. Valori che danno il segno di una ferita che seppur non ulteriormente ampliata continua comunque a mettere in pericolo molte delle imprese impegnate in queste produzioni tipiche del Made in Tuscany. All’estremo opposto, tra i settori che meno hanno risentito di questi mesi, troviamo l’industria alimentare e quella chimica-farmaceutica che, proprio per le ragioni cui accennavamo all’inizio, segnano andamenti in questo mese rispetto al precedente, non particolarmente brillanti. Il settore alimentare addirittura ridimensiona leggermente i volumi prodotti rispetto ad aprile e così raggiunge un indice della produzione che è 6,6 punti percentuali più basso di quanto si era registrato dodici mesi prima. Anche la chimica-farmaceutica non brilla particolarmente in termini congiunturali e si colloca oltre nove punti percentuali al di sotto dei volumi produttivi di maggio 2019.
Non esiste quindi settore nel territorio toscano che non abbia un segno meno se confrontato con un anno normale, anche quelli che producono beni con un elevato grado di “essenzialità” nella vita delle persone si sono trovati a subire un ridimensionamento importante delle loro attività. Risultati peggiori della media, almeno nel confronto con la produzione di maggio 2019, li riscontriamo nel settore dei mezzi di trasporto (-32,9%), nell’estrattivo (-31,8%) e nel complesso di quelle che chiamiamo “altre attività manifatturiere” (-35,8%), un insieme eterogeneo di produzioni al cui interno però troviamo due settori tipici della nostra regione, quello del mobile e quello orafo. In linea con il comportamento medio che attribuiamo alla regione ci sono il settore della gomma (-27,5%) le attività metallurgiche (-35,7%) e la meccanica (con un risultati pari a -23,2%). Gli altri settori hanno fatto meglio della media toscana, anche se in tutti i casi si parla di flessioni tra il 15 e il 20%.
Nel complesso, gli ultimi tre mese (marzo-maggio) hanno portato ad una caduta importante della produzione industriale complessiva. Il livello di produzione industriale è infatti del 35,8% più basso di quello registrato negli stessi tre mesi del 2019. In una condizione del genere è difficile immaginare che ci possano essere settori che sono riusciti a crescere e, per le stesse ragioni, territori che siano riusciti a ripararsi di fronte alla tempesta che ci ha investito.
Risultati parzialmente migliori, almeno dal punto di vista industriale, si rintracciano invece sulla costa toscana con una flessione che per Livorno è pari al 25,5% nei mesi marzo-maggio, per Lucca è del
25,4% in riferimento allo stesso periodo e per Grosseto si ferma al -20,2%. A questi risultati, si associa anche il dato di Siena che riesce a contenere la caduta rispetto allo stesso trimestre del 2019 (la flessione è infatti del -28%). Risultati peggiori invece si riscontrano per altre due realtà provinciali che collocano questi territori in una condizione simile a quella della Toscana centrale: da un lato Pisa ha risentito pesantemente della pandemia e lo mostra con una contrazione della produzione industriale di 38 punti percentuali rispetto a marzo-maggio dell’anno precedente; dall’altro Massa Carrara che nonostante il recupero di quest’ultimo mese si posiziona nel trimestre considerato su un valore della produzione industriale di 34 punti percentuali al di sotto di quanto osservato nell’anno precedente.
Fonte: Irpet
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