Nel 1879, sul progetto della costruzione di una ferrovia economica con locomotiva a vapore, che avrebbe permesso il diretto collegamento con le stazioni di San Miniato, Pontedera ed Empoli, l’adesione di Santa Croce fu immediata. Nuovi ostacoli di origine municipalista si contrapposero, così come fu impedito e fatto fallire nel 1890 il progetto di un Piano Caricatore fra Ponte a Egola - che già aveva le sue 4 concerie con un centinaio di addetti - e Santa Croce che era già un grosso centro artigiano-conciario con 32 concerie e 439 addetti.
Seguirono altri progetti di ferrotramvie, promesse elettorali, impegni mai rispettati. Santa Croce riuscì a risolvere in parte i suoi problemi di viabilità con la costruzione del ponte in ferro sull’Arno nel 1892.
Scottata e umiliata da questo voltafaccia, Ponte a Egola, alla vigilia della prima guerra mondiale, promosse come scrisse il Nuovo Giornale del 16 febbraio 1914, “Una vivacissima agitazione per la mancata promessa di includere nel progetto sovvenzionato delle nuove linee tramviarie Fucecchio-San Miniato-Empoli, testé approvato al Consiglio provinciale, il tratto di linea Fucecchio-Ponte a Egola-San Romano.”
Seguita il cronista, che firma con il cognome Marianelli, “Per chi conosce quei luoghi e sa l’importanza Industriale e Commerciale specialmente di Ponte a Egola, centro di concerie - ve ne sono oltre una ventina - e di affari, intende subito che l’agitazione, sorta per la minacciata, mancanza di una comunicazione tramviaria, ha la sua piena ragione di essere. All’agitazione erano interessate le frazioni della Catena, di Cigoli, di Ponte a Egola, di Montebicchieri, di Stibbio, di Romaiano, di San Romano, della Serra e di Bucciano.
“Dicono queste popolazioni – è di nuovo l’inviato del Nuovo Giornale che parla - noi abbiamo veduto con piacere questo vasto progetto di comunicazioni tramviarie e vi conribuiamo volentieri con tutti gli altri centri, ma perché dopo le formali promesse avute avute, tagliate fuori la nostra zona che è la più indicata per la necessità di un tronco tramviario?”
Già, perché? Se lo chiedevano i partecipanti a quella tempestosa adunanza presieduta da Paride Giomi e alla quale parteciparono i più significativi rappresentanti delle famiglie di Ponte a Egola fra i quali: Giomi, Giusti, Matteoli, Marianelli, Billeri, Bini, Dani, Rossi, Vannucci, Matteucci, e alcune istituzioni e associazioni: la Pubblica Assistenza, la Filarmonica, Lega pellettieri, La Misericordia, ed altre. Erano inoltre rappresentate le frazioni di Stibbio: Circolo Ricreativo, Cooperativa, Circolo operaio; San Romano, Cigoli, Catena, Molino. In definitiva intorno a questa richiesta si muoveva un piccolo mondo di interessi e sentimenti.
Altre adunanze seguirono fra cui una a San Romano al teatro Stefano alla presenza di consiglieri comunali, sindaci dei comuni di San Miniato, San Romano e Monopoli, l’on. conte Francesco Guicciardini che coltivava il suo collegio elettorale. L’Avv. Conti, di San Miniato, disse: “La nostra linea verrà sicuramente inclusa nel progetto e prestissimo. Essa è vantaggiosa, necessaria nell’interesse di San Miniato e delle frazioni, che insieme debbono cooperare alla sua effettuazione, animati da sentimenti di reciproca stima, di fraterna concordia.”
La chiusa del discorso dell’avv. Conti fu vivamente applaudita. Cessati gli applausi il dott. Matteucci fece rilevare l’affermazione secondo la quale: “La linea tranviaria Pinocchio-San Romano Stazione si farà con certezza, con sicurezza e con la massima sollecitudine”.
È questa una dichiarazione, dice il dott. Matteucci, la quale per quanto esprima un’opinione personale dell’avv. Conti, ha per noi un gran valore e ne dobbiamo quindi tenere un gran conto: essa fatta da un consigliere comunale e anche provinciale ai suoi elettori costituisce una formale promessa di interessamento per la buona riuscita della nostra causa. […]
Come si vede non mancarono le fermezze verbali, le prodigalità, gli impegni solenni, le dichiarazioni di ferrea volontà, ma la tramvia non si fece mai. I perché non emersero con chiarezza, le minacce furono assorbite dal rombo del cannone che si mangiò risorse e uomini, facendo piovere lutti e dolore in tutto il nostro Valdarno.
Valerio Vallini
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