“Io che cammino” è il titolo dell’esposizione inaugurata nella Galleria Frittelli a Firenze, che celebra Vasco Bendini (Bologna 1922 – Roma 2015) nel quinto anniversario della sua scomparsa. Allievo di Virgilio Guidi e Giorgio Morandi, Bendini è un precursore dell’arte italiana della seconda metà del Novecento.
È un’occasione per conoscere lo spirito sensibile di quest’artista attraversando il suo ampio percorso: la mostra prende il titolo da un’opera del 1970 “Io che cammino”, ma mette insieme diversi momenti creativi e opere storiche. È un percorso non lineare, quello di Bendini, fatto di pause, superamenti momentanei del medium pittorico, opere quasi astratte ma legate dal titolo al campo semantico delle parole.
L’esposizione fiorentina parte dalle prime ricerche pittoriche della fine degli anni Quaranta, per arrivare alle sue ultime incursioni.
Si tratta di un naturale attraversamento delle tendenze di un artista che già dagli anni Quaranta aveva sperimentato “l’informale” per approdare poi con lavori tutt’altro che pittorici sulla soglia dell’Arte povera. Negli anni Sessanta, infatti, Bendini abbandona il gesto, i segni, focalizzandosi su un linguaggio eclettico e diversificato esprimendo la sua stimolante percettività; declina idee e sensazioni che sanno già tutte di arte Concettuale. L’artista, però, resta sempre legato un’idea metafisica che si cela dentro ogni soggetto; mentre in alcuni lavori pittorici porta a limite la smaterializzazione delle immagini, non abbandonerà mai quella ricerca dell’esistenziale che caratterizzerà tutte le sue opere. L’artista guadagna la partecipazione a due Biennali di Venezia (1964), partecipa su invito di Filiberto Menna alla Quadriennale di Roma (1973) e numerose mostre personali con cataloghi e saggi a firma dei più importanti critici d’arte: Calvesi, Argan, Barilli. Nel 1970 torna definitivamente al quadro come mezzo espressivo e oppone, in modo originale, alle tendenze concettuali da lui enunciate, un profondo lavoro di analisi sperimentale sulla natura della materia pittorica fino agli ultimi lavori degli anni Duemila.
L’esposizione resterà aperta fino al 24 aprile.
Alfonso D'Orsi