
Il presidente degli Stati Uniti ha mantenuto la parola: dazi al 20% sui prodotti italiani. Un risveglio amaro per il settore agroalimentare, una doccia fredda per le tante eccellenze toscane che rappresentano un pilastro dell’economia regionale, con un vasto indotto e migliaia di posti di lavoro.
Questa decisione avrà ripercussioni considerevoli sull'export e sull'occupazione, danneggiando un settore già provato da crisi economiche e difficoltà di mercato. Il settore vitivinicolo, che rappresenta uno dei maggiori orgogli della Toscana, insieme ad altri prodotti di eccellenza come l'olio extravergine d'oliva e i formaggi, è fortemente legato alle esportazioni, con gli Stati Uniti che figurano tra i suoi principali mercati di riferimento. La preoccupazione è che i dazi possano rallentare le vendite e mettere a rischio la stabilità di molte aziende locali.
Simone Scarpellini, segretario provinciale della Uila-Uil Arezzo, lancia l’allarme: “L’agroalimentare, anche per il nostro territorio, occupa un ruolo economico di tutto rispetto proprio per la produzione di eccellenze riconosciute ed apprezzate in tutto il mondo. La conferma arrivata questa notte sull’applicazione di nuovi dazi USA mettono a rischio esportazioni, produzioni e posti di lavoro. Alla luce di questa mutata condizione, oggi più che mai, chiediamo sia al Governo, sia alla Regione Toscana misure concrete per tutelare imprese e lavoratori: occorrono celeri interventi strutturali, nuove strategie di export ed anche eventuali ammortizzatori sociali straordinari per il settore agricolo. Serve inoltre una specifica cabina di regia istituzionale sul territorio insieme alle associazioni datoriali”.
"Il vino toscano ha una forte vocazione all'export e continuerà a essere un punto di riferimento sui mercati internazionali, nonostante le nuove barriere tariffarie imposte dagli Stati Uniti - afferma Francesco Colpizzi, presidente della Federazione vitivinicola regionale toscana -. Tuttavia, l'introduzione dei dazi americani avrà un impatto significativo su un settore strategico per l'economia e per l'occupazione regionale: infatti attualmente, circa il 37% delle vendite totali di vino toscano avviene nel mercato americano, per un valore complessivo di circa 400 milioni di euro".
"Non vogliamo creare allarmismi, ma è innegabile che questi dazi penalizzeranno le nostre esportazioni – continua Colpizzi –. I grandi vini toscani di fascia alta subiranno un impatto più contenuto, poiché rientrano nel segmento del lusso e i loro acquirenti sono meno sensibili alle variazioni di prezzo. Maggiori difficoltà, invece, si prevedono per i vini di fascia media, che hanno comunque un eccellente qualità ma un prezzo competitivo".
"Con questi dazi l'Italia non perde competitività rispetto agli altri paesi produttori di vino europei – continua Colpizzi – perché i dazi sono stati attribuiti a tutti i paesi europei in modo uguale, ma piuttosto rischia di perdere competitività con paesi come Argentina e Cile, che hanno dazi minori e costi della produzione molto inferiori ai nostri. Non credo invece che possa esserci uno spostamento di consumi interni al mercato americano verso prodotti lesivi della proprietà intellettuale che richiamano nel nome prodotti italiani ma non sono italiani, i cosiddetti Italian Sounding. Infatti, ci sono già centinaia di vini di questo tipo ma si tratta di prodotti di scarsa qualità. La nostra forza è che possiamo puntare su dei nomi di denominazione di origine molto importanti, e siamo in grado di consolidare attraverso la nostra qualità i rapporti commerciali con gli Stati Uniti d'America".
"Come Confagricoltura Toscana ci impegneremo a individuare soluzioni e rimedi – conclude Colpizzi – tenendo conto che ora occorre molta razionalità e che l'Unione Europea, al netto delle dichiarazioni, non deve rispondere con ripicche e ritorsioni inutili ma concentrarsi su un negoziato efficace. Nel frattempo, il nostro governo dovrà sostenere le imprese vitivinicole con strumenti di finanza agevolata per l'internazionalizzazione, per rafforzare la presenza sui mercati internazionali, esplorando, nuove opportunità di crescita e consolidamento, anche attraverso gli enti di emanazione del Ministero degli Esteri ".
Brutte notizie anche per il Chianti, una delle zone vitivinicole più rappresentative della Toscana, dove Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti, commenta così la decisione del presidente statunitense:
“Prendiamo atto con rammarico della decisione del presidente degli Stati Uniti sui dazi, ma non possiamo permetterci di restare fermi. È il momento di rafforzare la nostra presenza in nuovi mercati, a partire dal Sud America, dove l’accordo con il Mercosur può aprire grandi opportunità per il nostro vino. Allo stesso tempo, dobbiamo investire in Asia e iniziare a promuoverci in Africa e India per diversificare le nostre esportazioni e ridurre la dipendenza dagli USA.”
Una misura che rischia di penalizzare pesantemente le esportazioni italiane negli Stati Uniti, ma che secondo Busi può diventare un’occasione per ripensare le strategie commerciali del settore.
“L’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Mercosur - dice Busi - deve diventare una priorità assoluta. L’Europa ora deve essere rapida nel rendere operativo questo trattato, perché è un modo per dare prospettive nuove alle aziende europee e nel caso del Chianti anche a tutto ciò che la presenza delle nostre aziende rappresenta: cultura, cura dell’ambiente, valorizzazione delle aree interne. Mercati come Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay rappresentano un’opportunità concreta per il nostro export.”
Ma il Sud America non è l’unica direzione su cui puntare. “Anche l’Asia offre prospettive enormi per il vino italiano. Dobbiamo investire su Cina, Giappone, Vietnam e Thailandia, mercati con un crescente interesse per i nostri prodotti. Allo stesso tempo /dobbiamo iniziare a farci conoscere in Africa e India, aree in cui il consumo di vino sta crescendo e dove possiamo costruire nuove opportunità commerciali.”
L’appello di Busi è chiaro: “Le istituzioni europee devono muoversi con decisione per aprire nuove vie all’export del vino italiano. Se i dazi USA impongono un cambio di rotta, allora dobbiamo sfruttare al meglio le alternative a nostra disposizione”.
Il dazio doganale del 20% su tutti i prodotti agroalimentari comporterà un aumento dei costi di almeno 200 milioni di euro per i consumatori americani, causando una diminuzione delle vendite che danneggerà le imprese locali. Inoltre, si prevede un incremento del fenomeno del Tuscany Sounding, che negli Stati Uniti ha un valore di 2 miliardi di euro. A questa riduzione delle vendite si aggiungerà anche il danno derivante dal deprezzamento delle produzioni, legato all’eccesso di offerta senza possibilità di trovare sbocchi in altri mercati. Queste sono le stime di Coldiretti Toscana.
“L’introduzione dei dazi su vino, olio, formaggi ed in generale su tutto il paniere agroalimentare avrà inevitabili contraccolpi sia per le imprese esportatrici sia per i consumatori su cui ricadranno gli aumenti, - spiega Letizia Cesani, Presidente Coldiretti Toscana -. La logica dei dazi e controdazi ha dimostrato nel tempo di essere miope e controproducente per tutti: rischia di rallentare la crescita, aumentare l’inflazione e generare un clima di instabilità e sfiducia. È una guerra commerciale inutile e dannosa. Questo però, per l’Europa, deve essere il tempo della prudenza e della diplomazia evitando reazioni smisurate o di pancia. Se c’è un margine per trattare, l’UE deve farlo”.
L’America è un mercato strategico per il Made in Tuscany che nel 2024 ha superato il miliardo di euro con una crescita su base decennale del 128%. Con quasi un prodotto su tre (27%) è il l’area commerciale più importante dopo il mercato Europeo. Olio e vino sono i prodotti più richiesti con poco più di 900 milioni di euro.
Anche Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino, commenta con rammarico i dazi annunciati ieri sera dal presidente Trump: “L’annuncio dei dazi americani al 20% su tutte le produzioni europee vini compresi andrà inevitabilmente a colpire duramente anche la nostra denominazione, che vede negli Stati Uniti il suo principale mercato di sbocco dove destiniamo oltre il 30% delle nostre esportazioni. Queste tariffe di fatto riguardano tutte le principali economie del mondo che alimentano una guerra commerciale dove ne usciremo tutti sconfitti e più poveri. Per questo il danno rischia di oltrepassare i confini statunitensi”.
“Queste misure - prosegue - avranno un effetto ad ampio spettro dove non solo il vino rischia di diventare un bene voluttuario sempre più inaccessibile per i consumatori ma allo stesso tempo andranno a colpire settori cruciali anche per la nostra economia locale come l’enoturismo. Ci appelliamo alle istituzioni e alle diplomazie europee affinché riescano a trovare un accordo con gli Usa per scongiurare una penalizzazione che colpirebbe in maniera inesorabile tutte le imprese”.
Sulla manovra di Trump è intervenuto anche il Presidente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, Andrea Rossi, che nei giorni scorsi aveva firmato una lettera indirizzata ai tre Ministri italiani (Lollobrigida, Tajani e Urso) in cui chiedeva attenzione al pericolo di queste misure: “Adesso che i dazi sono realtà occorre valutare con razionalità i reali impatti che subiranno i nostri prodotti”. Il mercato del Vino Nobile di Montepulciano è particolarmente forte negli Stati Uniti, rappresentando il 35% dell'export.
“Scongiurata la iniziale minaccia del 200%, certo questa manovra avrà ripercussioni anche sul vino italiano e sul Vino Nobile di Montepulciano che a oggi su una totalità di circa 10 milioni di bottiglie annue, esporta nel mercato americano il 35%”, continua Rossi.
“Siamo sempre più convinti che sia necessario avviare un dialogo costruttivo con le controparti americane per tutelare il nostro settore che rappresenta non solo un'eccellenza del made in Italy ma anche una componente essenziale della nostra economia – conclude Andrea Rossi - per questo ribadiamo l’importanza di accelerare la ratifica di accordo di libero scambio attraverso il Mercosur, al momento bloccato, e di eventuali altri accordi internazionali, oltre anche alla necessità di semplificare l’utilizzo di fondi OCM ormai ingessati dal forte peso burocratico richiesto”.
“Siamo fortemente preoccupati ed è chiaro che lo scenario mondiale ridefinito ieri sera chiama a decisioni urgenti anche a livello territoriale, perché la sfida sarà continuare a rendere attrattivo il territorio toscano per tutte le nostre eccellenze - afferma presidente di Confindustria Toscana Maurizio Bigazzi -. È chiaro che anche a livello toscano serve attuare subito quei provvedimenti necessaria ad aumentare il tasso di industria del nostro territorio e a facilitare la presenza di quelle già esistenti”.
“Abbiamo quindi alcune priorità che non possiamo più rimandare – continua Bigazzi – e queste sono: la sicurezza per gli approvvigionamenti energetici, la messa in sicurezza del territorio; ed una politica industriale a largo spettro che da un lato sia di sostegno agli investimenti, ma che attui anche politiche industriali ‘a costo zero’ come alcune misure di semplificazione, che potrebbero essere introdotte velocemente e che per le imprese sarebbero fondamentali”.
“Dobbiamo liberare le aziende da quante più incombenze possibili – conclude Bigazzi -. Fare impresa nel nostro territorio deve diventare semplice”.
Gli USA si sono confermati anche nello scorso anno il principale mercato di sbocco per i manufatti toscani: nel 2024 il valore delle merci vendute nel mercato statunitense ha superato i 10 miliardi di euro, quasi il 17% del totale venduto nel mondo (+12% sul 2023).
Ma anche le importazioni statunitensi sono strategiche per l’economia toscana: compriamo merci per circa 7 miliardi di euro (il 19% del totale); nel 2023 era inferiore ai 4 miliardi di euro.
I dati del Centro Studi di Confindustria Toscana spiegano che il 37% di tutto l’export manifatturiero in USA sono prodotti farmaceutici, il 16% macchinari e il 15% articoli del sistema moda. Rilevanti sono anche le vendite dell’industria alimentare e delle bevande che in valore assoluto si fermano a poco più di un miliardo di euro ma rappresentano il 30% dei prodotti del comparto venduti dalla Toscana nel mondo (33% delle bevande).
A partire dal terzo trimestre 2024 l’export verso il mercato USA ha registrato alcune flessioni (-15% nel terzo trimestre e -2,5% nel quarto rispetto al corrispondente periodo del 2023) soprattutto per il contenimento delle vendite di prodotti farmaceutici. Tuttavia, il dato 2024 rimane superiore a quello del 2023.
Per quanto riguarda le importazioni i comparti più rilevanti risultano essere la meccanica e la farmaceutica che da soli coprono circa l’85% delle importazioni complessive da questo paese. Oltre il 70% dei farmaci che la Toscana acquista nel resto del mondo provengono dagli USA.
Depurato dal comparto farmaceutico il dato dei volumi di export e import cambia sensibilmente, ma tuttavia gli Stati Uniti rimangono al secondo posto per export di manufatti toscani, mentre scendono di posizione per le importazioni (5° posizione dopo Spagna, Francia, Germania e Cina).
"L’agroalimentare è un settore strategico per la regione Toscana - spiegano invece da Flai Cgil Toscana - ha oltre 1 miliardo di euro di export made in Tuscany, di cui oltre il 90% composto da vino ed olio, prodotti che al pari degli altri settori merceologici verranno gravemente colpiti dai dazi Usa.
In Toscana il settore conta 80mila tra lavoratrici e lavoratori (il 5% dell'occupazione subordinata della nostra regione), di cui 58mila in agricoltura e 22mila nell'industria alimentare, e questa guerra commerciale lanciata da Trump colpirà sia le aziende e sia chi lavora (con un forte rischio di riduzione dell’occupazione), perché tocca sempre alle lavoratrici e ai lavoratori a pagare sulla propria pelle il prezzo più alto.
Chiediamo alle istituzioni di muoversi rapidamente attraverso interventi capaci di tutelare il settore del Made in Tuscany agroalimentare che è un fiore all'occhiello che tutto il mondo ci invidia.
Nel settore primario mancano ammortizzatori sociali e strumenti ordinari per far fronte a questo tsunami che si sta abbattendo sul settore, infatti ci sono oltre 50mila lavoratori a tempo determinato in agricoltura che sono esposti a una condizione di precarietà su cui è necessario intervenire immediatamente. Per questo le istituzioni devono rapidamente definire ammortizzatori sociali per difendersi da questa ondata che rischia di travolgerci e di avere un prezzo sociale altissimo".
Così Daniele Calosi, segretario generale Fiom Cgil Toscana: "Anche le guerre commerciali purtroppo generano morti e feriti, non è pensabile che in una crisi di questa portata le istituzioni stiano ferme. Ci si difende non con altri dazi ma tutelando l’occupazione di chi lavora: non possiamo rischiare una ondata di licenziamenti, da parte di chi governa serve subito uno stop ai licenziamenti come fu fatto al tempo del Covid, per i settori più colpiti dai dazi come l’automotive, che in Toscana conta circa 7mila addetti, e come gli accessori moda, che ne contano circa 5mila. Oltre a ciò, le imprese devono mettere in campo investimenti e rinnovare i Contratti: solo questa può essere la strada per sopravvivere e rilanciarsi”.
Grande preoccupazione per le conseguenze che i dazi americani avranno sull’economia Italiana in generale e Toscana in particolare anche da CNA Toscana in perfetta sintonia con la posizione espressa da CNA nazionale: “Per la Toscana il mercato americano è sempre stato un riferimento – spiega Luca Tonini Presidente di CNA Toscana - non per nulla nel 2024 le esportazioni verso questo paese sono incrementate del 12,3% . La preoccupazione è che ad avere le maggiori ricadute saranno proprio le piccole imprese artigiane che negli ultimi anni si sono aperte con forza, anche con l’aiuto delle associazioni di categoria, verso l’internazionalizzazione”. Gli USA sono uno dei principali mercati di sbocco per i prodotti toscani, che in tutto il mondo sono spesso sinonimo di Made in Italy “La nostra regione rischia di essere fra le più colpite – aggiunge Tonini – ed è un vero peccato perché, nonostante la crisi del settore moda, i dati Irpet ci dicono che nel 2024 la Toscana è stata una delle poche regioni che ha incrementato la propria percentuale di esportazioni rispetto all’anno precedente con il 13,8%”.
CNA Toscana e CNA nazionale auspicano una rapida mossa del Governo italiano nell’ambito della sua autonoma ‘business diplomacy’ e una maggiore ragionevolezza del presidente Donald Trump e del suo staff: “Prima che i dazi sprigionino i loro effetti – aggiunge Tonini - abbiamo qualche settimana di tempo da sfruttare. Se questo sforzo non portasse risultati speriamo in una reazione coesa dell’Unione Europea che agisca in maniera unitaria nei confronti degli Stati Uniti, cercando di attutire i colpi della politica americana. In ogni caso la sfida sarà quella di cercare nuovi mercati, azione che CNA sta già portando avanti con numerose iniziative esplorative”.
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