
Sono di Francesco Vinci, figura chiave nella cosiddetta 'pista sarda' per i delitti sul mostro di Firenze, i resti riesumati nel cimitero di Montelupo Fiorentino.
Insieme al fratello Salvatore, Francesco fu al centro della "pista sarda" sugli omicidi delle coppiette, a partire dall'omicidio dei due amanti Barbara Locci e Antonio Lo Bianco nel 1968 nelle campagne di Lastra a Signa, uccisi con la calibro 22. Stefano Mele, marito della donna, accusò i due fratelli, amanti della moglie, ma alla fine fu condannato non solo per il duplice omicidio ma anche per aver calunniato i Vinci. L'arma non fu ritrovata, ma venne utilizzata nel 1974 in occasione dell'omicidio di Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini a Borgo San Lorenzo. Nel 1982 Vinci fu arrestato, sospettato di essere il mostro. Mentre era in carcere, nel 1983 il Mostro torno a uccidere, questa volta due ragazzi tedeschi. Così Vinci fu prosciolto dalle accuse. Dieci anni più tardi il suo cadavere, carbonizzato, fu ritrovato insieme a quello del suo servo pastore nel bagaglio di un'auto nelle campagne di Chianni nel pisano.
Che i resti appartengano a Francesco Vinci è stato confermato dall'esame del Dna, come spiega il criminologo e investigatore privato Davide Cannella, procuratore speciale della famiglia Vinci che aveva chiesto l'esame. Ora "quel Dna farà parte del materiale investigativo raccolto sul killer delle coppiette - spiega Cannella -. È probabile che la Procura intenda confrontarlo con alcuni campioni rilevati sui luoghi dove si verificarono quegli efferati delitti".
La riesumazione era stata ordinata nel settembre scorso dalle pm Ornella Galeotti e Beatrice Giunti per chiarire se si trattasse veramente del corpo dell'uomo trovato ucciso, incaprettato e carbonizzato nel bagagliaio di un'auto nell'agosto 1993, nella campagna nei pressi di Pisa. I resti sono stati poi esaminati all'istituto di medicina legale di Firenze, dagli esperti incaricati dalla procura.
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