Riannoda i fili delle memorie, riavvolge nastri di storie ascoltate dai racconti del vecchio padre, dello zio cieco, di un passato che emerge dal silenzio. Indaga negli archivi della polizia di Brooklyn, nelle liste passeggeri, nei fascicoli delle Railways Companies americane e compone un'opera di vita, comune a molti italiani dei primi anni del Novecento. Melania G. Mazzucco aggancia antenati e discendenti, storia antica e recente con una maestria funambolesca che concentra nel corposo romanzo Vita, (Milano, Rizzoli, 2003, pp. 398, € 16) e nel 2003, con 162 voti, si aggiudica il Premio Strega.
Un secolo di storia raccontato come una intensa saga familiare, Vita di Melania Mazzucco è un romanzo storico dal sapore nostalgico e commovente, scritto a tinte opache, forse anche color seppia o in bianco e nero, proprio come vecchie foto d'epoca, e narra la vicenda comune a migliaia di italiani che nei primi anni del Novecento sono emigrati oltreoceano, nella America candy candy in cerca di fortuna. Con un linguaggio semplice che fluisce rapido tra le pagine del libro, la Mazzucco amalgama l'italiano degli italiani, a quello pidginizzato (per usare un tecnicismo) degli italo americani. L’intersezione linguistica segue i diversi piani del racconto, sia in senso temporale sia rispetto ai luoghi. Muta continuamente il punto di vista, il narratore e la storia romanzesca dei due protagonisti che si intreccia ad altre storie e personaggi. Il mescolio linguistico, quello tra l'italiano dialettale, spesso sgrammaticato degli emigrati in America, e quello gommoso e vocalico degli "Ammerricani" autoctoni, trasporta il lettore in un'epoca altra. La Mazzucco, come fece prima di lei Bordonaro ne "La S-partenza", Sciascia ne "Gli zii d'America" o nel più recente "Zia Favola - una storia Siculish" di Cono Cinquemani, innesta il registro linguistico del romanzo con bizzarri neologismi del parlato dell'epoca per farci immergere in una storia di totale realtà. La lingua ibrida ci conduce in quell'epoca, quella in cui job (lavoro) per gli italo americani diventa giobba; Brooklyn si trasforma in Broccolino; tichetta sarà l'equivalente di ticket (biglietto) e ferrobotti (nave) indicherà il ferry boat .
TRAMA
Vita e Diamante sono due ragazzini di nove e dodici anni che nel 1903 si imbarcano in uno dei tanti ferrobotti, il Republic, per inseguire il sogno americano. Vita, in America incontrerà il padre mentre la madre, malata agli occhi e impossibilitata a intraprendere quel viaggio, resterà a Minturno, un paesino in provincia di Caserta. Coloro che non sono in buona salute infatti, non vengono accettati in terra straniera, rischiano di rimanere in quarantena a Ellis Island ed essere rimandati in Italia. Diamante è un ragazzino dagli occhi azzurrissimi ed espressivi che resta accanto a Vita, durante tutto il viaggio, mosso da un senso di responsabilità nei confronti della giovane cugina. Nasce tra i due una profonda amicizia destinata a trasformarsi e a durare a lungo. Vita andrà a vivere con il padre chiamato "zio Agnello" e la convivente di origine caucasica, Lena; Diamante invece, in una pensione con altri ragazzi in Prince Street, nella little Italy, la stessa in cui abita Vita. Per entrambi, il problema più evidente, fin da subito sarà la lingua che nessuno dei due conosce e sa parlare.
«Gli italiani erano la minoranza etnica più miserabile della città. Più miserabile degli ebrei, dei polacchi, dei rumeni e perfino dei negri. Erano negri che non parlavano nemmeno inglese. »
Scoprono sulla loro pelle che gli italiani non sono ben visti in America, sono apostrofati con perfidi nomignoli, vengono derisi per il fatto di non saper parlare quell'idioma sconosciuto, e questa carenza, poco per volta, li emargina e li ghettizza. La mancanza di comunicazione infatti, diventa il primo fattore di alienazione che li fa regredire ai margini della società.
«Voglio un bacio per ogni parola. […] La piccola Vita piatta come una frittata e inesorabilmente bambina aveva qualcosa che mancava a tutte le altre femmine del quartiere: le parole»
I due giovani si accontentano di umili lavori passando da un mestiere all’altro. Diamante s’improvvisa strillone, raccoglitore di stracci, fattorino in una ditta di pompe funebri, waterboy alle ferrovie, attrezzista per la società di produzione dei western di Broncho Billy per mantenersi e mandare qualche soldo in Italia. Diamante in America incontra Rocco un giovane italiano soprannominato “Merluzzo”, con il vizio di mutare continuamente nome, da quello italiano fino alla versione americanizzata; nel periodo delle scorribande a Prince Street infatti, firma lettere minatorie con gli pseudonimi Desperado e Mano Nera, infine si farà chiamare Richard Maze. Il nome sul documento col quale è arrivato in America, Rocco Mazzucco, non gli appartiene, sarebbe infatti quello di un cugino. Diamante scopre così, una delle pratiche più diffuse tra gli italiani in America, ovvero quella dell'interscambiabilità di documenti e di identità.
Anche Vita non è trattata con affetto dai familiari: il padre si rivela un uomo possessivo che la costringe a lavare, pulire, rassettare casa e confezionare rose finte. Dovrà scontrarsi con una realtà difficile, ancor più dura della dignitosa povertà italiana. Nel romanzo della Mazzucco, più volte i figli rinnegano i padri, a cominciare da Vita che, appena sbarcata nella Grande Mela, fa sparire il talloncino giallo Good for father col quale doveva essere riconosciuta da Agnello. Alla vista di quell'uomo quasi sconosciuto, Vita non crede possa essere lui, il padre immaginato come un signore, il cittadino più ricco di Tufo che paga perché i parenti lo possano raggiungere in America. La giovane si dispera alla realtà e inventa storie sul suo conto, e anche quando sarà nella casa di Prince Street, continuerà a raccontarsi di essere la figlia di un nobile del suo paese, o di un tale, Enrico Caruso, finché, non sarà costretta ad accettare come padre quell’uomo con la scucchia e la pelle raggrinzita e scura come un chicco di caffè.
Intanto, tra i cugini, Vita e Diamante, il sentimento si intensifica, lo confondono per amore e pensano di costruire insieme un futuro. Purtroppo per nessuno dei due i giorni che seguono saranno facili e nemmeno l’amore, contrassegnato dal perpetuo cercarsi e lasciarsi, ricercarsi e nuovamente lasciarsi, sarà bello e intenso come lo avevano immaginato. Scoprono sentimenti profani e realizzano che quell'American dream tanto agognato è, in fondo, una grande massa informe di false speranze.
Il significato del nome
Nella narrazione di Vita, il nome del personaggio diventa epiteto. Diamante (che per altro è anche il nome del nonno della scrittrice: Diamante Mazzucco) richiama le qualità della durezza e della resistenza, dal momento che sopravvive ai fratelli, morti poiché «ingoiavano calcinacci, zolle di terra, pezzi di carbone, divorati da una fame inarrestabile».
Nella pensione di Prince Street, poco dopo l’arrivo dei due protagonisti, Diamante viene soprannominato Celestina, a causa della sua esile costituzione e del colore dei suoi occhi. Celestina - richiama immagini effeminate e deboli, quasi fiabesche. Il ragazzino però, dopo un periodo come strillone di giornali lavora in un’impresa di pompe funebri: come prova del suo coraggio, Rocco gli propone un furto in cimitero, dove è stato appena seppellito un uomo ricco. Dopo l’esitazione iniziale accetta, ma una volta aperta la bara scopre che non c’è l’orologio d’oro promesso, soltanto un paio di scarpe di vernice nuove, che puzzano di cadavere, ma di cui si impossessa e porta con orgoglio. Rocco è compiaciuto di aver visto giusto («Non è facile pescare un ragazzino sveglio, in questo quartiere di pecore»), e finalmente lo chiama con il suo nome. Diamante ha trovato un lavoro vero e ha conquistato il diritto al suo nome.
Gli italiani in America
Il tema centrale è la storia degli emigranti italiani, una storia collettiva fatta di tante storie individuali che sono alla base della Storia (e chiedo venia per il gioco di parole!). Un romanzo storico come la tradizione letteraria italiana richiede, da Manzoni a Verga, da Bordonaro a Sciascia i protagonisti della Mazzucco passano anche per la tradizione letteraria di Tolstoj: gli umili. Diamante e Vita sono due ragazzini che, oggi, probabilmente chiameremmo bambini, data la tenera età. Giovanissimi, impauriti, spaventati e soli, che accettano, senza remore, di ubbidire all'unica speranza che l'epoca offriva. Lasciare quindi amici, parenti, certezze, luoghi e lingua, sapendo che quella sarebbe stata forse l'ultima volta che avrebbero visto la loro casa. Denudarsi della propria identità, forse anche un po' morire, e accettare di diventare adulti in terra sconosciuta, fiduciosi solo che le storie narrate intorno a questa terra di magia, quale era l'America, possano trovare un riscontro. La traversata dall'Italia in America durava oltre venti giorni: centinaia di ore in mare aperto, soli. Reclusi in spazi angusti di terza classe, in compagnia di uomini, donne, anziani, malati, bambini, tutti sconosciuti. Gli umili. Gli emigrati italiani esattamente come gli emigrati di oggi. Un romanzo, quello della Mazzucco, che contribuisce a creare un’identità nazionale condivisa partendo dalla vicenda del nonno, Diamante. Racconta la Storia attraverso i molti nomi tratti dagli archivi di Ellis Island, dai ritagli di giornali dell’epoca e da foto di persone e luoghi. Brevi “biografie” di altri italiani trovano spazio nel romanzo e si incastrano in questa, come i compagni di lavoro di Diamante alle ferrovie o gli strilloni di giornali, suoi rivali.
Gli italiani in America, però non erano ben visti. Sulle vetrine e sulle porte dei caffè erano appesi i cartelli «NO DOGS NIGGERS ITALIANS». Gli italiani vengono denominati “wop”, “dago”: «se dici dago a qualcuno, lo consideri peggio di un cavallo con la diarrea», “greenhorn”, cioè «pivellino, non sei capace di dire una parola in americano»e, infine,
potevano cantare loro la canzoncina che suona come “ghini ghini gon”: goon significa gorilla, che è «l’animale più stupido che ci sia. Se qualcuno ti chiama gon, la testa ti si riempie di nebbia, e ti senti veramente come un gorilla che pretende di entrare in una chiesa».
Vita è un romanzo storico attualissimo (per i tanti italiani che ancora sono costretti a lasciare la propria terra per trovare un impiego, e per i centinaia di stranieri obbligati a reinventarsi, a riformulare il proprio nome, imparare una lingua diversa, mantenere la propria cultura e professare la propria religione in una terra straniera , talvolta ostile, per non dimenticare le radici lontane. La storia di ieri parallela a quella dei tanti stranieri che giungono sulle coste italiane, a bordo di barconi e mezzi di fortuna: gli immigrati di oggi, come gli italo americani di ieri, ugualmente spaventati e fiduciosi).
Conclusioni
La Mazzucco, nel libro La letteratura della nazione da Alberto Asor Rosa, viene definita «esploratore del magma». Il certosino lavoro di ricerca delle proprie radici, effettuato dalla scrittrice, le è valso il ritrovamento di documenti sui giornali dell'epoca, una operazione di recupero e analisi per la costruzione di un passato personale e collettivo, presente ancora oggi, seppur in forme differenti, intessuto di nostalgie, speranze, tradizioni contadine, viaggi interminabili, lingue di contrabbando, alfabeti rattoppati, quelli per metà italiani e metà americani. E’ proprio il tentativo di addentrarsi nei profondi meccanismi degli avvenimenti a conferire a questo romanzo un avventuroso gioco temporale tra presente e passato, attualità e storia; inoltre, l’eleganza della scrittura e l’immediatezza del dialetto minturnese o di quello “broccolino”, creano un'atmosfera armonica che sposta il lettore in un tempo antico, del passato e glielo fa rivivere. Una morale di fondo che ogni lettore dovrebbe cogliere è quella dettata da Vico: corsi e ricorsi storici, dunque restare umani, con tutti. Sempre.
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